lunedì 29 giugno 2009

Pensione obbligata con 40 anni di contributi (anche figurativi). E per le liquidazioni...

Ci risiamo. Per la terza volta rispunta fuori la norma che rende più ampio il piano dei prepensionamenti nel pubblico impiego. Nel decreto per il rilancio dell'economia, presentato venerdì scorso dal governo, è stato inserito un comma specifico: non solo le amministrazioni possono mandare in pensione obbligata i dipendenti che hanno 40 anni di anzianità contributiva (come ha previsto la legge dello scorso anno); ma nel calcolare i 40 anni di contributi si devono includere anche gli anni riscattati del servizio militare e della laurea.

L'esodo. In questo modo la platea dei potenziali prepensionandi diventa molto più numerosa. Soprattutto per categorie come i medici, che hanno tutti alle spalle molti anni di università e di specializzazione. Le conseguenze di questa operazione sono immaginabili: secondo le stime fatte dall'Inpdap tre mesi fa, nel 2009 le uscite dal lavoro dei dipendenti pubblici batteranno tutti i record. A fine anno si dovrebbe arrivare a 134 mila pensionamenti, contro i 70 mila dell'anno prima. E al Tesoro qualcuno se ne preoccupa.

Liquidazioni a rischio. In uno dei precedenti tentativi compiuti dal governo, la norma sui 40 anni di contributi veniva accompagnata da un'altra misura: il congelamento delle liquidazioni per tre anni. In questo modo il Tesoro eviterebbe di dover sborsare tutte insieme le pesanti somme dovute ai pensionandi per le loro buonuscite. Nel decreto presentato venerdì dal governo comunque non si parla di liquidazioni. Vedremo che cosa succederà nelle prossime settimane.

Quando si applica la legge.
Qualche dettaglio in più sulla vicenda si può leggere in questo articolo pubblicato sul Messaggero. Alcuni lettori mi hanno scritto per chiedermi di chiarire se la legge è già in vigore o se bisogna aspettare l'approvazione del Parlamento. La norma sul pensionamento forzato con 40 anni di contributi è già applicabile da un anno, e infatti alcune amministrazioni l'hanno già sfruttata per mandare a casa il personale più anziano. Quanto all'estensione del prepensionamento a chi raggiunge i 40 anni solo con i contributi figurativi (laurea e militare), non è ancora in vigore, ma lo sarà appena il decreto verrà pubblicato in Gazzetta ufficiale. Ovviamente il Parlamento ha ora il potere di cancellare o correggere quanto scritto dal governo, ma per farlo deve prima approvare la legge di conversione, il che richiede un paio di mesi di tempo. Nel frattempo la norma resta valida, ma ciò non significa che gli interessati saranno sicuramente obbligati a lasciare il lavoro. Dipende da cosa sceglie di fare la loro amministrazione: la legge offre uno strumento per sfoltire gli organici, sta poi ai singoli amministratori decidere se utilizzarlo o no.

In un prossimo post cercheremo di rispondere a un'altra domanda: che convenienza ha il governo a mandare in pensione tutta questa gente?

mercoledì 10 giugno 2009

Stressava la sua dipendente: condannato un dirigente statale

Riprendo la notizia dall'agenzia Ansa. La Cassazione ha confermato la condanna di un dirigente di un ufficio giudiziario ligure colpevole di avere - come si dice oggi - stressato la sua dipendente, una cancelliera. Il condannato dovrà pagare alla funzionaria un risarcimento economico, la cui entità non viene specificata nella sentenza della Corte (la numero 23923). In compenso i giudici della Cassazione hanno sollevato il dirigente dalla condanna a 20 giorni di reclusione per il reato di lesioni colpose: la pena carceraria era prevista dalla sentenza d'appello, ma nel frattempo è intervenuta la prescrizione.

La vittima delle lesioni si chiama Rita, e lavora nell'ufficio del Gip di quella che allora si chiamava pretura di Imperia (ora la pretura è stata accorpata al tribunale). A provocare il suo turbamento sono state espressioni come "lei è una falsa, non finisce qui, gliela farò pagare, è una irresponsabile". Pare che nel processo siano state decisive le testimonianze dei colleghi di lavoro: avrebbero confermato che il dirigente aveva un "atteggiamento quotidiano violento, aggressivo, alimentato da intemperanze, gesti di violenza e prevaricazione". Questa condotta avrebbe comportato nella cancelliera "uno stato ansioso depressivo, con tachicardia in stress emotivo, malattia che imponeva ai medici di prescriverle prima, nel marzo '99, sette giorni di cura e riposo e poi nell'aprile del '99, altri 15 giorni di riposo e cura".

I giudici hanno ravvisato in tutta la vicenda un sicuro caso di mobbing. Nella sentenza definitiva si rimprovera al dirigente di non avere azionati i necessari "poteri inibitori" per frenare le sue intemperanze, come dovrebbe fare ogni "uomo medio, dotato di comuni poteri percettivi e valutativi".

sabato 6 giugno 2009

Gli aumenti e gli arretrati del contratto Enti locali

Questa è la tabella con tutti gli aumenti e gli arretrati previsti dal nuovo contratto di regioni, province e regioni. Tutte le cifre sono al lordo di tasse e contributi.
(Cliccare per ingrandire).

venerdì 5 giugno 2009

Brunetta manda la Cisl in quel posto

Continuiamo a occuparci della sofferta storia d'amore fra Brunetta e la Cisl. Ho scritto che, dopo un momento di incomprensione, i due fidanzati hanno fatto pace. In realtà il rapporto continua ad essere tormentato. Non tanto con i rappresentanti di categoria, con i quali tutto sommato regna ancora una discreta armonia; quanto con il segretario generale Raffaele Bonanni, che all'ultimo congresso ha trattato il ministro abbastanza male.

L'ultima scaramuccia si è registrata una settimana fa a Brescia. Il ministro ha partecipato a un'iniziativa pubblica organizzata dall'associazione degli industriali. A margine del convegno, Brunetta è stato avvicinato da Renato Zaltieri, il segretario della Cisl bresciana. Del breve colloquio sono stati testimoni alcuni giornalisti locali, che hanno poi riferito l'accaduto sui loro giornali. Riassumo qui i fatti così come mi sono stati raccontati dallo stesso Zaltieri, e come del resto erano stati descritti dalla stampa bresciana.

Il racconto di Zaltieri.
"Brunetta mi è passato vicino. Gli sono andato incontro e mi sono presentato: buongiorno, sono Zaltieri, segretario della Cisl di Brescia. Lui mi ha apostrofato così: 'Il tuo segretario mi ha offeso, mi ha detto che sono democraticamente maleducato'. Gli ho replicato, dandogli anche io del tu: sì, c'ero anche io al congresso, e ho votato per Bonanni, ma non rispondo personalmente di tutto quello che dice il mio segretario. Lui mi ha fatto presente che, quando ha parlato al congresso del pubblico impiego, ha ricevuto 47 applausi. 'Lo vedi - gli ho fatto notare - questo dimostra che non c'è alcun pregiudizio da parte della Cisl. Basta rapportarsi di più con il sindacato, e magari certe cose si possono evitare'. A questo punto Brunetta ha concluso la conversazione dicendomi: 'Vaffanculo tu e il sindacato'. Erano presenti due giornalisti di Brescia. Io li ho pregati di non scrivere sul giornale quello che avevano sentito, ma loro l'hanno scritto lo stesso. Perciò il giorno dopo ho diffuso una lettera aperta in cui esprimevo la mia opinione sul ministro e i suoi comportamenti".
Questa è la lettera di Renato Zaltieri.

venerdì 22 maggio 2009

Gli aumenti della sanità, contratto 2008-2009

Ecco la tabella con gli aumenti e gli arretrati previsti dal nuovo contratto della sanità 2008-2009.

