domenica 23 dicembre 2007

Quando potrò andare in pensione?

Spesso ricevo telefonate da dipendenti pubblici che mi chiedono quando potranno andare in pensione. In particolare molti sono preoccupati dall'ultima riforma della previdenza appena approvata, e si domandano quando arriverà per loro la "finestra" giusta.
Invece di tanti discorsi, la risposta più breve e più pratica che posso dare è di rinviare a un sito internet: su www.irpef.info si trova un prezioso strumento per calcolare la propria data di pensionamento, valido sia per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) sia per gli autonomi.

venerdì 21 dicembre 2007

La verità sull'assenteismo

Finalmente. Adesso ne sappiamo un po' di più sull'assenteismo dei dipendenti pubblici. Nel nuovo Conto annuale della Ragioneria i dati sulle assenze sono finalmente analitici. Finalmente le assenze per malattia vengono scorporate in più tipologie.
Così scopriamo che in media un dipendente pubblico fa in un anno circa 11 giorni di malattia. Come si arriva allora alla cifra di 23giorni indicati finora dal Conto annuale? Aggiungendo alle malattie vere e proprie le altre voci: la maternità e i congedi parentali, i permessi previsti dalla legge 104 (quelli per assistere disabili e persone in stato di bisogno), e poi gli scioperi, nonché i permessi di varia natura, retribuiti e non.
E' interessante notare come la media sia più o meno la stessa in tutti i settori del pubblico impiego. Si distingue in positivo la scuola (solo 9,66 giorni di assenza a persona), mentre nei ministeri si tende a marcare visita un po' più spesso (14,31 giorni).
Ecco qui le assenze per malattia divise per comparto.

giovedì 20 dicembre 2007

Nuove cifre sul pubblico impiego

Da oggi sul sito della Ragioneria generale dello Stato sono disponibili i nuovi dati del conto annuale sul personale pubblico, aggiornati al 31 dicembre 2006. Nei prossimi post vedremo le cifre e i fenomeni più interessanti.

mercoledì 19 dicembre 2007

Un'ipotesi alternativa per il Tesoro

Il ministero dell'Economia deve ridurre il numero dei suoi uffici. Così vuole il ministro Tommaso Padoa-Schioppa, così è scritto nella Finanziaria dello scorso anno. È stato redatto un piano che prevede la chiusura di 40 sedi in altrettanti capoluoghi di provincia italiani.
Il piano indica una lista di 58 città candidate alla chiusura. Fra queste andranno scelte le 40 sedi da sopprimere. Nell'elenco sono compresi anche uffici di un certo rilievo, a Latina per esempio ci sono 185 dipendenti. Ovviamente l'operazione non prevede licenziamenti, il personale sarà trasferito ad altre amministrazioni della stessa città: gli uffici giudiziari, le agenzie fiscali. Le funzioni invece verrebbero spostate nella sede del capoluogo più vicino.

Questo è il progetto di Padoa-Schioppa e dei suoi capi del personale (prima Giancarlo Del Bufalo, adesso Giuseppina Baffi). Ma esiste anche una proposta alternativa, caldeggiata dai sindacati. Invece di chiudere 40 sedi, non se ne potrebbero dimezzare 110? Ogni sede del Tesoro è divisa in due: c'è una "direzione provinciale servizi vari" e una "ragioneria provinciale". Anziché lasciare oltre un terzo delle province italiane senza uffici del Tesoro, si potrebbero accorpare direzioni e ragionerie in tutta Italia, riducendo dappertutto gli organici e le spese d'affitto. I risparmi sarebbero gli stessi, forse persino superiori, ma il ministero resterebbe presente in tutto il territorio nazionale.

