venerdì 29 febbraio 2008

Agli enti locali 101 €, alla sanità 103

Questa notte è stato firmato il nuovo contratto della sanità, che porterà nelle buste paga in media 103 euro lordi al mese.
L'altra notte invece è arrivato il rinnovo degli enti locali. Come previsto, ci sono circa 90 euro lordi medi sul salario fisso e circa 10 sulla produttività, per un totale di 101 euro lordi al mese. I soldi dovrebbero essere pagati presumibilmente a maggio.
I dettagli degli aumenti e degli arretrati li vedremo in questi giorni, così come quelli (già promessi, e scusate il ritardo) delle agenzie fiscali.

Per adesso mi limito a un'ingenua domanda:
ma perché i contratti si firmano sempre di notte?
Lo domando da anni a tutti i sindacalisti, nessuno mi ha mai saputo dare una risposta.

martedì 26 febbraio 2008

Nel contratto delle Agenzie fiscali aumenti e qualche sorpresa

Ieri notte è stato firmato il contratto delle agenzie fiscali. I contenuti dell'accordo si trovano su tutti i giornali di oggi, a cominciare dal Messaggero. Rispetto a quanto abbiamo raccontato nei giorni scorsi su PUBBLICO DOMINIO, la sorpresa sta nel fatto che alla fine il licenziamento immediato di corrotti e concussori è stato effettivamente inserito nel testo. I sindacati hanno accolto la richiesta dell'Aran e delle amministrazioni: Cgil e Cisl erano sempre state abbastanza d'accordo, purché la cosa fosse limitata ai casi di flagranza di reato; la Uil invece ha fatto resistenza fino all'ultimo, poi ha ceduto.

Invece la questione della trattenuta sulla busta paga dei malati è stata rinviata al prossimo contratto, come annunciato. Su questo punto però i sindacati hanno ottenuto due piccoli risultati.
Primo: il testo firmato dall'Aran riconosce esplicitamente "la necessità di rivedere la disciplina relativa alla decurtazione".
Secondo: nel frattempo, è stato previsto un meccanismo per ridistribuire fra i dipendenti i soldi che l'amministrazione risparmia grazie alla trattenuta.
L'idea è semplice: queste risorse serviranno a pagare un particolare premio di produttività annuale, destinato a tutti coloro che nell'arco dei dodici mesi avranno fatto meno di 8 giorni di assenza. Sicuramente non saranno grandi somme, ma è sempre meglio un euro in più che uno in meno.

Quanto agli aumenti di stipendio, si prevedono circa 95 euro lordi di incremento medio sul salario tabellare, altri 7 euro e mezzo circa sull'indennità di amministrazione. A questi soldi bisogna aggiungere altri 12 euro circa di aumento sui premi di produttività, e infine altri soldi che serviranno a "riparametrare" le indennità di amministrazione e dunque andranno a beneficio solo di poche persone (se andassero a tutti sarebbero 2 euro e mezzo a persona). Così si arriva a un aumento complessivo di 116 euro lordi.

Il contratto dovrebbe entrare in vigore a maggio. Con la prima bustra paga ci saranno gli arretrati, che in media dovrebbero ammontare a circa 1.800 euro lordi.
Più tardi, se troverò il tempo, metterò in rete una tabella con il calcolo degli arretrati per tutte le qualifiche.

lunedì 25 febbraio 2008

L'anti-Ichino

Qualche giorno fa abbiamo accennato alla probabile candidatura politica di un importante sindacalista del pubblico impiego. Ora possiamo scriverne anche il nome. E' Paolo Nerozzi, segretario confederale della Cgil, in passato segretario della Funzione pubblica.
Al contrario di quanto scritto su PUBBLICO DOMINIO (tutti possono sbagliare), Nerozzi non entrerà nella lista della Sinistra arcobaleno bensì in quella del Partito democratico. Oggi il Corriere della sera lo definisce "l'anti-Ichino", visto che il partito di Veltroni candiderà anche il professore nemico dei "fannulloni".
Insomma, il Pd sarà un partito contro i dipendenti pubblici ma anche a favore.

venerdì 22 febbraio 2008

Abolire la tassa sulla malattia

Se uno statale fa un giorno di malattia ci rimette dei soldi. Spesso si fa dell'ironia sui dipendenti pubblici assenteisti, e qualche volta anche a ragione. Ma resta il fatto che il lavoro pubblico è forse l'unico settore in cui esiste una penalizzazione di questo genere.

