sabato 27 settembre 2008

Un precario si è arrabbiato con me

L'articolo che ho scritto sul Messaggero non è piaciuto a un dipendente precario della Ricerca. Ha scritto una lettera molto risentita, che è stata pubblicata (con mia risposta) sul sito ilMessaggero.it.

Così Brunetta rimanderà a casa (all'incirca) 60 mila dipendenti pubblici

Ne hanno già parlato giornali e telegiornali, ma per chi volesse saperne di più ecco un articolo sulla stabilizzazione dei precari che non c'è più. L'articolo è ottimo, visto che l'ho scritto io.

Non so se il concetto è arrivato chiaro, ma la vera novità dell'emendamento Brunetta è che nel giro di qualche mese decine di migliaia di persone resteranno disoccupate dopo tre, quattro, persino cinque anni di lavoro da precario in un'amministrazione. Saranno mandati a casa, dall'oggi al domani, e dovranno aspettare che venga bandito (chissà quando) un concorso pubblico.

La stabilizzazione voluta dal governo Prodi stava effettivamente aprendo la porta a qualche brutto abuso, soprattutto negli enti locali e nelle asl del Sud, ma almeno tentava di trovare una soluzione a un problema reale. La contro-riforma adottata da questo governo sembra, sinceramente, un po' radicale. Possibile che non si trovi una via di mezzo?

P. S. Io parlo di 60 mila persone, Repubblica ha scritto 50 mila, altri giornali 100 mila. Chi ha ragione? A occhio e croce le cifre giuste dovrebbero essere le mie, oppure quelle di Repubblica, a seconda di come si fanno i conti. I precari che avevano maturato il diritto all'assunzione (secondo le regole della vecchia Finanziaria) erano circa 65 mila, però è vero che alcuni di questi hanno già ottenuto l'assunzione quindi il numero di dipendenti rimasti in sospeso deve essere un po' inferiore. Diciamo fra i 50 e i 60 mila.

giovedì 25 settembre 2008

Che cosa hanno in mente i sindacati?

"Si deve sapere anche che le forme e la durata del conflitto, salvaguardando sempre i diritti fondamentali dei cittadini, potranno presentarsi in modi nuovi e diversi dal passato".
Così ha dichiarato ieri Carlo Podda, segretario della Fp Cgil. Quali saranno le nuove forme di protesta che i sindacati stanno preparando? Lo scopriremo presto.

Per adesso siamo alle vecchie, care manifestazioni in Piazza Montecitorio. Ecco un'immagine dei dipendenti pubblici Cgil, Cisl e Uil lunedì scorso davanti al Parlamento.

Aumenti di stipendio anticipati sì, ma non per tutti

Ieri la Funzione pubblica ha diffuso un comunicato per spiegare meglio il senso della norma sugli aumenti di stipendio "unilaterali" (quelli di cui si parla nel precedente post). Fra gli altri argomenti, nella nota si sottolinea un aspetto che nessuno aveva ancora notato. E' vero che nella Finanziaria si è previsto di distribuire subito ai dipendenti i soldi disponibili (per la precisione il 90% dei soldi disponibili), anche se non si trova un accordo con i sindacati. Ma questo pagamento - segnala il ministro Brunetta - non è un obbligo. E' "una possibilità che l'amministrazione può utilizzare a sua discrezione".

Se ciascuna amministrazione avrà la facoltà di decidere se mettere o non mettere i soldi in busta paga, ne consegue che l'aumento non arriverà necessariamente a tutti. Potrà succedere che, per esempio, il Tesoro decida di rivalutare subito gli stipendi per il personale della scuola, dei ministeri, degli enti di ricerca. Mentre ci potranno essere comuni, asl, istituti previdenziali che sceglieranno di non incrementare gli stipendi, vista la situazione finanziaria in cui si ritrovano tante amministrazioni locali in Italia.

La cifra facoltativa di cui parliamo è di circa 50 euro lordi medi (prendendo a riferimento la retribuzione media dei ministeri). Soldi che si sommerebbero agli 8-9 euro lordi circa che invece dovrebbero arrivare (quelli sono obbligatori per tutti) come "vacanza contrattuale".

Altri dettagli sull'argomento si possono leggere sul Messaggero di oggi.

mercoledì 24 settembre 2008

Il governo abolisce i contratti. E Sacconi abolisce Sacconi

Altro che un semplice passaggio tecnico, altro che una Finanziaria di sole tabelle. La Finanziaria licenziata ieri dal Consiglio dei ministri contiene eccome una novità. E che novità!