(Cliccare per ingrandire)

La bozza di accordo è stato firmato dall'Aran e dai sindacati (Cgil inclusa) la scorsa settimana. Se tutto si svolgerà normalmente, entro due mesi il contratto dovrebbe entrare in vigore, quindi l'aumento dovrebbe scattare presumibilmente dalla busta paga di agosto. C'è da dire però che il ministro Brunetta non ha gradito questo accordo (da lui giudicato troppo generoso) e sta contestando l'operato dell'Aran. Questo potrebbe comportare qualche ritardo nella procedura.

Clamoroso: anche Brunetta dorme


La notizia l'abbiamo letta oggi su "La Stampa" di Torino: anche Brunetta dorme. L'evento straordinario, documentato da uno scatto fotografico, si è verificato giovedì durante l'Assemblea della Confindustria. Secondo il giornalista Mattia Feltri, il ministro si sarebbe addormentato proprio mentre parlava Silvio Berlusconi; ma il particolare non ha ancora avuto conferme ufficiali, e suona più che altro come una malignità.

Noi invece vogliamo aggiungere un nostro sincero apprezzamento per l'accaduto. Renato Brunetta finora aveva sempre interpretato il personaggio dell'uomo dinamico e pieno di energia, quello che frusta i suoi diretti collaboratori se non corrono abbastanza, che sgrida i giornalisti quando arrivano in ritardo alle conferenze stampa, uno che non perde tempo e non ammette le perdite di tempo altrui. Il suo piglio energico è servito a produrre norme di legge e comunicati stampa in quantità industriale, guadagnandogli il titolo di ministro più attivo della storia della Repubblica. Ma francamente ce lo aveva reso anche un tantino antipatico.

Ora abbiamo avuto la possibilità di vedere con i nostri occhi il lato umano del ministro Brunetta. Di questo dobbiamo essere grati alla prontezza di riflessi di un fotografo, e alla comodità delle poltrone dell'Auditorium di Roma.

Ecco il testo ufficiale del decreto (e la Cisl rifà pace con Brunetta)

Sono passati un po' di giorni dall'ultimo post, e chi ha letto i giornali sa che cosa è successo nel frattempo. Dopo una lunga trattativa con gli altri ministeri (in particolare con il Tesoro di Tremonti), Brunetta è riuscito a chiudere il testo del suo decreto, modificandolo in diversi punti. Le modifiche, che poi esamineremo, sono più o meno quelle che avevamo già annunciato. Inoltre il ministro ha promesso che, prima dell'entrata in vigore del provvedimento, ci sarà un incontro con i sindacati. Sulla base di questo impegno, e dei cambiamenti al testo, la posizione della Cisl si è nuovamente ammorbidita.

Brunetta è tornato a essere "l'amico Renato", i dipendenti pubblici cislini gli hanno riservato una buona accoglienza al loro congresso di categoria (anche se ogni tanto è volato qualche fischio), Bonanni e Faverin hanno smesso di alzare la voce e si dichiarano soddisfatti. Insomma, tutto è tornato come prima, se non fosse per una novità: il contratto nazionale della sanità firmato da tutti i sindacati Cgil compresa. Ne parleremo nel prossimo post.

Ma vediamo adesso che cosa è cambiato nel decreto Brunetta dopo le correzioni apportate.

Il 25-50-25. Il meccanismo che obbliga le amministrazioni a distribuire le risorse degli integrativi in modo molto selettivo è stato smussato. Nelle singole amministrazioni sarà possibile applicare una ripartizione dei fondi meno drastica. Il sistema scritto nel testo finale del decreto è particolarmente complesso, semplificando potremmo riassumere così: si potrà allargare la platea della cosiddetta "fascia alta", cioè quelli che prendono il premio annuale massimo; allo stesso tempo si potrà ridurre la differenza economica fra il premio massimo e il premio per la "fascia media"; infine, sarà possibile attribuire un piccolo premio anche alla "fascia bassa" (i dipendenti giudicati più scarsi), anziché punirli con l'azzeramento totale del salario accessorio.
Tutto questo si potrà fare attraverso un accordo con i sindacati. E' chiaro però che, in mancanza di un'intesa, l'amministrazione è obbligata ad applicare il meccanismo standard previsto dalla legge: un quarto del personale con il 100% del premio, metà del personale con il 50% del premio, un quarto con lo 0%. I sindacati insomma saranno costretti a trattare e a cercare un accordo, altrimenti scatta la tagliola del 25-50-25.

Accorpamenti dei contratti. Come previsto, i dipendenti pubblici non contrattualizzati sono stati esclusi dall'accorpamento dei contratti e dalle altre norme che riguardano i sindacati. Polizia, forze armate, vigili del fuoco, corpo forestale conservano la loro autonomia.

La Presidenza. Il contratto autonomo della Presidenza del Consiglio probabilmente si salverà, non sarà accorpato a quello dei ministeri. Nell'ultimo capitolo del decreto, sotto il titolo "Norme finali e transitorie", c'è una frase molto significativa, anche se di lettura non semplicissima: si parla di "uno o più decreti" in cui si dovranno determinare "limiti e modalità di applicazione delle disposizioni [...] alla Presidenza del Consiglio", e si ricorda la "peculiarità del relativo ordinamento, che discende dagli articoli 92 e 95 della Costituzione". Traducendo in italiano, l'articolo si può interpretare cos^: Palazzo Chigi è un organo costituzionale e quindi deve avere un contratto a parte.

Gli insegnanti. Anche per il personale docente della scuola è prevista un'eccezione: a loro non si applicheranno le nuove regole sulla valutazione e sulla distribuzione dei premi di produttività. Ci vorrà un decreto a parte, e nelle decisioni dovrà essere coinvolta anche la Gelmini, ministro della Pubblica amministrazione.

Riguardo al contratto della Scuola, invece, il decreto per adesso conferma la decisione iniziale: deve essere accorpato a quello dei ministeri, delle agenzie e degli enti previdenziali. Stessa sorte per la Sanità, da unire al contratto degli enti locali. Ma è molto probabile che nella versione definitiva del provvetimento questi due comparti verranno salvati. Probabilmente la decisione sarà presa dopo che si sarà svolto il promesso incontro con i sindacati.

mercoledì 13 maggio 2009

Brunetta va dalla Cisl, e pensa già a come cambiare (poco) il decreto

Mentre scriviamo questo post Renato Brunetta sta salendo sulla sua auto blu in direzione di Fiuggi, dove interverrà al congresso della Cisl Funzione pubblica. E' escluso che ci possano essere contestazioni (contrariamente a quanto sembra sia avvenuto al congresso dei medici Cisl: secondo i racconti dei testimoni, quando il ministro Sacconi ha nominato il suo collega di governo sarebbe partita una salva di fischi).
La domanda è: che cosa è disposto a offrire Brunetta alla Cisl per convincerla a rientrare nella schiera degli "amici"? Per adesso sembrerebbe poco. Anche perché la Cisl per adesso sta chiedendo molto. Le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal segretario generale Raffaele Bonanni sono impegnative, il decreto legislativo del governo viene bocciato praticamente in toto.
Nel frattempo si sa per certo che il ministro e i suoi tecnici stanno lavorando a una serie di correzioni da apportare al provvedimento. Correzioni richieste da altri ministri, ma anche da singole amministrazioni, o da settori speciali della pubblica amministrazione. Vediamo di che si tratta.