Cgil, Cisl e Uil la considerano una anomalia da eliminare. Lo chiedono da tempo, in particolare per le agenzie fiscali, cioè il comparto dove la trattenuta per malattia è più alta: può arrivare a qualche decina di euro per ogni giorno di lavoro perso.
I sindacati volevano che la penalità fosse abolita subito, con il rinnovo contrattuale in via di definizione. Ma questa come le altre rivendicazioni sono ormai slittate al prossimo contratto, per i motivi che abbiamo già spiegato in un precedente post.

Sta di fatto che la pratica è soltanto rinviata, e se la ritroverà sul tavolo il prossimo ministro della Funzione pubblica, che sia Pietro Ichino o Renato Brunetta. Al di là delle aspettative nutrite dai dipendenti, in effetti ci sono diversi elementi per ritenere che la penalità non abbia sortito grandi risultati.

I dati della Ragioneria mostrano che i due comparti dove si fanno più assenze per malattia sono agenzie fiscali e ministeri. In entrambi è prevista la trattenuta. Invece in altri comparti dove la trattenuta non c'è si ha una percentuale di assenze pro capite inferiore.

Sembra un paradosso, ma una spiegazione forse c'è. Secondo il contratto, il danno in busta paga si subisce soltanto se l'assenza dura meno di quindici giorni. Arrivato al quindicesimo giorno consecutivo, non si applica più la penalità neanche per un giorno. In questo modo la penalità diventa, invece che un deterrente, un incentivo a prolungare la malattia almeno fino alla terza settimana.

Ecco perché può avere un senso rimettere in discussione la tassa sul certificato medico. Fermo restando che l'assenteismo nel pubblico impiego, per quanto sopravvalutato dai media, è comunque un problema che in qualche modo, prima o poi, andrà affrontato. L'importante è farlo con strumenti che funzionino davvero.

giovedì 21 febbraio 2008

Ichino c'è

Ora è ufficiale: Pietro Ichino sarà candidato al Senato per il Partito democratico. Il professore divenuto celebre per i suoi articoli sui dipendenti pubblici fannulloni lo ha confermato al quotidiano l'Unità: "Ho accettato la candidatura alle elezioni nelle liste del Pd perché ho la garanzia del pieno diritto di cittadinanza nel nuovo partito per le mie idee e le mie proposte".

Sembra invece che un importante sindacalista del pubblico impiego potrebbe trovare posto nelle liste della Sinistra arcobaleno.

mercoledì 20 febbraio 2008

L'inquisito deve essere licenziato?

Secondo il luogo comune, in Italia i dipendenti pubblici sono intoccabili. Uno statale non perde mai il posto, si dice, neppure se commette il peggiore dei crimini. In realtà non è così, anzi ogni anno nelle amministrazioni vengono licenziate decine e decine di persone. E' la regola del "fattoide" che infesta il dibattito pubblico nel nostro paese e in tutto il mondo: ne abbiamo già parlato in un altro post.

I lavoratori che vengono licenziati sono tanti, ma sicuramente meno di quelli che lo meriterebbero. Non perché i dipendenti pubblici siano disonesti, ma perché sono tanti. E' un fatto statistico: fra 3 milioni e mezzo di impiegati e funzionari, è inevitabile che si nasconda qualche centinaio di malfattori (100 su 3 milioni e mezzo significa appena lo 0,003% del personale).

Le cronache raccontano spesso di condannati per reati gravi che rimangono al loro posto di lavoro. E' successo e continua a succedere: bidelli pedofili ancora in servizio nella loro scuola, tangentari che restano seduti dietro la loro scrivania, uscieri rapinatori e via scorrendo il codice penale.