Il tema è stato affrontato anche alla Camera, durante l'esame della Finanziaria. I deputati hanno approvato un ordine del giorno che impegna il governo a valutare l'ipotesi degli accorpamenti in alternativa alle soppressioni. Il governo ha "accolto come raccomandazione" il documento.
Che valore ha questo ordine del giorno? Di solito documenti del genere sono pezzi di carta destinati a restare negli archivi di Montecitorio.
Nei prossimi mesi probabilmente sapremo quali sono le 40 sedi da chiudere.

giovedì 6 dicembre 2007

Ancora su Montezemolo e l'assenteismo

Nel suo bellissimo e utilissimo sito Messaggi cifrati, il giornalista-economista Luca Cifoni riprende il nostro precedente post sull'assenteismo.
Cifoni osserva come i calcoli di Montezemolo sul costo dell'assenteismo siano quantomeno vaghi. Nel fare la sua stima il presidente degli industriali avrebbe attribuito alla giornata di lavoro di un dipendente pubblico il valore medio di 212 euro. Quindi un anno di lavoro vale oltre 50 mila euro l'anno. Mica male. E poi dicono che la Confindustria non ha stima degli statali.

mercoledì 5 dicembre 2007

Assenteisti, cifre false di un problema vero

A quanto pare l'assenteismo dei dipendenti pubblici è diventato la grande emergenza nazionale. Riportiamo gli statali alle loro scrivanie e di colpo risolveremo tutti i problemi del paese, dal debito pubblico ai ritardi di istruzione e ricerca, forse ne risentiranno un po' i consumi visto che la mattina non ci sarà più nessuno a fare la spesa nei negozi in orario d'ufficio, ma pazienza, mica si può avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Prima ne aveva parlato Romano Prodi («l'assenteismo tocca punte del 30%».). Adesso torna sull'argomento Luca Cordero di Montezemolo: «Azzerare le assenze diverse dalle ferie porterebbe ad un risparmio di quasi un punto di pil, 14,1 miliardi: 8,3 negli enti centrali e 5,9 in quelli locali. Tra i ministeri il top si raggiunge al ministero della Difesa, con 65 giornate di assenza in un anno, seguiti da ministero dell'Economia e da quello dell'Ambiente, entrambi con oltre 60 giorni. Altrettanto elevato è l'assenteismo nell'Agenzia delle Entrate. All'Inpdap si sfondano i 67 giorni».
Come quasi sempre accade, il dibattito si fonda su una premessa sbagliata: tutte le cifre utilizzate sono inattendibili.
A parte la difficoltà di interpretare indicazioni numeriche del tipo «punte del 30%» (30% di che?), la fonte di qualsiasi dato in materia è il Conto annuale redatto dalla Ragioneria generale dello Stato. Sorvoliamo pure sul fatto che le rilevazioni del Conto sono aggiornate al 2005, il punto è un altro. Il punto è che quei dati non registrano il vero tasso di assenteismo nel pubblico impiego, se per assenteismo intendiamo - come fa Montezemolo - le assenze diverse dalle ferie.
In quei dati viene compreso di tutto: le malattie, i permessi sindacali, i congedi per maternità, i congedi matrimoniali; ma anche i riposi compensativi di chi fa i turni di notte, e altri tipi permesso retribuito che sinceramente si fatica a includere nella categoria dell'assenteismo.
Qualche tempo fa è stato lo stesso Ragioniere generale Mario Canzio a riconoscere implicitamente la scarsa affidabilità di quelle cifre. Tanto che con il prossimo Conto annuale la Ragioneria - ha annunciato Canzio - modificherà il suo metodo di raccolta dati: «Per rispondere a specifiche esigenze conoscitive è stato previsto un maggior dettaglio nella rilevazione delle assenze del personale» ha scritto il Ragioniere in una circolare.