La regola del 25-50-25. E' forse il punto più importante del decreto. Stando al testo portato da Brunetta in Consiglio dei ministri, tutte le amministrazioni d'ora in poi dovranno distribuire il salario accessorio secondo uno schema prefissato: premio intero al 25% dei dipendenti, i bravissimi; premio dimezzato al 50%, i normali; zero premio al 25%, i presunti fannulloni (chiedo scusa per aver usato questa parola, che detesto). E' un modello molto rigido, che molti contestano, a cominciare da quelle amministrazioni che i premi differenziati ce li hanno già: abbiamo il nostro sistema che funziona bene da anni - dicono - perché ci costringete a cambiarlo?
Ieri uno dei tecnici più vicini a Brunetta, l'economista Leonello Tronti, ha annunciato al Forum Pa che nel testo finale la norma sarà resa più flessibile. Sarà infatti prevista la possibilità di deroga: nelle singole amministrazioni si potrà concordare con il sindacato un meccanismo diverso, senza i limiti fissi del 25-50-25.

Non contrattualizzati. Il ministro Maroni si è lamentato con Brunetta, e i sindacati di polizia hanno emesso un comunicato per protestare contro il decreto. Anche loro (come Cgil, Cisl, Uil e Confsal) contestano le norme che riducono pesantemente il potere di intervento dei sindacati. E' del tutto probabile che alla fine verranno accontentati: dal testo finale del decreto potrebbe essere tagliata tutta la parte che riguarda il personale non contrattualizzato, cioè appunto la polizia, i militari, i prefetti, i diplomatici. Loro si salveranno, tutti gli altri dipendenti pubblici no.

Sanità e scuola (e forse Presidenza). Un altro punto controverso è quello che riguarda l'accorpamento dei contratti. La bozza iniziale del decreto parla di due soli grandi contratti, uno per lo Stato centrale e un altro per le amministrazioni decentrate. E' facile immaginare la reazione, per esempio, del mondo della scuola, che si ritroverebbe improvvisamente senza un contratto tutto suo. Oppure della sanità, con infermieri e medici costretti a entrare negli stessi ranghi dei dipendenti comunali. In realtà il vero obiettivo di Brunetta è un po' meno ambizioso: pare che si punti ad arrivare a quattro contratti, cioè Stato, Scuola, Enti locali e Sanità. C'è però un'incognita: la Presidenza del Consiglio. E' un comparto piccolissimo, che in teoria non avrebbe alcuna ragione di sopravvivere, ma che ha (per evidenti motivi) molte possibilità di farsi sentire nelle stanze che contano. Nel testo del decreto potrebbe spuntare qualche frasetta per salvare il contratto della Presidenza, anche se Brunetta di suo sarebbe contrario.

Stipendi dei dirigenti. Secondo il decreto, d'ora in poi nella busta paga del dirigente la quota legata al risultato dovrà valere almeno il 30% dello stipendio totale. Le amministrazioni non sono d'accordo, anche quelle più vicine al governo. Ieri al Forum Pa il direttore del personale della Regione Lombardia Micele Camisasca ha fatto presente che, per come è scritto il testo ora, questo significherebbe ridurre il salario base dei dirigenti. Infatti se resta l'obbligo di lasciare invariata la spesa, per portare l'indennità di risultato al 30%bisognerebbe abbassare l'indennità di posizione (quella che il dirigente riceve a prescindere, e che è proporzionata all'importanza del suo incarico). Alla richiesta ha risposto anche stavolta positivamente Leonello Tronti: siamo d'accordo, questo punto sarà cambiato. Il tetto del 30% resterà, ma diventerà obbligatorio solo alla fine del 2016. Così ci sarà tutto il tempo per adeguarsi, spostando gli aumenti dei prossimi anni più sull'indennità di risultato che sulle altre voci. E poi non si esclude di aprire una breccia alla regola dell'invarianza di spesa. Scommettiamo che anche questa riforma sarà un'occasione per aumentare gli stipendi dei dirigenti?

venerdì 8 maggio 2009

Uno statale punito perché ha parlato con Santoro

Un dipendente pubblico, dopo una notte passata a soccorrere le vittime del terremoto, parla alle telecamere di "Annozero". E l'amministrazione apre un procedimento disciplinare a suo carico. La storia di Pier Giorgio Cortesi, agente del Corpo forestale, raccontata sul Messaggero.it

Adesso la Cisl si fa sentire

"Il confronto è assolutamente indispensabile". Giovanni Faverin, segretario della Cisl Funzione pubblica, ha diffuso ieri un po' a sorpresa un comunicato stampa che annuncia una richiesta rivolta dal suo sindacato a Brunetta: "La Cisl Fp, che dal 13 maggio sarà in congresso a Fiuggi, anticipa la richiesta al Ministro di un tavolo di confronto sui decreti attuativi della cosiddetta Riforma Brunetta".

La tattica del bastone
. Il tono di voce suona piuttosto diverso da quello che avevamo descritto nel nostro post di qualche giorno fa. Faverin definisce "indispensabile un vero confronto con le forze sociali disponibili", invita il ministro a "mettere da parte la tattica 'bastone e opinione pubblica'”, denuncia le "strategie mediatiche che giocano sull’effetto annuncio", e avverte: "in un piano di rilancio delle amministrazioni pubbliche, non ci può essere spazio per finalità punitive a priori che colpiscano i tanti dipendenti pubblici che si impegnano e fanno bene il proprio lavoro”.

La risposta. La mossa di Faverin probabilmente vuole dare una risposta a quanti, dentro la Cisl, vedevano la posizione del sindacato troppo appiattita sulla linea del governo. A questo punto, un ministro intelligente dovrebbe accogliere la richiesta del sindacato che finora lo ha più aiutato. Dovrebbe cioè, come si suol dire, "aprire un tavolo". E poi a quel tavolo dovrebbe concedere qualche cosa, fare sua qualche proposta del sindacato. Per dimostrare che la disponibilità verso il governo produce qualche frutto, altrimenti un sindacato che tratta a fare?

Il congresso della Cisl Fp. Pare che al congresso della Cisl Fp Brunetta sarà presente. Vedremo.

mercoledì 6 maggio 2009

Facebook vietato per gli statali

A qualcuno potrà non fregargliene di meno, ma per qualcun altro è sicuramente una brutta notizia. Ieri Brunetta ha fatto sapere che sui computer degli uffici pubblici sarà messo un filtro per impedire ai dipendenti di collegarsi con Facebook. Le dichiarazioni del ministro si possono leggere qui.
Brunetta sostiene che "uno dei luoghi di maggior utilizzo del famoso social network siano proprio le postazioni pubbliche". Sarebbe interessante sapere da dove abbia ricavato questa informazione.

domenica 3 maggio 2009

La Cisl condivide la linea di Brunetta, anzi "l'amico Renato"

Finora ha solo scherzato: adesso Brunetta comincia a fare sul serio. Venerdì prossimo porterà in Consiglio dei ministri il decreto legislativo, cioè la sua vera riforma. Altro che gli interventini sulle assenze o le chiacchiere sui precari, ora arrivano le norme che cambieranno alla radice il lavoro e la contrattazione nelle amministrazioni. I contenuti del decreto sono stati anticipati in questo articolo sul Messaggero.it.
Qui su PUBBLICO DOMINIO vogliamo concentrarci su un aspetto marginale ma non irrilevante: l'atteggiamento della Cisl verso la riforma in corso.