Semplificando, si può dire che il governo ha abolito i contratti nazionali del pubblico impiego. O meglio, un contratto si potrà ancora fare, se i sindacati lo vorranno. Ma se i sindacati non vogliono, cioè se non giudicano soddisfacente l'offerta del governo, allora il governo va avanti lo stesso: mette in busta paga i soldi con un atto di legge. Un domani si farà sempre in tempo a formalizzare un contratto, ammesso che i sindacati siano d'accordo, ma nel frattempo gli aumenti si pagano ugualmente usando le poche risorse disponibili, quelle previste unilateralmente dal governo.

Da una parte, i dipendenti pubblici potrebbero essere contenti: l'imminente arrivo di qualche euro in più è pur sempre una buona notizia. Dall'altra hanno ottimi motivi per preoccuparsi. La mossa decisa ieri dal governo è il segno che Brunetta e compagni non hanno alcuna intenzione di riconoscere aumenti maggiori di quanto è stato proposto finora. Ovvero: neanche 9 euro lordi al mese per il 2008, neanche 70 euro lordi al mese a partire dal 2009.

Come sempre, Brunetta ha escogitato una mossa molto astuta. I sindacati si troveranno costretti a scioperare sapendo che l'opinione pubblica scambierà la loro protesta per una difesa dell'assenteismo e dei presunti privilegi; e per di più il governo potrà dire agli italiani: "Vedete, noi gli aumentiamo lo stipendio e loro ci rispondono scioperando".

Ma a parte le mosse tattiche, ieri la Finanziaria ha introdotto un cambiamento radicale, strutturale nel pubblico impiego. D'ora in poi i contratti nazionali diventano un atto pressoché inutile. Se ne può anche fare a meno. Vengono implicitamente aboliti i sindacati, i tavoli di trattativa, l'Aran. Viene cancellato il sistema della contrattazione che ha regolato il mondo del lavoro pubblico negli ultimi quindici anni. Cioè quel sistema che fu introdotto nel '93 da Maurizio Sacconi, allora sottosegretario del Psi nel governo Amato. Il destino vuole che a distruggere il modello Sacconi sia proprio Sacconi, o meglio un governo in cui Sacconi è stato promosso ministro del Lavoro e in cui il responsabile della Funzione pubblica è uno dei politici a lui più vicini.

(In verità, le voci di Palazzo Chigi raccontano che nemmeno Sacconi si sarebbe battuto troppo per questa norma, così come poco entusiasta pare che sia il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ad assumersene interamente le responsabilità sarebbe stato Renato Brunetta. Ma queste sono voci di corridoio, tutte da verificare e in fondo poco interessanti).

lunedì 22 settembre 2008

I soldi per i contratti sono pochi, ma perché regalarli a Tremonti?

E' il problema che si ripropone a ogni rinnovo di contratto. Il governo mette pochi soldi in Finanziaria, i dipendenti pubblici chiedono di aumentare lo stanziamento, la trattativa va per le lunghe, e i sindacati si chiedono: che cosa fare nel frattempo? Certo, le risorse previste dalla Finanziaria sono scarsine, ma quel po' che c'è andrebbe intanto portato a casa. Per non regalarlo al ministro del Tesoro.

In passato si è sempre trovata una soluzione. Si è strappato al governo un impegno ad aggiungere altri soldi l'anno successivo, e per l'anno in corso si sono spesi i soldi già stanziati. Questa volta però la situazione è molto più complicata. Il governo attuale non sembra affatto disposto a migliorare la sua offerta, né per quest'anno né per il prossimo né mai. Difficile immaginare un accordo sindacale in due tappe, anzi difficile immaginare un accordo sindacale di qualsiasi natura. Per incassare subito i 2 miliardi e 800 milioni indicati dalla manovra sembra esserci un solo modo: firmare i contratti così come vuole il governo, cioè con un aumento pari alla metà dell'inflazione reale.

In questi giorni il governo e i sindacati confederali sono tutti presi dalla vertenza dell'Alitalia. Ma nelle prossime settimane si dovranno prendere decisioni delicate. Intanto il ministro Renato Brunetta dice: a dicembre metteremo in busta paga 150-170 euro. Lui la chiama "una tantum", in realtà sono i soldi disponibili nel 2008 come "vacanza contrattuale" (li ha lasciati in eredità il governo Prodi). Sarebbero i famosi 8 euro al mese su cui ha spesso ironizzato la Cgil.