Una prima contromisura è stata presa con il nuovo contratto nazionale dei ministeri. Con il consenso dei sindacati, è stata abolita dal contratto la regola in base alla quale un dipendente inquisito non poteva essere sospeso per più di cinque anni. Si sa che in Italia i processi (fra primo grado, appello e cassazione) possono durare anche una decina d'anni, dunque il limite di cinque anni garantiva di fatto il ritorno in ufficio anche ai peggiori criminali.
L'accordo raggiunto per i ministeri sarà esteso all'imminente contratto delle agenzie fiscali, e poi si spera anche a tutti gli altri contratti nazionali.

Ma il problema non si può considerare risolto. Il vero nodo da sciogliere è un altro. Si chiama: "pregiudiziale penale". Ovvero quel principio, anch'esso previsto dai contratti, secondo cui un inquisito non può essere licenziato finché non arriva la sentenza definitiva. Al massimo può essere sospeso, ma non licenziato. La regola produce due effetti:
- primo, che essendo sospeso il dipendente inquisito continua a ricevere la metà dello stipendio;
- secondo, che spesso l'ultima sentenza penale arriva quando sono scaduti i termini della prescrizione nei procedimenti disciplinari, per cui alla fine il licenziamento non è più possibile.
Ecco perché a volte il lavoratore pubblico riesce a salvare il posto anche dopo una condanna.

Le agenzie fiscali vorrebbero abolire la pregiudiziale penale, almeno per i reati più gravi (come corruzione e concussione) e in caso di flagranza di reato. La richiesta era stata avanzata a Cgil, Cisl e Uil in sede di rinnovo del contratto. Fra i tre grandi sindacati qualcuno era disposto a discuterne, qualcun altro preferiva di no. Alla fine si è deciso di rinviare la discussione al prossimo contratto, e al prossimo governo. Anche perché forse è più corretto affrontare il tema in una trattativa generale per tutto il pubblico impiego: i corrotti non stanno soltanto nelle agenzie fiscali.

lunedì 18 febbraio 2008

Funzionari o vicedirigenti? Dipende da chi vince le elezioni

C'è un tema su cui destra e sinistra sicuramente si distinguono. Non è un tema centrale per il paese, per questo nei programmi di Pd e Pdl non ce n'è traccia. Ma è una questione che riguarda personalmente molti dipendenti pubblici: la nascita della vicedirigenza.

Quelli che oggi si chiamano "funzionari", cioè gli impiegati di area C, aspirano a diventare "quadri" o "vicedirigenti" che dir si voglia. Non si tratta soltanto di cambiare nome. In ballo c'è l'istituzione di un corpo separato da quello dei normali impiegati, che si staccherebbe dal contratto nazionale del "personale non dirigente" per avere un suo contratto autonomo. L'obiettivo finale è, ovviamente, quello di ottenere più soldi e più diritti.

Una legge approvata nel 2002 dal centrodestra ha già istituito l'area della vicedirigenza. Ne farebbero parte tutti i dipendenti dei ministeri con qualifica C2 e C3, e negli altri comparti quelli con qualifica equivalente.
La norma per adesso è rimasta scritta sulla carta, senza produrre alcun effetto. A dicembre il ministro Nicolais aveva presentato una riforma della dirigenza che di fatto aboliva i quadri prima ancora della loro nascita: se non fosse caduto il governo, la legge ora sarebbe in Parlamento.

Le posizioni sono abbastanza chiare: il centrosinistra è da sempre contrario all'istituzione della vicedirigenza, mentre il centrodestra è favorevole (in verità il governo Berlusconi dopo aver scritto la sua legge non si è speso troppo per attuarla, ma questo è un altro discorso).

Ma creare la vicedirigenza sarebbe davvero utile? Come ha già scritto in un altro post, il pubblico impiego è già frastagliato in 33 diversi contratti. Ogni contratto richiede un negoziato, una procedura di controlli e approvazioni, una firma preliminare e un'altra definitiva. Questo spezzettamento delle trattative allunga di parecchio i tempi dei rinnovi, come se non bastassero le complicazioni politiche e finanziarie.
Separare i quadri dagli altri dipendenti significa aggiungere un'altra decina di contratti nazionali sull'agenda dell'Aran. Sinceramente, non se ne sente il bisogno.