Le proteste degli statali. In coda all'articolo che ho linkato si possono leggere i commenti inviati dai lettori del Messaggero.it. Molti sono dipendenti pubblici che se la prendono con Brunetta, e fin qui c'è poco da stupirsi. Ma ci sono anche diversi dipendenti pubblici che non rivolgono le loro critiche tanto al ministro, quanto alla Cisl. Sono presumibilimente attivisti di altri sindacati (c'è chi ad esempio si firma "Cub"), ma qualcuno dei commenti sembra provenire dall'interno del sindacato di Bonanni. Come quel lettore che ha scelto lo pseudonimo "Ex Cisl" e che a quanto si capisce annuncia addirittura una scissione e la nascita di una nuova sigla.

Cosa vuol dire? L'episodio vale per quello che è. I commenti inviati a un sito internet ovviamente non hanno significato statistico e non rappresentano un campione di alcunché. E' difficile misurare la diffusione del malcontento nella Cisl, potrebbe essere confinato a una scarsa minoranza di iscritti e simpatizzanti, che del resto non hanno mai fatto sentire la loro voce in circostanze ufficiali. Ciò che la lettura di questi commenti segnala però è che ormai la posizione di Bonanni e del segretario di categoria Giovanni Faverin viene generalmente identificata con quella di Brunetta e del governo.

Identità di vedute. Bisogna dire che Faverin e gli altri dirigenti della Funzione pubblica non fanno molto per distinguere le loro idee da quelle del ministro. In passato era già successo che il fronte del sindacato confederale si spaccasse (anche se nel pubblico impiego in verità è la prima volta che accade); ma quando sceglievano di firmare senza la Cgil, i cislini non rinunciavano mai a un atteggiamento dialettico e se necessario polemico nei confronti del governo, quantomeno nella forma. Adesso invece nelle posizioni pubbliche della Cisl sembra quasi che la vera controparte sia diventata la Cgil. Mentre si esibisce una grande omogeneità di vedute con Brunetta.

La lettera. Nelle comunicazioni interne poi l'affinità di intenti fra il sindacato e il ministro della Pubblica amministrazione viene messa ancora più in rilievo. Mi è capitato ad esempio di leggere una lettera inviata ai dirigenti della categoria Fps dal segretario nazionale Daniela Volpato. Nell'allegare la bozza del decreto Brunetta, la Volpato scrive: "Lo schema di decreto rappresenta l’avvio del percorso applicativo della legge delega n. 15/2009 di riforma delle Pubbliche Amministrazioni e del lavoro pubblico di cui condividiamo obiettivi e strategie". Una precisazione che chiarisce una volta per tutte la linea del sindacato, a scanso di equivoci.

Una specie di lapsus. Si può essere più espliciti di così? Sì, e lo ha dimostrato alcuni giorni fa il segretario generale Faverin, intervenendo a un seminario pubblico. Cito testualmente un passaggio del suo discorso: "E' la sfida che abbiamo lanciato con l'accordo di secondo livello e con l'abbracciare anche molte delle proposte di Renato Brunetta. Proposte che io condivido, e lo dico. Lasciamo stare il modo, la strategia di comunicazione, cioè l'usare l'opinione pubblica come elemento di spinta perché avvengano le cose. Io ne sono intimamente convinto". Subito dopo Faverin pronuncia una frase che inizialmente suona come una specie di lapsus: "Se Renato ha il coraggio di dire..." Fra i presenti qualcuno lo interrompe: e chi sarebbe questo Renato? Il segretario non si tira indietro e risponde: "Renato è Brunetta, Renato è il mio amico Renato Brunetta".

mercoledì 15 aprile 2009

Brunetta e il terremoto: lo Stato c'è, gli statali no

In questo blog cerchiamo di concentrarci soprattutto sui fatti, ma quando una politica è fatta prevalentemente di chiacchiere diventa a volte inevitabile occuparsi anche delle parole. In questi giorni di tragedia e di emergenza abbiamo sentito tanta retorica sull'efficienza dei soccorsi in Abruzzo e sul generoso impegno dei soccorritori. Quasi tutti hanno tessuto l'elogio dei "volontari della Protezione civile", come se la Protezione civile non fosse composta anche di dipendenti pubblici.

Ma le dichiarazioni che più colpivano erano quelle del ministro Brunetta. Il quale ha rimarcato con orgoglio che nelle zone colpite dal terremoto "lo Stato c'è". Ha detto proprio così, "lo Stato". Non gli statali. Quelli esistono solo quando le cose funzionano male. Quando invece funzionano bene allora lo Stato non è più composto di persone. Non esistono più i vigili del fuoco, i medici, gli infermieri, gli impiegati e i funzionari ministeriali che partecipano ai soccorsi, i dipendenti delle amministrazioni locali. C'è solo lo Stato. Che poi nelle parole del ministro diventa sinonimo di "il governo". Insomma, per essere più espliciti, secondo Brunetta quello che ha funzionato in Abruzzo è stato Brunetta stesso. Anzi no, il merito va condiviso con il sottosegretario Bertolaso, che peraltro è anche "il migliore capo della Protezione civile d'Europa".

Una dimenticanza? Colui che (impropriamente) si definisce "il capo del personale di 3 milioni e mezzo di dipendenti pubblici" di fronte a una prova decisiva per le strutture della pubblica amministrazione si dimentica di ringraziare le persone di cui si proclama direttore. Nelle famose aziende private tante volte portate ad esempio da Brunetta in genere non funziona così. Qualunque manager prima o poi fa i complimenti ai suoi dipendenti. Ma probabilmente non si tratta di una dimenticanza. L'esperienza di questo primo anno di governo ha dimostrato che l'attacco allo statale fannullone paga molto in termini di consenso, mentre l'elogio dello statale lavoratore è molto meno redditizio. E' un ragionamento che abbiamo già fatto in passato su PUBBLICO DOMINIO, e che probabilmente è stato fatto anche dal ministro.

Post scriptum. Ma siamo poi sicuri che in Abruzzo ci sia stata tanta efficienza? Personalmente, non sono in grado di pronunciarmi. Per esprimere un giudizio attendibile bisognerebbe essere stati sul posto, aver visto di persona cosa sta accadendo, e poi avere vissuto l'esperienza di altri terremoti passati in Italia, e magari anche di altre calamità avvenute all'estero, per poter fare il paragone con ciò che accade in questi casi negli altri paesi. Può darsi che dai diversi confronti alla fine la "macchina dei soccorsi" abruzzese risulti davvero molto ben congegnata, ma escludo che le tante lodi ascoltate in questi giorni siano il frutto di analisi approfondite e competenti. Certo, non basta aver visto un servizio al telegiornale per sentenziare che in Abruzzo "le cose hanno funzionato".

venerdì 3 aprile 2009

Mentre Brunetta parla di donne, Tremonti congela le liquidazioni

Parlare d'altro, divagare, buttarla in caciara. E' la tecnica ben nota adottata dai governi nell'era dei mass media, un espediente talmente sfruttato e risaputo che ormai viene la nausea persino a denunciarlo. Accusare un premier o un ministro di averla sparata grossa solo per distrarre l'attenzione da ciò che si sta davvero facendo: è diventato un luogo comune così sentito e risentito che ormai anche questa accusa suona come un'arma dialettica spuntata.
D'altra parte che cosa si può dire dopo una giornata come quella di ieri? Telegiornali, giornali radio, siti internet si sono tuffati sulla grande chiacchiera del giorno: l'attacco del ministro Brunetta alle dipendenti statali che "vanno a fare shopping durante l'orario di lavoro". Nel frattempo le agenzie di stampa battevano un'altra notizia, passata del tutto inosservata. Cioè questa: alla Camera il governo ha presentato un articolo di legge per bloccare le liquidazioni dei dipendenti pubblici con 40 anni di contributi.

