giovedì 30 ottobre 2008

Video-battaglia fra sindacati. E a Piazza del Popolo la Cisl Funzione pubblica non c'è

Cisl e Cgil sono in piena guerra multimediale. Dopo il video di Carlo Podda, di cui abbiamo già parlato, anche il suo ormai rivale Giovanni Faverin (prossimo successore di Rino Tarelli) ha inviato un messaggio alla nazione. Si può vedere, oltre che sul sito della Fps-Cisl, anche su Youtube.
Ma non è finita qui, perché sul sito della Cgil è comparso un nuovo video di Podda, questa volta intitolato "Perché non abbiamo sospeso lo sciopero prima dell'incontro con il governo del 30 ottobre".

L'incontro con il governo è in corso proprio in questo momento. A meno di clamorose sorprese, al termine della riunione la Cisl revocherà lo sciopero. E con ogni probabilità anche la Uil.

Nel frattempo oltre un terzo dei dipendenti pubblici Cisl e Uil, cioè quelli della scuola, scioperano e scendono in piazza. Stamattina c'è stata la manifestazione nazionale a Roma. Nella folla di Piazza del Popolo spiccava l'assenza della Cisl-Funzione pubblica. In compenso c'erano i metalmeccanici. Stranezze che accadono di questi tempi.

domenica 26 ottobre 2008

La guerra è guerra: comincia la competizione fra Cgil e Cisl

Per anni nel pubblico impiego Cgil e Cisl sono andate d'amore e d'accordo. Anche i rispettivi segretari di categoria (Carlo Podda e Rino Tarelli) venivano spesso considerati come una cosa sola, magari anche per la loro somiglianza fisica. All'Aran, al Dipartimento Funzione pubblica, al Tesoro, venivano in genere nominati in coppia: Podda e Tarelli, Tarelli e Podda.

Adesso, dopo la rottura sindacale che si è consumata nei giorni scorsi, la coppia si è sciolta. Cgil e Cisl hanno preso due strade diverse, la prima ha respinto la proposta del ministro Brunetta, la seconda l'ha accolta, e a questo punto fra le due sigle rischia di aprirsi una competizione durissima, per contendersi voti e tessere. Un primo assaggio di quello che potrebbe accadere lo stiamo avendo sin d'ora, su internet.

Sul sito della Fp-Cgil è stato caricato un video in cui Carlo Podda spiega le ragioni del suo sindacato. Podda parla agli iscritti della Cgil, ma poi si rivolge anche "alle lavoratrici e ai lavoratori non iscritti alla Cgil", ovvero ai militanti di quelle "nostre organizzazioni sorelle, io continuo a chiamarle così, la Cisl e la Uil del pubblico impiego, che hanno voluto aderire a questa intesa per motivi che io non riesco materialmente a comprendere". E poi continua chiedendo a quelli della Cgil, "di fare uno sforzo insieme con tutte le lavoratrici e i lavoratori, anche con quelli iscritti alla Cisl e alla Uil, per dire no a questo accordo. Partecipate alle assemblee, informate i lavoratori: le tv e i mezzi di informazione di massa ufficiali non lo faranno. Partecipate agli scioperi che saranno comunque fatti".
Un messaggio che ricorda vagamente il proclama dell'8 settembre 1943 ("...le forze italiane reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza").

Quando quelli della Cisl hanno visto questo video, si sono arrabbiati parecchio. Non tanto Tarelli, che negli ultimi giorni sembra essersi messo un po' in disparte (ormai si aspetta solo l'ufficializzazione del suo nuovo incarico), quanto il suo imminente successore Faverin. Il quale ha inviato una prima risposta mettendo a sua volta in rete un documento intitolato "La Cisl a testa alta", e anche un volantino con gli slogan "Non ci spaventano le critiche. Non ci spaventano le denigrazioni. Non ci spaventano gli attacchi gratuiti".
E anche in questo caso il pensiero va al Maresciallo Badoglio: il nuovo nemico non viene nominato, ma a buon intenditor...