Si vogliono dare più soldi ai funzionari? Lo si può fare anche con i normali contratti del "personale non dirigente". A meno che il vero interesse non sia un altro: aiutare quei sindacati autonomi che concentrano la loro maggiore rappresentatività proprio nell'area C.

Agenzie fiscali, finisce in pareggio la partita degli stipendi

Come per gli enti locali, anche per le quattro agenzie fiscali il nuovo contratto dovrebbe essere firmato a fine mese. I contenuti dell'accordo sono già abbastanza definiti. L'aumento medio in busta paga sarà di 117 euro lordi mensili, cifra che (in proporzione allo stipendio di partenza) corrisponde ai 101 euro già ottenuti dai ministeriali.

Sarà un contratto, per così dire, di transizione. Sia i sindacati sia le amministrazioni hanno deciso di rinviare le questioni più critiche al contratto del prossimo biennio. Del resto, non si poteva pensare di prendere decisioni importanti senza la copertura di un governo nel pieno dei suoi poteri.

Pur di chiudere subito l'accordo (e portare al più presto gli aumenti nelle buste paga) entrambe le parti hanno per il momento accantonato le loro richieste più impegnative. Perciò questo contratto non adotterà le misure normative più severe che le agenzie chiedevano in materia disciplinare. Ma non ci sarà neppure una misura che invece stava molto a cuore ai dipendenti: lo spostamento sul salario tabellare (la parte fissa dello stipendio) di una quota del salario accessorio (la parte variabile, legata alla produttività).

Per capirci: oggi i premi di produttività pagati alle Entrate sono calcolati in percentuale sulle risorse che l'agenzia riscuote grazie agli accertamenti fiscali; ma siccome una parte di queste riscossioni può essere ormai considerata un fatto acquisito, anche una parte dei premi si può spostare per sempre nello stipendio fisso.
L'idea era stata parzialmente accolta dagli stessi vertici delle agenzie, ma è mancato il consenso del ministero dell'Economia. Se ne riparlerà al prossimo contratto, con il prossimo governo.

Per questo contratto intanto l'appuntamento è fissato per venerdì 29 all'Aran.

venerdì 15 febbraio 2008

Ecco il contratto degli enti locali: più soldi che ai ministeriali

Come anticipato ieri, ecco le buone notizie per i dipendenti di comuni, province e regioni. Il contratto degli enti locali dovrebbe essere vicino alla firma. Ed è un contratto che porta un bell'aumento.
L'annuncio viene dal comitato di settore, cioè dall'organismo che rappresenta le amministrazioni. La soluzione che ha ricevuto il via libera dei sindaci concede un incremento salariale medio di 101 euro, di cui 90 euro sul salario "tabellare" (lo stipendio fisso) e il resto sull'accessorio (premi e indennità varie).

Le cifre sono le stesse già previste dal contratto dei ministeri. Con la differenza che lo stipendio medio di partenza negli enti locali è più basso. Quindi per un dipendente comunale la rivalutazione sarà un po' più alta che per un ministeriale.

Va detto che a 101 euro si potrà arrivare soltanto nei comuni virtuosi, cioè quelli che hanno i conti a posto e un giusto rapporto fra spese di personale ed entrate. Dove non ci sono questi due requisiti, non si possono distribuire aumenti del salario accessorio. Comunque i 90 euro in più sullo stipendio fisso tabellare spettano a tutti, senza eccezioni.

A queste condizioni, l'accordo con i sindacati sembra fatto e la firma all'Aran può arrivare in pochi giorni. Resta un'incognita: il Tesoro darà il suo via libera a un contratto che di fatto supera i limiti di spesa previsti inizialmente?

giovedì 14 febbraio 2008

Contratto enti locali, forse ci siamo

E' una vecchia regola del sindacalismo: quando non parla più nessuno, è segno che la trattativa si sta per chiudere.
Da un po' di giorni sulla questione dei rinnovi contrattuali non vola più una mosca: niente dichiarazioni dei sindacalisti, niente comunicati, niente minacce e niente "tavoli" da convocare. Sicuramente sta succedendo qualcosa.