Da una parte le discussioni da bar di un ministro, senza alcuna conseguenza pratica; dall'altra le misure concrete che il governo sta assumendo per tagliare i costi del personale. Quale delle due notizie meritava di più un titolo di giornale? A leggere i quotidiani di oggi non ci sono dubbi, la notizia del giorno è il discorso di Brunetta sulle assenteiste. Permettetemi però di confessare i miei dubbi in proposito. (Per chi poi fosse interessato alla vicenda delle liquidazioni e della legge presentata dal governo, ecco l'articolo che ho scritto per il Messaggero.it)

Va precisato che questa volta il ricorso alle armi di distrazioni di massa non è stato intenzionale, o quanto meno non era stato calibrato in modo così scientifico. A quanto ci risulta, la norma sulle liquidazioni non è opera di Brunetta, è stata scritta da qualche collaboratore di Tremonti al ministero dell'Economia. Forse il ministro della Pubblica amministrazione non ne era neppure a conoscenza. Dunque quando ha parlato di donne che fanno la spesa Brunetta non pensava di coprire la notizia vera con un'altra apparente. Ha semplicemente fatto quello che fa tutti i giorni: ha tirato una mazzata contro i dipendenti pubblici (questa volta è toccato alle donne) per attirare l'attenzione su di sé e guadagnarsi le simpatie di tutti gli altri italiani. E' una scelta di comunicazione che gli ha consentito di diventare, stando ai sondaggi, il ministro più amato dagli italiani. Chiamatelo fesso!

venerdì 27 marzo 2009

Presidenza del Consiglio, per il contratto ci siamo quasi.

Dopo tre anni e mezzo di attesa, la trattativa per il rinnovo del contratto alla Presidenza del Consiglio è quasi in conclusione. La cifra in discussione sarà di 125 euro lordi medi al mese, ma se si aggiunge anche la quota di salario accessorio (i premi di produttività) che viene spostata sul salario fisso tabellare si arriva a ben 425 euro.
Se ne parla con dovizia di particolari in questo articolo sul Messaggero.it.

Se si riuscisse a firmare nel giro di pochi giorni si darebbe una soddisfazione al segretario generale Mauro Masi, che nel giro di pochi giorni se ne andrà per assumere un ben più impegnativo incarico (sta per diventare direttore generale della Rai). Ma le cose si sono un po' complicate. Se la Cisl sembra disposta a chiudere subito, i sindacati autonomi oppongono una maggiore resistenza. Così si racconta in questo secondo articolo.

giovedì 26 marzo 2009

Brunetta fa una cosa buona, ovvero: ogni tristo è bono 'na vorta

Non avendo mai fatto troppi complimenti al ministro Brunetta su questo sito, ci sentiamo autorizzati a segnalare una volta tanto una cosa abbastanza buona fatta in questi giorni. (A Roma c'è un detto che recita: "ogni tristo è bono 'na vorta". Oppure, se preferite, si può usare l'immagine dell'orologio rotto che dice l'ora giusta due volte al giorno).
Stiamo parlando dei cosiddetti emoticons, cioè il voto con le faccette che gli utenti potranno esprimere per far sapere come giudicano il trattamento ricevuto.

Sportelli murati. Ogni italiano ha conosciuto la frustrazione di mettersi in coda allo sportello, trovarsi di fronte un muro invalicabile di inefficienza e scortesia, e infine non sapere a chi rivolgersi per comunicare il proprio malcontento. Mettere a disposizione dei cittadini uno strumento per far sentire la propria voce è sicuramente un passo avanti. Naturalmente bisognerà vedere quanto questo strumento sarà diffuso e se sarà utilizzato in modo efficace. L'idea delle faccette tutto sommato è apprezzabile, semplifica il messaggio e lo rende comprensibile anche per gli utenti meno avveduti.

Tutto da solo. Insomma le intenzioni sembrano buone e l'iniziativa può essere elogiata. Magari si può obiettare qualcosa sul metodo seguito dal ministro. Come al solito, Brunetta ha fatto tutto da solo, senza coinvolgere nessuno. Soprattutto senza coinvolgere i sindacati, che pure avrebbero potuto dare il loro contributo. Fra l'altro, i primi a chiedere che il giudizio dei cittadini venisse preso in considerazione (anche per valutare il personale) sono stati proprio Cgil, Cisl e Uil, parecchio tempo fa. Tanto è vero che nell'ormai dimenticato Memorandum del pubblico impiego siglato dai sindacati e dal governo Prodi si prevedevano "indagini sulla percezione degli utenti".
Brunetta però ha sempre considerato una perdita di tempo ascoltare il parere di chi rappresenta i lavoratori. E su questo ci permettiamo di dire che sbaglia.

Per conoscere qualche dettaglio in più su come funzionano gli emoticons di Brunetta, ecco l'articolo pubblicato sul Messaggero.

di PIETRO PIOVANI

ROMA Sono contento: faccetta verde con la bocca piegata all’insù. Sono scontento: faccetta rossa con la bocca all’ingiù. Se poi sono così così, allora faccetta gialla e bocca a metà. Tecnicamente si chiamano emoticons, simboletti un po’ stupidini inventati per comunicare su internet, ma che ora possono rivelarsi utili per dare voce agli utenti dei servizi pubblici. Cioè praticamente a tutti gli italiani.
L’iniziativa si chiama “Mettiamoci la faccia”, e comincia a entrare in funzione in questi giorni. Chiunque si presenti allo sportello di un ufficio pubblico per fare una pratica, chiedere un documento, ottenere un servizio, ha la possibilità di far sapere come è stato trattato. E la stessa possibilità sarà offerta a chi usa i servizi on line o quelli telefonici. Così sarà possibile «monitorare la customer satisfaction», per usare l’astruso linguaggio molto in voga nella pubblica amministrazione. Detto più semplicemente, è un modo per misurare la soddisfazione dei cittadini, ascoltare il loro parere e capire cosa si può migliorare
Come votare. Negli uffici pubblici saranno installati dei “totem”, cioè delle colonnine con lo schermo e i tasti per scegliere la faccetta voluta. Oppure ci sarà uno schermo accanto a ciascuno sportello. Il ministro Renato Brunetta (che ieri ha presentato l’iniziativa alla stampa) assicura che non saranno possibili manipolazioni. Il giudizio potrà essere espresso una volta sola, e soltanto da chi ha appena ricevuto il servizio. Insomma non potrà mettere una faccetta il primo che passa per l’ufficio, e tantomeno potrà farlo un dipendente.
Internet e telefono. Anche quando si fa una pratica su internet si può scegliere un emoticon. Il voto si dà a operazione conclusa. Lo stesso succede per i servizi offerti via telefono: il giudizio viene espresso attraverso la tastiera e in forma anonima, cioè non potrà essere conosciuto dall’operatore con cui si è appena parlato.
Faccetta rossa. Se il giudizio è negativo, all’utente viene chiesto di spiegare il motivo: tempo di attesa troppo lungo, inefficienza dell’impiegato, eccetera.
L’uso dei risultati. I dati raccolti verranno usati dalle amministrazioni, per capire cosa non funziona e come migliorare il servizio. Serviranno poi a individuare gli uffici più efficienti e quelli meno, gli impiegati più meritevoli e quelli meno. «Serviranno anche a premiare i dipendenti», dice Brunetta.
Dove si vota. Nella prima fase sperimentale hanno aderito all’iniziativa alcune amministrazioni fra cui l’Inps (su internet, al telefono e negli sportelli di sette città), l’Enpals, l’Ipost, alcuni uffici postali, sette grandi comuni fra cui Roma e Milano.

martedì 24 marzo 2009

Secondo la Corte di giustizia Ue, sono le donne a discriminare gli uomini

Come già ho accennato in un precedente post, il dibattito sull'età pensionabile delle dipendenti pubbliche è viziato da una lunga serie di equivoci. Fra questi equivoci però ce n'è uno nato per ragioni abbastanza comprensibili: un'informazione è stata, diciamo così, travisata e rovesciata di segno perché appariva contraria a qualsiasi logica.

