venerdì 8 agosto 2008

Gli aumenti inesistenti, ovvero: vi spiego che succede nelle redazioni dei giornali

Titolo in prima pagina sulla Repubblica di mercoledì: "Finanziaria, aumenti in vista per gli statali". Titolo in prima pagina sulla Repubblica di giovedì: "Finanziaria, statali in rivolta sui tagli". Anche gli altri giornali hanno fatto all'incirca la stessa cosa, anche se con meno risalto. Caro statale che leggi ogni giorno il tuo quotidiano, stai tranquillo, non sei impazzito tu: sono impazziti i giornalisti.

Possibile che si dicano due cose opposte a distanza di 24 ore? Sì, è possibile.
La notizia del secondo giorno (cioè i tagli) è giusta. Quella del giorno prima (cioè gli aumenti "in vista") è sbagliata. E lo si poteva capire leggendo, oltre ai titoli, anche gli articoli.
Martedì scorso il ministro Tremonti ha presentato la prima bozza di Finanziaria e - come aveva promesso - ha ricalcato pari pari le cifre già indicate nel suo decreto approvato dal Parlamento proprio martedì. Nel decreto c'erano 2,9 miliardi (di cui 200 milioni di incerta copertura), nella Finanziaria si ritrovano gli stessi 2,9 miliardi. Le risorse sono sempre quelle, stanno scritte lì da due mesi, e con queste risorse i sindacati hanno detto che la trattativa per gli aumenti non può neanche cominciare, tanto più che per un'altra voce dello stipendio (il salario accessorio) il governo ha tagliato i fondi e quindi le buste paga non solo non aumenteranno ma addirittura arretreranno. Dunque non c'è stata nessuna novità, non c'è nessun aumento "in vista".

Lo statale che legge sempre con attenzione il suo quotidiano a questo punto si sarà chiesto: ma perché è stato fatto un titolo così privo di senso, visto che il giornalista autore dell'articolo sapeva benissimo come stavano le cose? Per fare un favore al governo? La risposta andrebbe bene se quell'errore lo avessero fatto solo i giornali filogovernativi; ma perché pure La Repubblica? Provo a spiegarvelo. Non so se ci riuscirò.

In casi come questo, quando tutti i giornali scrivono la stessa cosa e per di più sbagliata, dietro c'è quasi sempre un lancio d'agenzia. In tutte le redazioni italiane i giornalisti vedono scorrere sullo schermo del loro computer i titoli delle agenzie di stampa (Ansa, Agi, Adnkronos, eccetera). Questi titoli determinano l'80 per cento, forse il 90 per cento dell'informazione che poi troviamo sui telegiornali e sui quotidiani.

Per capire bene come funziona il meccanismo, torniamo al nostro caso. L'altra sera, verso le otto di sera (ora strategica per la chiusura dei quotidiani) esce un titolo dell'Ansa: "Finanziaria, ci sono gli aumenti per gli statali". Un cronista dell'agenzia si era procurato in anteprima il testo presentato da Tremonti; ovviamente in quella bozza ha trovato soltanto cose vecchie, già scritte nel decreto (proprio come aveva promesso Tremonti). A quel punto, non sapendo che titolo fare, o magari non ricordandosi che i 2,9 miliardi erano già abbondantemente previsti, ha intitolato il suo lancio sui presunti aumenti per gli statali. La frittata era fatta.

Una volta uscito il titolo d'agenzia, nelle redazioni dei quotidiani i giornalisti esperti di Finanziaria hanno forse provato a spiegare ai loro caporedattori che quella notizia non aveva senso. Ma nessuno li ha ascoltati. Quando il meccanismo si mette in moto non c'è modo di fermarlo.
Il lavoro dei giornalisti è ormai un grande gioco di ruolo. Tutti leggono le agenzie, e tutti sanno che nelle altre redazioni si stanno leggendo le stesse agenzie. Lo scopo del proprio lavoro non è più quello di capire cosa succede nel mondo e spiegarlo ai lettori, bensì quello di non mancare le notizie che hanno gli altri. La mattina dopo, di fronte ai propri direttori, solo questo conterà: non avere "preso il buco", come si dice nell'approssimativo gergo redazionale.

Un lettore non potrà mai immaginare quanta energia si impieghi per cercare di tappare tutte le falle, tutti i "buchi". Squadre di redattori, capiservizio, capiredattori, vicedirettori, passano la loro vita lavorativa davanti ai siti internet di Repubblica e del Corriere, addirittura davanti al televideo (il televideo!), per cercare di capire come si stanno regolando in quello stesso momento gli altri. Io caporedattore, guardo il Tg1 delle 20, e so che contemporaneamente lo stanno guardando anche tutti gli altri caporedattori italiani, e mi aspetto che loro si faranno influenzare dalle scelte di Riotta, e allora mi faccio influenzare anche io così sto più tranquillo. Il giornalismo diventa una assurda partita a poker, dove lo scopo del gioco è avere in mano tutti le stesse carte.