Pare che il contratto degli enti locali sia una questione di giorni se non di ore. E pare che l'aumento concordato possa essere abbastanza alto: in proporzione, un po' più alto di quello strappato dagli statali.

A conferma del fatto che tira una buona aria, oggi le Rdb-Cub hanno sciolto il loro presidio davanti alla sede dell'Anci (l'associazione dei comuni). In questi minuti la loro delegazione sta incontrando Lucio D'Ubaldo, l'assessore del Comune di Roma che rappresenta le amministrazioni locali all'Aran (per la precisione, presiede il "comitato di settore").

Qualche buona notizia sul contratto potrebbe arrivare già domani.

mercoledì 13 febbraio 2008

Il programma di Veltroni

Dopo un primo accenno al programma di Berlusconi, bisognerebbe parlare di quello del Partito democratico. Non tanto dei contenuti, perché quelli li conosceremo nel dettaglio sabato prossimo, quanto degli autori.
Walter Veltroni ha affidato il compito di compilare il programma del suo partito al senatore Enrico Morando. Il quale si è affidato a una serie di consulenti. Fra questi, ci sono alcune vecchie conoscenze dei dipendenti pubblici.

Per esempio, l'ex presidente dell'Aran Carlo Dell'Aringa. Oppure Nicola Rossi, economista che negli ultimi anni ha assunto posizioni non sempre gradite ai sindacati del settore pubblico.
Fra gli esperti ascoltati da Morando c'è anche Pietro Ichino, quello che ha ingaggiato una sfida quasi personale con i terribili "fannulloni" del pubblico impiego. Non solo, ma gira voce che il professor Ichino potrebbe addirittura essere candidato dal Pd in Lombardia.

A leggere questi nomi, i dipendenti pubblici potrebbero forse avvertire l'istinto di mettersi in fila già oggi fuori dal seggio elettorale per votare Berlusconi. In realtà non dovrebbero preoccuparsi più di tanto. Se Veltroni vuole provare a vincere le elezioni (o perlomeno a pareggiarle) non può mica presentarsi agli italiani promettendo di licenziare la metà degli statali e di bloccare lo stipendio all'altra metà. Potete scommetterci: il programma del Pd prevederà di ridurre la spesa per il personale pubblico ma anche di aumentare il numero dei dipendenti e i loro stipendi.

Per adesso, nella sua prima uscita a "Porta a porta", Veltroni si è limitato a ipotizzare interventi abbastanza sopportabili (e abbastanza sensati):
- primo, abolire le province dove ci sono le aree metropolitane, cioè le province di Roma e Milano;
- secondo, accorpare i comuni che hanno meno di 500 abitanti.
Come da slogan: si può fare.

martedì 12 febbraio 2008

I programmi del centrodestra

Secondo i sondaggi attuali, Silvio Berlusconi vincerà le prossime elezioni. Che ne sarà dei dipendenti pubblici?

Ieri abbiamo letto su Repubblica un'intervista di Renato Brunetta, economista molto ascoltato da Berlusconi, uno di coloro che in questi giorni stanno preparando il programma del Popolo della libertà.

Brunetta ha spiegato che il centrodestra vuole, ovviamente, abbassare le tasse. E che perciò intende tagliare la spesa pubblica.
Alla richiesta di definire quali spese si pensa di tagliare, Brunetta indica tre interventi:
- bloccare la delega sui lavori usuranti (cioè ritardare la pensione per gli operai e i lavoratori che fanno turni di notte);
- bloccare la regolarizzazione dei dipendenti pubblici;
- bloccare i contratti della pubblica amministrazione.

Due proposte su tre andrebbero a ricadere sui dipendenti pubblici.
Questo è quello che dice Brunetta, e che forse si scriverà nel programma del Pdl. Naturalmente, un conto è quello che si dice un altro è quello che si fa. Interrompere la sanatoria dei precari? Mica facile, nascerebbe un bell'impiccio giuridico. Congelare gli stipendi? Prima bisogna convincere An, che non ha alcuna intenzione di perdere i voti degli statali e della Cisl.