La Corte di giustizia europea. La necessità di elevare l'età della pensione femminile deriva, come si sa, da una sentenza della Corte di giustizia Ue. I giudici di Lussemburgo hanno decretato che il nostro sistema previdenziale è "discriminatorio". Cioè discrimina i sessi. Leggendo questa notizia, tutti in Italia hanno pensato che la Corte stesse censurando una discriminazione ai danni delle lavoratrici. Invece è l'opposto. La sentenza interviene per proteggere gli uomini: sono i dipendenti pubblici maschi ad essere discriminati.

La commissione di Brunetta. Il testo del pronunciamento europeo in verità non è così esplicito: la sentenza parla soltanto di "un regime discriminatorio contrario all'art. 141 del trattato della Comunità europea". Ma che l'interpretazione giusta sia quella di cui sopra lo si evince da un altro testo: il rapporto della commissione creata dal ministro Brunetta per studiare la parificazione dell'età pensionabile. In questo documento si spiega chiaramente che stiamo parlando di "disparità di trattamento ai danni degli uomini". E si aggiunge addirittura: "allo stato attuale, un dipendente pubblico di sesso maschile potrebbe adire il giudice nazionale per ottenere la concessione della pensione di vecchiaia a 60 anni, invocando la norma che prevede tale facoltà per le donne".

Quello che non si dice. Se così stanno le cose, allora tutta la discussione in corso sull'età pensionabile parte dalla rimozione di una premessa fondamentale: la riforma che si sta andando a fare ha come obiettivo il peggioramento delle condizioni lavorativo-previdenziali per le dipendenti pubbliche, perché questo di fatto ci chiede l'Europa. Parlare di "equiparazione" e di una riforma per "i diritti delle donne" penalizzate nelle loro prospettive professionali è del tutto fuorviante.
Il che non esclude che una riforma sia effettivamente necessaria. Ma un dibattito fondato sulle premesse sbagliate conduce con ogni probabilità alla soluzione sbagliata.

domenica 8 marzo 2009

Precari e amari

Anche se il decreto per adesso è sfumato, un provvedimento sui precari è sicuramente in arrivo. Il Parlamento dovrebbe approvare la legge nel giro di qualche mese. Se ne parla in questo articolo pubblicato dal Messaggero.
Viene spontaneo chiedersi: se già si sta approvando una legge, che bisogno c'era di fare un decreto? Una possibile spiegazione è la seguente: rispettando i normali iter parlamentari la legge verrebbe approvata in primavera, cioè sotto elezioni. Per evitare la spiacevole coincidenza, qualcuno nel governo potrebbe aver pensato di anticipare i tempi con un provvedimento d'urgenza.

Renato Brunetta, il più amato dagli italiani

Non si può dire che il governo di centrodestra non stia mantenendo le promesse, almeno nel pubblico impiego. Avevano accusato Prodi di concedere aumenti troppo generosi ai dipendenti pubblici, soprattutto con i contratti integrativi? Una volta arrivati al governo hanno concesso aumenti molto limitati sul salario fisso, e addirittura tagliato il salario accessorio. Avevano denunciato l'eccesso di potere di cui godevano Cgil Cisl e Uil? Ora hanno limitato le possibilità d'intervento del sindacato, sottraendo alla contrattazione molti aspetti normativi e salariali, e assumendo quasi tutte le decisioni in modo unilaterale. Avevano contestato la "stabilizzazione" dei precari programmata dal ministro Nicolais? Non solo la stabilizzazione non si farà più, ma una legge in via d'approvazione ordina di mandare a casa tutti i lavoratori atipici in servizio da più di tre anni.

Una poltrona che dà popolarità. Adottando questa politica, il ministro della Pubblica amministrazione è diventato l'esponente più apprezzato del governo, stando a quanto dicono i sondaggi. In verità tutti i suoi predecessori si erano guadagnati una certa popolarità negli anni passati. Chiunque sia passato per la Funzione pubblica è riuscito a farsi un nome, anche figure poco conosciute come Luigi Mazzella o Angelo Piazza hanno ottenuto consensi e spazi su giornali, altri come Sabino Cassese o Franco Bassanini sono diventati vere star, altri come Frattini sono partiti dall'incarico della Funzione pubblica per intraprendere una grande carriera politica.

Il caso Brunetta. Rispetto agli altri però Brunetta si distingue per almeno due motivi.
Primo - i predecessori di Brunetta si sono tutti presentati, chi più chi meno, come difensori del personale pubblico, in particolare quando si trattava di ottenere più soldi per i contratti; Brunetta invece ha interpretato il suo ruolo in modo opposto.
Secondo - se è vero che tutti i ministri della Funzione pubblica hanno goduto di una certa popolarità, è altrettanto vero che la percentuale di consensi ottenuta da Brunetta non ha precedenti per il titolare di un dicastero di secondo piano. E forse il merito va proprio a questo suo piglio da castigatore.

Cosa rende di più. Difendendo i dipendenti pubblici ci si può forse guadagnare la stima di 3 milioni di persone (e non è neanche detto). Invece prendendoli a frustate si ottiene l'applauso sicuro degli altri 57 milioni di italiani. Da un punto di vista elettorale, è evidente quale sia la scelta più conveniente.
Resta da vedere che cosa succederà quando, nel giro di qualche anno, il ministro dovrà cominciare a rispondere dei risultati ottenuti. Di fronte a un ufficio pubblico, un ospedale, un asilo comunale che non funziona, potrà ancora Brunetta cavarsela buttando la croce addosso ai fannulloni?

giovedì 5 marzo 2009

Donne in pensione a 65 anni: un'ingiustizia e un controsenso

Elevare l'età pensionabile per le sole donne è un'ingiustizia, perché già oggi nel pubblico impiego le donne sono costrette ad andare in pensione più tardi degli uomini. Ed è un controsenso, perché nello stesso momento tutte le amministrazioni stanno facendo piani di prepensionamento per i dipendenti più anziani.

Per leggere quello che nessuno dice a proposito di previdenza e dipendenti pubblici, ecco un articolo uscito sul Messaggero.it

martedì 24 febbraio 2009

Guerra (e pace) fra Cgil e Cisl

Sul Messaggero.it è uscito un articolo sulla battaglia in corso negli uffici pubblici fra i due maggiori sindacati.