Detto questo, non si può negare che il problema esista. In tutti i luoghi di lavoro, anche in quelli privati, c'è sempre qualcuno che fa il furbo, e se in un'amministrazione pubblica c'è un dirigente poco attento e poco coscienzioso anche i suoi dipendenti si regolano di conseguenza. Ma per risolvere un problema la prima cosa da fare è definirne le dimensioni in modo corretto. Solo così si capirà dove e come intervenire. Il resto sono chiacchiere.

giovedì 29 novembre 2007

Il vero precario

Che vuol dire precario?
La Finanziaria dell'anno scorso e quella (in via di approvazione) di quest'anno tracciano i confini del precariato nella pubblica amministrazione.

Deve considerarsi precario, e quindi deve essere assunto, chi ha accumulato almeno tre anni di lavoro con contratti a termine nel periodo fra il 2002 e il 2007. Inoltre vanno considerati precari gli ex lavoratori socialmente utili.
Gli altri no.
Tutti quelli che non rientrano nei termini della sanatoria stanno protestando.
Protestano quelli che non hanno raggiunto i tre anni di lavoro con i contratti a termine.
Protestano quelli che hanno maturato tre anni di lavoro e magari anche molto di più, ma grazie a contratti che risalgono a prima del 2002.
Protestano i co.co.co.
Protestano gli interinali.
Protestano quelli che sono stati ingaggiati come "liberi professionisti", pur essendo utilizzati come lavoratori dipendenti a tutti gli effetti.
Infine protestano gli "idonei" dei concorsi pubblici. Cioè quelli che non hanno vinto un concorso, ma hanno ottenuto un buon punteggio quindi sono entrati nelle liste d'attesa per una futura assunzione. Pare che siano più di 70 mila.
Protestano tutti. E protestano pure quelli che i requisiti per l'assunzione ce li hanno, perché al momento nessuno è in grado di dire quando saranno veramente assunti.
Quasi quasi a Prodi conveniva non farla per niente, questa benedetta sanatoria.

domenica 25 novembre 2007

Il bello del lavoro pubblico

Sin dal suo primo post, questo blog è nato con lo scopo dichiarato di raccontare il bello del lavoro pubblico. Spesso è difficile mettere a fuoco in che consista di preciso questo bello, anzi a volte uno si chiede cosa possa esserci di bello nello sgobbare trentasei ore a settimana, con uno stipendio ridicolo, in mezzo a colleghi paranoici, e per di più subendo gli insulti dell'intera opinione pubblica italiana.
Una risposta si può trovare in un bel film americano proiettato in queste settimane nelle sale. Si chiama Il caso Thomas Crawford, protagonisti Anthony Hopkins e Ryan Goslin. E' la storia di un giovane procuratore (in Italia si direbbe un pubblico ministero) che ha l'occasione di entrare in un ricchissimo studio legale privato. La trama non va raccontata perché è un giallo, basta descrivere una scena. Il giudice Gardner, un anziano magistrato di grande esperienza, si confessa con il procuratore carrierista. (Trascrivo il discorso a memoria, quindi la citazione sarà un po' approssimativa): "Sai cos'è che nessuno capisce di certi lavori sottopagati del servizio pubblico? Che ogni tanto riesci a piantare un palo nel cuore ai cattivi. Di questa cosa non puoi parlare nelle scuole, agli incontri con le classi di liceo, non ti dà prestigio nelle conversazioni da spogliatoio al club del golf... Ma che gusto ti dà quando ci riesci".
Prima che sparisca dai cinema, andate a vedere Il caso Thomas Crawford.

sabato 24 novembre 2007

Rsu, i dati del 2004

Come promesso, ecco i risultati delle vecchie elezioni, quelle che si tennero tre anni fa.
Nel precedente post si è spiegato che questi dati sono comunque parziali e approssimativi. Lo scrutinio non è completo, mancano più di 2 mila seggi (su 13 mila). La fonte è uno dei sindacati in competizione, la Cgil-Funzione pubblica, e bisogna dire che fino a oggi le proiezioni della Cgil si sono sempre dimostrate abbastanza azzeccate. Il dato non specifica il dettaglio delle "altre liste", dunque non si può vedere quale sia il peso reale - ad esempio - delle Rdb Cub.
Inoltre bisogna tenere presente che i confronti fra un'elezione e l'altra sono sempre un po' imprecisi. Pensiamo al voto che si è appena concluso: quando, con molta pazienza, arriveranno i nuovi dati, come si farà a confrontarli con quelli del 2004, visto che nel frattempo i vigili del fuoco sono usciti dal pubblico impiego, i monopoli di Stato sono passati alle agenzie fiscali, eccetera eccetera?