Del programma del Partito democratico parleremo nel prossimo post.

domenica 10 febbraio 2008

Vanno assunti i medici precari?

A proposito della sanatoria dei precari, l'altro giorno ho scritto un articolo sul Messaggero. In una parentesi, ho accennato al fatto che il diritto all'assunzione non riguarda i docenti universitari e neppure i medici, perché la sanatoria è riservata al personale non dirigente.

I medici precari che hanno letto l'articolo si sono allarmati, e soprattutto disorientati: come sarebbe a dire che l'assunzione non ci spetta? E se davvero non ci spetta, come mai in sei regioni la "stabilizzazione" della dirigenza medica è già partita?

Domanda più che legittima. E' vero che la Finanziaria del 2007 ha aperto una porta alla regolarizzazione dei medici con contratto determinato. Ma lo ha fatto stabilendo che le asl possono assumere un precario, non devono. Semplificando, si può dire che per gli altri dipendenti pubblici precari l'assunzione è - a determinate condizioni - obbligatoria, mentre per i medici è facoltativa.

Di sicuro, negli ospedali italiani si trovano migliaia e migliaia di dottori che da cinque, dieci anni lavorano, visitano, prescrivono cure, affrontano le emergenze, vanno in sala operatoria eppure non hanno un contratto fisso. E' una grande ingiustizia, e una garanzia in meno per i pazienti.

Ma è altrettanto vero che i pazienti vorrebbero avere la certezza di essere curati da un medico che ha sostenuto e superato un regolare concorso pubblico.
Ecco perché il meccanismo della "stabilizzazione" può essere rischioso in campo sanitario. Le norme previste dalle ultime due Finanziarie offrono alle amministrazioni la possibilità di reclutare personale seguendo procedure molto semplificate. E sappiamo come funzionano queste cose in certe asl italiane.

giovedì 7 febbraio 2008

Un contratto non si nega a nessuno

Ricevo tante email da dipendenti pubblici che protestano perché il loro contratto nazionale non è stato ancora rinnovato. "I nostri stipendi sono fermi, voi giornalisti dovete dirlo!" Hanno ragione, non è possibile che nel 2008 si debbano ancora aspettare gli aumenti del 2006-2007.

C'è però un aspetto che non viene mai sottolineato. Molti di coloro che si lamentano lavorano in un piccolo comparto: la Presidenza del Consiglio, i conservatori, le Camere di commercio. Al che, sorge spontanea la domanda: ma non vi conveniva stare in un comparto più grande?
I dipendenti della Presidenza, per esempio, se non si fossero separati dagli altri ministeriali avrebbero avuto già da tempo i loro aumenti con tutti gli arretrati. Hanno preferito andarsene per conto loro, sperando di ottenere così un trattamento economico di favore. Qualche vantaggio forse lo avranno pure, ma per adesso si vedono soprattutto i danni.
Un discorso simile si può fare per le agenzie fiscali, il cui contratto in questi giorni si è impantanato all'Aran. Oppure per i conservatori e le accademie, che sarebbero in procinto di incassare i loro aumenti se non fossero scorporati dal contratto della scuola.

Per rivalutare gli stipendi di tutti dipendenti pubblici bisogna scrivere, firmare e far approvare ben 33 accordi nazionali: i comparti sono 11, più 8 aree dirigenziali, più i 7 enti ex articolo 70 (Enea, Enac, Asi, Cassa depositi e prestiti, Unioncamere, Cnel, Coni), ciascuno diviso fra impiegati e dirigenti.
Si arriva addirittura al paradosso di un contratto nazionale che riguarda appena 8 persone, tanti sono i dirigenti del Cnel.