A quanto scritto vale forse la pena di aggiungere che, mentre nelle amministrazioni Cisl e Cgil si combattono a colpi di volantini e di videocomunicati, nelle segreterie generali si sta lavorando per tentare di ricomporre la frattura (o almeno per fare finta di). I più impegnati nello sforzo di ricucitura sarebbero, a quanto pare, quelli del Partito democratico, che per evidenti motivi sono stati messi in forte difficoltà dalla spaccatura sindacale. Il neosegretario Dario Franceschini si è mosso in prima persona, incontrando riservatamente Bonanni. Per la Cgil fa da mediatore Paolo Nerozzi, che al tempo di Cofferati era il numero uno del pubblico impiego e adesso è diventato parlamentare del Pd.

domenica 15 febbraio 2009

Primi tagli ai contratti integrativi: all'Ambiente tolti 60 euro netti

Il taglio dei fondi per i contratti integrativi previsti dal decreto finanziario di Tremonti ha cominciato a far sentire i suoi effetti. Le prime (e per ora uniche) vittime sono i dipendenti del ministero dell'Ambiente. Nel frattempo il governo discute su come, dove e quando recuperare le risorse tagliate, visto che così ci si è impegnati a fare nell'accordo firmato con Cisl e Uil.

Di tutto questo si parla in un articolo pubblicato oggi su Il Messaggero.

Per rinfrescarsi la memoria, questa è la tabella con i tagli che subiscono le buste paga in virtù del decreto Tremonti. Per quasi tutte le amministrazioni la decurtazione avverrebbe nel 2010 o nel 2011. Per l'Ambiente invece il danno si può avvertire sin d'ora.

venerdì 13 febbraio 2009

Chi sciopera contro il contratto vuole meno soldi?

Oggi i dipendenti pubblici e i metalmeccanici della Cgil scioperano insieme. L'alleanza fra impiegati e operai ha colpito l'immaginazione di alcuni commentatori, anche se in effetti non si tratta di un fatto così clamoroso: tutte le volte che si fa uno sciopero generale le categorie più lontane si uniscono in piazza. Inoltre si potrebbero citare precedenti come un episodio avvenuto nel 2004 in un'assemblea dei delegati della Funzione pubblica Cisl, quando l'allora capo dei metalmeccanici Fim Giorgio Caprioli venne a Roma per proporre ai lavoratori della Funzione pubblica lo sciopero generale.

Forse per aiutare la Cgil a portare più gente in piazza, ieri Renato Brunetta ha fatto una delle sue dichiarazioni a effetto. Il ministro ha detto che se uno sciopera contro il contratto dovrebbe per coerenza rifiutare i 70 euro di aumento che quel contratto prevede. Ora, a parte il fatto che un lavoratore in sciopero già rinuncia a una giornata di stipendio, e con i tempi che corrono non è una deterrente da poco, si dovrebbe far notare al ministro che in genere chi protesta contro un contratto protesta perché giudica l'aumento troppo basso, non perché ha schifo dei soldi.

Esternazioni come questa forse faranno presa su alcuni elettori che non appartengono al mondo del pubblico impiego, ma certamente non favoriscono coloro che nelle amministrazioni hanno scelto la strada dell'accordo con il governo. Insomma non aiutano la Cisl e la Uil, i sindacati su cui invece Brunetta dovrebbe fare maggiore affidamento. Anzi li mettono in grande difficoltà.

P. S. Senza contare che, se anche un dipendente pubblico volesse rifiutare i 70 euro di aumento, non potrebbe farlo. L'amministrazione li mette in busta paga e non è prevista una procedura per restituirli al mittente. Al massimo si possono dare in beneficenza.

giovedì 12 febbraio 2009

I risultati del referendum Cgil

Com'è andato il referendum della Cgil? Mai come questa volta è difficile dire chi ha vinto e chi ha perso alle urne. Si può dare solo un'interpretazione del tutto personale dei numeri, basata per altro su dati parziali come sono quelli forniti dagli stessi organizzatori, che ovviamente nella vicenda sono parte in causa.

Dunque, stando a quanto riferisce la Cgil, il 94,6% dei votanti si sarebbero espressi contro l'accordo firmato da Cisl e Uil. Ma questa percenutale ha un valore poco indicativo. La vittoria dei no non è mai stata in discussione. Sebbene il segretario della Cgil-Funzione pubblica Carlo Podda avesse cercato di dare un significato reale al voto dicendo "in caso di vittoria dei sì, noi andremo subito a firmare il contratto", era evidente che a votare sarebbero andati soltanto i dipendenti contrari all'intesa da 70 euro. Gli altri sindacati hanno invitato a disertare il referendum, sommando così il numero dei loro sostenitori a quello degli astenuti.

Il dato realmente importante è quello che misura il numero dei voti contrari in rapporto non ai votanti, bensì al totale dei dipendenti. Ebbene, sempre a prendere per buoni i risultati che ha annunciato la Cgil, i no totali sarebbero 87 mila, pari a circa il 47% degli aventi diritto. Se così stessero davvero le cose, si potrebbe dire che il referendum è stato un discreto successo. I voti contro il contratto sarebbero il 68% in più di quelli che normalmente la Cgil raccoglie alle elezioni delle Rsu, e addirittura il triplo degli iscritti al sindacato di Podda ed Epifani. Inoltre il comunicato ufficiale degli organizzatori fa presente che 87 mila dipendenti contrari sono più di tutti gli iscritti che possono sommare la Cisl, la Uil, la Confsal e le altre sigle sindacali firmatarie dell'accordo.

Naturalmente su tutte queste valutazioni pesa l'incertezza di non potersi affidare alla verifica di un osservatore neutrale. In assenza di rilevazioni alternative, dobbiamo prendere per buone le cifre della Cgil.

Nel frattempo la Cisl sta andando avanti con la sua raccolta di firme. Nei prossimi giorni si avranno notizie e numeri da commentare, ma sin d'ora si può essere certi che gli uomini di Faverin e Bonanni annunceranno un'adesione ancora maggiore di quella comunicata dalla Cgil. Il che vorrebbe dire che qualcuno nelle amministrazioni ha contemporaneamente firmato in favore del contratto e votato contro il contratto. Oppure che i sindacati hanno truccato le loro cifre.

lunedì 9 febbraio 2009

Due giorni per dire sì o no al contratto

Oggi e domani sono aperti i seggi allestiti dalla Cgil per votare il referendum sul contratto 2008-2009. Per saperne di più, ecco un articolo sul Messaggero.it.

mercoledì 4 febbraio 2009

Agli statali 70 euro subito. Agli enti locali per ora niente, ma poi qualcosa in più

Il ministro Brunetta ha convocato una conferenza stampa per "importanti comunicazioni sul rinnovo del contratto statali". Quali erano queste importanti comunicazioni? Essenzialmente due:
1. L'aumento di 70 euro lordi entrerà nelle buste paga dal mese di febbraio. Veramente si sapeva già, ma quando si tratta di dare questo tipo di notizie i ministri non hanno mai paura di essere ripetitivi.
2. Per gli enti locali e la sanità l'aumento invece ancora non arriva, ma la colpa - ci tiene a sottolineare Brunetta - non è del ministro. La colpa è di regioni, province e comuni, che hanno scelto di aspettare la firma del contratto prima di erogare gli aumenti, sebbene una norma di legge consentirebbe alle amministrazioni di farlo sin d'ora.

Sul primo punto si sofferma un articolo pubblicato oggi dal Messaggero. Quanto al secondo punto, quello che riguarda i lavoratori degli enti locali, vale la pena di aggiungere qualche osservazione in più.

Mentre nei comparti dello Stato centrale (ministeri, scuola, agenzie fiscali, enti parastatali) il contratto è stato firmato ed è ormai in vigore o sta per esserlo, nelle amministrazioni locali i tempi sono ancora lunghi. Questo dipende dal fatto che la Ragioneria generale ha finora fornito un parere negativo sulla bozza di accordo che dovrebbe essere siglata. In queste condizioni - dicono comuni, province e regioni - noi non possiamo pagare gli aumenti, non possiamo erogare soldi finché non otteniamo una copertura dalla Ragioneria. Brunetta ribatte che invece possono farlo, anzi lo ha scritto in una lettera indirizzata ai rappresentanti dei sindaci (il fiorentino Domenici), dei presidenti di regione (l'emiliano-romagnolo Errani), dei presidenti di provincia (il reatino Melilli). Lettera che si può leggere in fondo a questo post.