Bene, le avvertenze sono terminate. Ecco i dati.
Questo è il riepilogo generale di tutti i comparti.




E queste sono le tabelle dei singoli comparti.








giovedì 22 novembre 2007

Oggi i voti, i risultati fra 4 anni

Oggi si sono concluse le elezioni per rinnovare le rappresentanze sindacali nella pubblica amministrazione, scuola esclusa. In serata sono stati completati anche gli scrutini nei seggi. I risultati li sapremo fra quattro anni.

Non è una battuta. La consultazione del 2007 si è chiusa, eppure non è stato ancora annunciato l'esito nazionale del voto che si è tenuto nel 2004. Verrà reso pubblico l'anno prossimo. I dati ci sono, li custodisce l'Aran, ma non possono essere divulgati. Diventeranno accessibili soltanto quando avranno "esaurito la loro funzione", cioè quando si saranno raccolti i dati delle nuove elezioni.

A scanso di equivoci: questo non significa che andare a votare nel 2004 sia stato inutile. Primo, perché le elezioni sono servite ad eleggere le Rsu in sede locale. Secondo, perché i dati nazionali aggregati esistono, tanto che sulla base di quei dati si è stabilito quali sigle sindacali hanno il diritto di sedere ai tavoli delle trattative. Gli interessati, cioè i sindacati, lo sanno chi ha vinto le elezioni. Siamo noi che non possiamo saperlo. A meno che non ce lo dicano loro.

Sui risultati elettorali del 2004 le uniche tabelle in circolazione - a quanto si sappia - sono quelle preparate dalla Cgil-Funzione pubblica. I dati sono parziali, manca una piccola parte di seggi non scrutinati, ma questo passa il convento. Li vedremo nel prossimo post.

Detto questo, vale la pena di ricordare che i dipendenti pubblici sono gli unici lavoratori italiani che possono votare i loro sindacalisti anche se non sono iscritti a un sindacato. Il merito è di una legge scritta nel 1997 da Massimo D'Antona.

mercoledì 21 novembre 2007

Fannulloni a parte

In Italia i dipendenti pubblici sono più di 3 milioni. All'interno di una popolazione grande quanto uno stato come la Lituania, si può trovare di tutto. Ci sono i fannulloni, i nullafacenti, gli impuniti, gli spreconi, quelli di cui si legge in abbondanza sui giornali o nei best seller che spopolano in libreria.
Poi ci sono gli altri.
Quelli che non commettono reati, non si danno malati, non vanno a fare la spesa in orario di servizio, non hanno il doppio lavoro, non rubano lo stipendio, non sperperano il denaro dei contribuenti. E ci sono pure quelli che fanno molto più del loro dovere, dedicando la propria vita e la propria intelligenza a un impiego mal pagato e poco riconosciuto dagli altri cittadini.
A loro, ai dipendenti pubblici "normali" è dedicato questo sito. Andremo alla ricerca dei casi virtuosi: gli esempi di buona amministrazione, le persone che hanno saputo mettersi in luce, le idee nuove, le esperienze consolidate. Ma non potremo ignorare il lato oscuro della burocrazia italiana, le sue disfunzioni e le sue assurdità. Proveremo a raccontare giorno per giorno tutte le facce del pubblico impiego, senza retorica e senza catastrofismi.
Ne vedremo delle belle. E anche delle brutte.