Caro statale che leggi ogni giorno il tuo quotidiano, ora tu mi chiederai: come ci si può difendere? Cosa bisogna fare per essere realmente informati su quello che succede? Non bisogna più leggere i quotidiani?
No, non credo che sia quella la soluzione. Se sbatto allo spigolo di un mobile mentre la luce è accesa, non miglioro le cose spegnendo la lampada.
L'unico consiglio che posso dare è di leggere sempre con molta circospezione. Prendere con le molle tutto quello che c'è scritto, esercitare il proprio spirito critico, leggere gli articoli fino all'ultima riga, e anche fra una riga e l'altra. Soprattutto non fidarsi mai dei titoli.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

caro piovani,
è difficile non essere d'accordo con te sulla deriva del giornalismo italiano; mi chiedo però perchè comprare tanti giornali quando basterebbe un resoconto delle agenzie di stampa per essere dis-informati a sufficienza.
Vorrei segnalarti un altro clamoroso abbaglio in merito alle assenze per malattia degli statali e come tutti i giornalisti si sono bevuti i dati sbandierati dal ministro brunetta senza fare un minimo di controllo, nè avanzare dubbio alcuno:

a. il ministro dice che l'assenteismo per malattia (e già qui ci potrebbe essere qualcosa da ridire, la malattia può essere considerata assenteismo? e la maternità?) è diminuito del 37% -grazie a lui...-

b. dove prende questi dati? si immagina che il dipartimento della funzione pubblica abbia un effettivo controllo e monitoraggio delle oltre 3000 amministrazioni pubbliche e dei relaivi 3,5 milioni di dipendenti...invece no, i dati provengono dalla verifica di 70 amministrazioni per un totale di 200.000 dipendenti (meno del 6%).

c. quindi è un dato statistico? e come viene scelto il campione? questo non è dato sapere -e nessuno glielo ha chiesto...-
ma qualcosa di strano era possibile verificarlo soltando confrontando le amministrazioni monitorate tra la 1° e la 2° puntata del "monitoraggio" (i documenti sono scaricabili dal sito del ministero):
nella 1° puntata vennero controllate ben 27 amministrazioni (anche allora nessuno contestò i dati) e quindi sarebbe naturale che nella 2° puntata queste 27 amministrazioni siano presenti. invece no, all'appello ne mancano 15, più della metà, con la scomparsa eccellente dello stesso dipartimento funzione pubblica guidato da brunetta. perchè? non è dato saperlo e nessuno glielo ha chiesto.

d. se questo è il metodo (sarebbe interessante ad esempio chiedere un parere alle società di statistiche, ma ci vorrebbe un giornalista che fa una inchiesta) allora anch'io posso scegliere 50 amministrazioni situate nelle alpi e negli appennini e poi annunciare al mondo che i lavoratori pubblici italiani lavorano tutti in montagna -tutto nero su bianco-.

ci aspettiamo che almeno i giornalisti come te che si occupano di pubblica amministrazione diano un segno di vita e fiducia nei giornali.

Za-la-mort ha detto...

Caro Piovani,
quel che ci racconta in realtà, da profano, lo si intuisce da fuori e proprio guardando i titoli dei giornali online, che si aggiornano sovente, e confrontandoli con i lanci stampa di ANSA & co. (che la sidebar di Windows Vista mi spara in continuazione). Quanto al tema Brunetta è evidente che il Ministro è un astuto comunicatore, un uomo che parla per slogan. Ha ben compreso la lezione del suo mentore: qualunque affermazione, purché ribadita ossessivamente, finisce per diventare verità se all'ascolto non c'è una singola persona, capace di spirito critico, ma la massa della "populace". Che poi "gli statali", questa misteriosa genìa di "fannulloni" (oso domandarmi quanti censores de moribus abbiano uno "statale" nei primi tre gradi di parentela...), sono un coacervo di persone con compiti e prestazioni molto differenziate questo poco importa alle masse dei lettori. Alle quali additare dei disgraziati che abbiano alcune tutele ulteriori, anche ammesso che tutti i lettori siano poi così sfortunati da poter invidiare un ministeriale, serve solo per aizzare quel cianuro anonimo in salsa aretina che fa di loro tante vecchie comari livorose. Non dice il Ministro che un'amministrazione che assume per clientele personale poco preparato, che tosto si provvede a rendere ancora più inutile, è il cavallo di troia perfetto per il nugolo di consulenti, solution providers, professionisti e lurchioni vari che con la pubblica amministrazione ci ingrassano il 740 (qualora lo facciano). E mi risparmio le clientele politiche che fanno di taluni plessi amministrativi mere macchine vomita voti. Dica il Ministro che vuole eliminare consulenze, appalti e outsourcing, che vuole far lavorare davvero le risorse umane presenti, anziché prodursi in una trista imitazione della rivoluzione culturale maoista.

Anonimo ha detto...

rettifica al commento di anonimo: le amministrazioni pubbliche non sono 3.000, ma quasi 10.000 (e rende ancor meno credibili i dati del ministro).
Colgo l'occasione per segnalare che lo stesso ministro nell'intervista rilasciata pochi giorni fa al settimanale "Left" a domanda riferita alla 1° puntata del monitoraggio, risponde:
Quanto è rappresentativa l’indagine? Si tratta solo di 27 amministrazioni su 9.800, tra cui 7 Comuni su oltre 8mila.
"La nostra è un’indagine pilota che riguarda solo alcune amministrazioni, individuate con un minimo di criterio, senza la rappresentatività dei campioni statistici e quindi senza la possibilità di estendere il risultato all’universo. In queste amministrazioni, a maggio l’assenteismo è diminuito del 10 per cento, a giugno del 20 per cento. Non si può estendere questo dato a tutta la P.a., ma è probabile che sia uguale anche altrove."
Ergo, mente sapendo bene di mentire, ma a parte i due giornalisti Chiara Agostini e Manuele Bonaccorsi -che riscattano la categoria- nessun altro ha fiatato.
Cantava De Andrè "...c'era un silenzio terrificante...".