Ma perché la Ragioneria si oppone ai contratti di enti locali e sanità? Il fatto è che gli enti locali indentono concedere ai loro dipendenti qualcosa in più di quanto il governo ha previsto per gli statali. Qualche euro di aumento in più, e qualche garanzia normativa in più (per esempio si dovrebbero limitare le trattenute sui giorni di malattia). La Ragioneria considera però illegittime questo tipo di migliorie: una norma di legge del 2002 vieterebbe le disparità di trattamento fra i vari comparti della pubblica amministrazione.

E' chiaro che prima o poi la situazione si dovrà in qualche modo sbloccare. Sembra difficile che gli enti locali rinuncino alla loro intenzione di venire incontro alle richieste sindacali. L'aggiunta di qualche concessione è oltretutto indispensabile per ottenere la firma anche della Cgil, che finora non ha firmato i contratti nazionali dello Stato. Per gli amministratori locali (che sono in buona parte di centrosinistra) l'unità sindacale è fondamentale: come potrebbe un sindaco del Pd fare uno sgarbo del genere alla Cgil?

Se così stanno le cose, sembra inevitabile che alla fine i dipendenti di comuni, province, regioni e asl otterranno un contratto leggermente migliore rispetto ai loro colleghi statali. Per il momento non stanno vedendo neanche un euro di aumento, ma fra qualche mese forse potranno dire che a loro è andata meglio. Peraltro non si può escludere che in questa o quella amministrazione si decida di erogare almeno un anticipo: la legge di Brunetta consente a sindaci e presidenti di scegliere autonomamente se pagare o no.

Ecco dunque la lettera di Brunetta indirizzata al presidente dell'Anci (comuni), a quello dell'Upi (province) e a quello della Conferenza dei presidenti di regione.

"Ti scrivo in merito ai rinnovi contrattuali per il personale dipendente delle amministrazioni pubbliche, relativi al biennio in corso 2008 - 2009.
Come sai, negli ultimi mesi sono stati sottoscritti dall'ARAN e dalle organizzazioni sindacali rappresentative quasi tutti i contratti collettivi per il personale del settore Stato, riguardanti il predetto biennio economico; ciò consentirà di attribuire sollecitamente, non appena ultimate le procedure previste, i benefici economici spettanti.
Per i rinnovi contrattuali della Sanità, le relative procedure di contrattazione collettiva, invece, sono in una fase del tutto iniziale, considerato che sono stati da poco inviati all'ARAN i relativi atti di indirizzo; inoltre, per i rinnovi contrattuali del personale delle Regioni e delle Autonomie locali, a tutt'oggi non risultano ancora varati i necessari atti di indirizzo.
Rilevato quanto sopra, mi sembra utile, da parte mia, evidenziarti che la legge finanziaria per il 2009 (l. 22 dicembre 2008, n. 203), all'articolo 2, comma 35, con disposizioni applicabili a tutto il personale pubblico, ivi compreso anche il personale dipendente delle amministrazioni regionali e locali nonché del Servizio sanitario nazionale, prevede la possibilità di erogare direttamente le somme spettanti, sentite le organizzazioni sindacali e salvo conguaglio all'atto della stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Pertanto, al fine di evitare prevedibili disallineamenti conseguenti ai tempi necessari per i rinnovi contrattuali e nell'ottica di assicurare quanto prima a tutti i dipendenti pubblici i benefici economici del biennio, Ti segnalo l'opportunità, ferme restando le valutazioni e le determinazioni nell'ambito delle proprie autonome competenze, di utilizzare le citate disposizioni della legge finanziaria per il 2009".
Renato Brunetta

martedì 3 febbraio 2009

Stiamo per tornare

Chiedo scusa ai lettori di PUBBLICO DOMINIO per il lungo silenzio. Ancora qualche ora di pazienza e torneremo ad aggiornare il blog con nuovi post.

martedì 6 gennaio 2009

Ma il contratto degli enti pubblici è valido oppure no?

Fino a un mesetto fa, tutti erano convinti che il contratto degli enti pubblici non potesse essere firmato senza la Cgil. Fra quei tutti c'erano anche il presidente dell'Aran Massimo Massella e il ministro Brunetta, i quali a metà novembre in una conferenza stampa ammettevano: in uno o due comparti del pubblico impiego, senza la Cgil potrebbe non esserci il 51% di rappresentatività.
La legge sulla rappresentatività stabilisce che un accordo è valido soltanto se i sindacati che lo firmano rappresentano il 51% dei dipendenti, percentuale che si calcola facendo la media fra il numero di tessere e i voti raccolti da ciascuna sigla alle elezioni per i rappresentanti sindacali. In teoria il calcolo doveva essere una cosa semplice, perché la matematica non è un'opinione. In pratica, la norma ha aperto un dilemma interpretativo su cui si stanno esercitando da mesi squadre di giuristi, magistrati e avvocati.

La questione è la seguente: quando si dice 51 per cento che cosa si intende per "cento"? La percentuale va calcolata sul totale delle tessere e dei voti validi? Oppure il "cento per cento" è la somma dei voti e delle tessere messi insieme dai soli sindacati ammessi al tavolo? Insomma, i consensi ottenuti dalle sigle che non hanno raggiunto il quorum vanno inclusi nel conteggio o vanno scartati?

La legge infatti prevede che alle trattative possa partecipare solo chi ha una rappresentatività minima del 5%. Negli enti pubblici le sigle al di sopra del quorum sono soltanto cinque. Se il conto si limita a quelle cinque, è chiaro che la firma di Cisl e Uil basta e avanza a garantire il 51%. Se invece si comprendono anche tutti quei sindacati che non hanno i requisiti per entrare nelle trattative, allora Cisl e Uil non sono sufficienti a raggiungere la metà di deleghe e voti.

Quest'ultima interpretazione era sembrata inizialmente quella più sensata, almeno a una prima lettura del testo della legge. Poi però è successo un fatto nuovo. Il ministro Brunetta ha chiesto un parere ufficiale al Consiglio di Stato. E i magistrati del Consiglio di Stato hanno detto che la legge va interpretata nell'altro modo. Quindi la Cgil non serve più. Ecco perché è stato possibile firmare il contratto prima di Natale, come abbiamo già raccontato.

Ma a quanto pare la diatriba non si è ancora del tutto esaurita. La Cgil ha annunciato che presenterà ricorso: "Il contratto - si legge in un comunicato - è stato sottoscritto da Cisl e Uil senza l'adesione del 51% delle organizzazioni sindacali, fatto di una gravità politica inaudita, peraltro illegittimo dal punto di vista normativo, e che certamente troverà seguito in una nostra azione legale". Pare che gli avvocati della Cgil siano abbastanza sicuri di vincere la causa. Vedremo su quali argomenti punteranno.

In ogni caso, nella prossima busta paga gli aumenti previsti dal contratto dovrebbero già esserci a prescindere da eventuali ricorsi e dalla validità del contratto. Così prevede un articolo della legge Finanziaria approvato dal Parlamento per volontà di Brunetta. Ma insieme all'aumento, in quella stessa busta paga i dipendenti di Inps, Inail, Inpdap, Aci e degli altri enti rischiano di trovare anche una brutta sorpresa. Ne parleremo a tempo debito.