Non si può neanche parlare di un aumento, 8 euro al mese sono al massimo una mancia. Ma per metterla in busta paga bisogna comunque siglare un accordo sindacale. Cosa faranno Cgil-Cisl-Uil di fronte a questa mancia? La raccoglieranno, oppure la lasceranno sul tavolo?

lunedì 15 settembre 2008

Quanto ci costano i professori

“Il 97 per cento del bilancio del ministero serve a pagare gli stipendi. A chi giova continuare su questa strada? L'opera irresponsabile di alcuni sindacati e di molti governi compiacenti ha ribaltato la missione della scuola, che è fatta per gli studenti, e non per pagare una cifra spropositata di stipendi”. Così ha dichiarato Mariastella Gelmini, ministra dell'Istruzione, e tanti sono rimasti impressionati: accidenti, il 97 per cento! Che spesa!! Che spreco!!! L'affermazione della Gelmini però si può contestare per almeno due motivi.

Innanzitutto, la cifra indicata dalla ministra non è corretta: la vera percentuale è più bassa. Secondo, perché in realtà negli altri paesi sviluppati si ritrova più o meno lo stesso rapporto fra costo del personale e costo complessivo della scuola.
Per chi volesse entrare nei dettagli, consiglio la lettura del blog Messaggi cifrati, curato dal giornalista-matematico-filosofo Luca Cifoni.

Aggiungo solo una considerazione. A chi si stupisce che oltre il 90% delle spese per la scuola finisca in stipendi per i docenti, mi piacerebbe chiedere: quali altri dovrebbero essere i costi della scuola? Quali materie prime, quali prodotti si dovrebbero acquistare? Guardiamo l'istruzione come se fosse un'attività imprenditoriale: non credo che esistano imprese altrettanto immateriali, altrettanto legate al lavoro delle persone. Il prodotto finale dell'azienda scuola è la conoscenza, e per produrre conoscenza non vedo che cosa altro serva se non le persone.
In effetti, ci sarebbe un'altra spesa da calcolare: quella per i libri. Ma è a carico dei genitori, quindi resta fuori dalle percentuali della Gelmini.

Una volta al Forum PA ho sentito un manager che aveva lavorato in Inghilterra con Richard Branson (uno degli imprenditori di maggior successo del nostro tempo) raccontare: "Branson mi ha insegnato che, quando un'azienda funziona bene, il costo del lavoro aumenta, non diminuisce".

martedì 9 settembre 2008

Che cosa sta cambiando veramente

Il governo si è insediato da quattro mesi, e una delle questioni su cui si è dato più da fare è stata certamente la pubblica amministrazione, anzi il personale della pubblica amministrazione. Il paese si è fatto l'idea che negli uffici pubblici stia avvenendo una mezza rivoluzione. Ma è un'impressione sbagliata.
Tracciando un bilancio in estrema sintesi, si può dire che i veri cambiamenti in atto sono due.

Il primo: si stanno accentrando poteri e competenze sul Dipartimento Funzione pubblica.
Grazie all'iper-attivismo di Brunetta, il suo dicastero sta svolgendo compiti ai quali fino a ieri neanche si avvicinava. Raccoglie dati sulle assenze del personale pubblico, elabora tabelle e grafici sull'andamento del costo del lavoro, insomma fa concorrenza alla Ragioneria generale dello Stato. Si occupa direttamente dei rinnovi contrattuali, sostituendosi all'Aran, di cui peraltro il ministro ha già ventilato la chiusura. Come se non bastasse, ora la Funzione pubblica si è attribuita anche il potere di decidere quali amministrazioni sono efficienti e quali no; addirittura promette di assegnare premi economici ai più bravi, anche se non si è capito bene come potrà farlo.
Il ministro della Funzione pubblica in questo modo si trasforma in un grande capo del personale per 3 milioni e passa di dipendenti pubblici. Non si limita a dettare le regole generali, ma entra nel merito del lavoro dei singoli. C'è da chiedersi però che cosa resterà di tutto questo il giorno in cui non ci sarà più Brunetta (prima o poi diventerà presidente del Consiglio, o segretario generale dell'Onu, o magari vincerà quel famoso premio Nobel al quale momentaneamente ha dovuto rinunciare).