Fra le semplificazioni burocratiche di cui tanto si parla, forse varrebbe la pena di semplificare anche il sistema dei contratti. I primi a guadagnarci sarebbero i lavoratori pubblici.

martedì 5 febbraio 2008

Quanto sono cresciuti gli stipendi

Oggi il presidente della Corte dei conti ha lamentato "l'inadeguatezza della politica dei redditi nel settore pubblico". Voleva dire che gli stipendi dei dipendenti pubblici sono troppo bassi? No, al contrario, che sono cresciuti troppo. "La dinamica delle retribuzioni - si legge nel testo del discorso - supera sistematicamente gli obiettivi programmatici di volta in volta prefissati".
Il povero dipendente pubblico è disorientato. Ma la Banca d'Italia non aveva detto, appena una settimana fa, che in Italia le buste paga sono ferme da sei anni? Possibile che gli unici ad arricchirsi siano stati i lavoratori delle amministrazioni statali e locali?
Ovviamente, le cose non stanno così. Vediamo di capirci qualcosa.

Innanzitutto, la Banca d'Italia non ha affatto sostenuto che gli stipendi degli italiani sono "fermi" da sei anni. Il discorso sarebbe lungo, e chi volesse approfondirlo può farsi una cultura consultando il sito di Luca Cifoni. In estrema sintesi, basti sapere che lo studio della Banca d'Italia ha registrato una crescita dei redditi familiari pari a circa l'1% al netto dell'inflazione. Per essere più espliciti, in sei anni le buste paga sono aumentate all'incirca del 18% e su per giù lo stesso hanno fatto i prezzi al consumo.

Detto questo, come sono andate le cose per i dipendenti pubblici? I loro stipendi sono cresciuti più o meno di quelli dei privati? Gli studi più attendibili in materia sono quelli compiuti dall'Aran. In questa tabella si può vedere come sono andate le cose fra il 1997 e il 2006 (anche i rapporti della Banca d'Italia e della Corte dei Conti sono aggiornati a due anni fa). La tabella non è di facile lettura, ma si può tradurre in parole povere così: nell'arco di quasi un decennio, gli aumenti previsti dai contratti nazionali del pubblico impiego sono andati di pari passo con l'inflazione; invece sono stati ben più sostanziosi gli aumenti medi ottenuti dai lavoratori privati e soprattutto da quella parte di dipendenti pubblici che non hanno contratto nazionale (cioè militari e polizia).

Se così stanno le cose, come si spiega allora la denuncia della Corte dei conti? Nel suo discorso il presidente della Corte dice semplicemente che la spesa complessiva per il personale ogni anno supera gli obiettivi prefissati dai governi. Questo in effetti è vero, e dipende da vari motivi. Per esempio, dal fatto che i vincoli alle assunzioni vengono aggirati assumendo precari o ricorrendo ad altri trucchi. Inoltre la spesa complessiva per gli stipendi aumenta perché, oltre agli aumenti dei contratti nazionali, ci sono gli avanzamenti di carriera. Negli ultimi anni centinaia di migliaia, anzi milioni di dipendenti pubblici hanno ottenuto una promozione, e quindi un ulteriore aumento di stipendio. Come l'Aran ha più volte registrato, la crescita delle "retribuzioni di fatto" da qualche tempo è molto più alta dell'inflazione.

Insomma, gli unici dipendenti pubblici che hanno davvero il diritto di lamentarsi sono quelli che non hanno beneficiato delle cosiddette "riqualificazioni professionali". Per gli altri nell'ultimo decennio non è andata poi così male.

domenica 3 febbraio 2008

I contratti, le manifestazioni e il governo che non c'è

Oggi i dipendenti delle quattro agenzie fiscali scendono in piazza. Assemblee negli uffici e manifestazioni in tutta Italia, organizzate da Cgil Cisl e Uil, con conclusivo presidio sotto le finestre dell'Aran, in via del Corso a Roma.
Il motivo per cui le agenzie protestano è ovvio: siamo già nel 2008, ma il rinnovo del contratto nazionale 2006-2007 ancora non arriva. Nelle stesse condizioni si trovano i dipendenti delle asl e quelli degli enti locali. In tutto sono quasi un milione e mezzo di persone in attesa di aumento.
La crisi politica ha ulteriormente complicato le cose. Nei prossimi mesi probabilmente molti lavoratori pubblici scenderanno in piazza per reclamare i loro diritti. Purtroppo, finché l'Italia sarà senza governo, loro protesteranno ma nessuno potrà rispondere.