Il secondo cambiamento: si sta riducendo la spesa per il personale.
E questo invece è un cambiamento permanente. Ho davanti una tabella del ministero del Tesoro: grazie agli effetti del decreto 112 (la manovra di Tremonti) nel 2009 lo Stato risparmierà 828 milioni di euro, e nel 2011 il risparmio annuo arriverà a un miliardo e 873 milioni. A queste cifre si arriva soprattutto con il taglio dei premi di produttività e con la riduzione degli organici (meno assunzioni, niente stabilizzazione dei precari). Inoltre si potrebbe aggiungere che per i nuovi contratti nazionali il governo ha deciso di riconoscere aumenti di stipendio molto inferiori all'inflazione, inaugurando una stagione di moderazione salariale fino a oggi del tutto sconosciuta nel pubblico impiego. Il risparmio reale quindi è ancora maggiore, a occhio e croce si può stimare in almeno due miliardi e mezzo l'anno.


Ora, io non voglio dire qui che il governo stia facendo male a fare economia sul personale. Se fossi un dipendente pubblico ovviamente mi incavolerei come un furetto, ma essendo un lavoratore privato che paga le tasse non posso non vedere i lati positivi dell'operazione. Dico però che le cose vanno raccontate per quello che sono, e se un governo sta compiendo una grande operazione di taglio alla spesa i cittadini devono saperlo.

La riduzione dei costi nella pubblica amministrazione è un tema che nessun governo può più evadere. Direi anzi che è una strada obbligata, in un paese dove il debito pubblico è altissimo, la pressione fiscale pure e dove si è scelto (secondo me erroneamente) di mantenere ancora per qualche anno un oneroso sistema pensionistico.
Non è una questione di destra o di sinistra, tanto è vero che durante la precedente legislatura il ministro Padoa-Schioppa sperava di fare cose molto simili a quelle che sta facendo ora Tremonti.
Ma proprio perché stiamo assistendo a un intervento così importante, direi addirittura epocale, non capisco il motivo per cui non se ne debba parlare. E ci si perda invece in dettagli come il grembiulino nelle scuole elementari. O come una trattenuta sulla busta paga dei malati che, per molti dipendenti pubblici, esisteva già da anni.

giovedì 4 settembre 2008

Sono finite le vacanze: Brunetta è tornato in televisione

Come inizio non c'è male. Le vacanze sono finite, e sugli schermi televisivi è tornato il ministro Renato Brunetta. Ha cominciato la mattina alle sette, con "Omnibus", e ha finito all'una di notte con "Matrix". Ha parlato di assenteismo, di contratti nazionali, di premi, dell'Aran, dell'Alitalia, del voto agli immigrati, della Cuccarini, del prezzo del petrolio...
Lo schema delle trasmissioni è sempre lo stesso: si invita il ministro a parlare di quello che sta facendo; gli si mette di fronte un plotone di giornalisti bravi e indipendenti, ma che della materia non sanno assolutamente niente. Questi giornalisti non hanno alcuna intenzione di fare la figura degli zerbini, e all'inizio del programma fanno capire chiaramente che cercheranno di mettere il ministro in difficoltà. Poi però, mano a mano che il dibattito va avanti, i loro argomenti si esauriscono, non hanno gli strumenti per ribattere, Brunetta li mette alle corde e alla fine fanno una faccia che tradisce il pensiero: "Non lo posso dire, ma mi sa che ha ragione lui".
Ripeto, loro non hanno colpa, sono giornalisti bravissimi e preparati, solo che di solito si occupano di altro, mentre la pubblica amministrazione è una materia abbastanza specialistica. Se il ministro gli dice: "Ho fatto una cosa che non aveva fatto mai nessuno: d'ora in poi i risparmi delle amministrazioni verranno redistribuiti fra i dipendenti", non possono sapere che questa grande novità in realtà esiste da dieci anni, dal tempo di Bassanini, e che si applica in tutte le amministrazioni con poche eccezioni.
Oltretutto come interlocutore Brunetta è un osso duro: è un ottimo oratore, ed è uno che conosce davvero la materia di cui si occupa, al contrario di tanti altri ministri di formazione politica o giuridica (infatti ce lo ricorda ogni cinque minuti: "io sono un economista").

Da questi programmi il telespettatore ricava l'impressione che nella pubblica amministrazione stia avvenendo un grande sconvolgimento. E' un'impressione sicuramente esagerata, ma che contiene anche una parte di verità. Ecco, la prossima volta vorrei parlare di quello che sta veramente cambiando.