La guerra è guerra. I lavoratori di altre categorie ci sono abituati. Nei metalmeccanici, per fare un esempio, il conflitto fra Cgil e Cisl è una pratica quotidiana. I dipendenti pubblici però fino a oggi non conoscevano questo genere di asprezze fra "organizzazioni sorelle". Forse d'ora in poi dovranno farci il callo.

A meno che...

A meno che non arrivi qualcuno a salvare l'unità sindacale del pubblico impiego. E questo qualcuno può essere una persona sola: Giulio Tremonti. Ne parleremo nei prossimi giorni.

sabato 25 ottobre 2008

Il ministero precisa: il documento c'è ancora e non è cambiato

L'ufficio stampa del Dipartimento Funzione pubblica mi ha fatto presente che la bozza di protocollo d'intesa proposta ai sindacati è ancora visibile sul sito internet. Come avevamo già scritto nel post precedente, il testo non è più visibile sulla home page (adesso si trova fra le notizie d'archivio). Ma questo - spiega l'ufficio stampa - non dipende da una censura o da un ripensamento, bensì dal naturale scorrere delle notizie, che in genere rimangono nella pagina iniziale del sito soltanto per un giorno.

Inoltre viene confermato che il testo visibile ora sulla home page non è il testo di un nuovo protocollo, ma una sintesi del documento redatta a uso dei giornalisti e dei cittadini interessati.

venerdì 24 ottobre 2008

Cucù, il protocollo del governo non c'è più. Però c'è quello Brunetta

Sono giornate complicate per il ministro Brunetta, per i sindacati, per tutti. Nella concitazione succedono cose strane. Per esempio accade che il Dipartimento della Funzione pubblica prima pubblichi sul suo sito il testo del documento proposto dal governo ai sindacati (quello che noi abbiamo già linkato nel precedente post); poi, durante la giornata di oggi, questo documento sparisca dalla home page dello stesso sito, e ne compaia un altro intitolato "Protocollo del ministro Brunetta". Quale sarà quello buono?

Non è chiaro se questo secondo testo sia una nuova versione del documento, oppure se si tratti di una sua sintesi redatta dall'ufficio stampa. Sta di fatto che in quelle righe si trovano alcune piccole ma sostanziali novità. Per esempio, a proposito dei fondi speciali per gli integrativi (quelli tolti al ministero della Salute, a quello dell'Economia, all'Inps, alle agenzie fiscali, eccetera). Ora si legge che il governo si impegna per un recupero "integrale" delle risorse, cosa che il primo documento non diceva.
Quanto al taglio del 10% per tutti i fondi di amministrazione, si fornisce un'inedita indicazione delle risorse che il governo pensa di recuperare: 220 milioni.

Hanno vinto Brunetta e Sacconi, l'unità sindacale non c'è più. E finisce un'epoca

Ieri è stata una giornata storica. Per la prima volta da quando nel pubblico impiego esiste la contrattazione, Cgil Cisl e Uil hanno preso strade diverse. Di fronte alla nuova proposta del governo, la Cisl ha deciso di dire sì, la Cgil ha scelto di dire no, la Uil ha preferito dire una cosa che ancora non si è capita bene ma che ha occhio e croce, pare, forse, probabilmente sarebbe un ni. L'unità sindacale è finita. I ministri Brunetta e Sacconi hanno conseguito una prima vittoria (la spaccatura del fronte confederale) e forse conseguiranno anche la seconda (la firma dei nuovi contratti nazionali).

In estrema sintesi, i contenuti di questo accordo si possono riassumere così: riguardo ai fondi per la contrattazione integrativa, il governo si impegna a rivedere il taglio fin qui previsto; riguardo ai contratti nazionali, i sindacati (quelli che firmano) danno un sostanziale via libera agli aumenti offerti dal governo, cioè 60 euro lordi sul salario tabellare e 10 euro lordi sul salario variabile. Nei prossimi giorni proveremo a dare una valutazione oggettiva del documento (che intanto potete leggere qui). E cercheremo di capire se le diverse posizioni assunte dai tre sindacati siano motivate solo dalla ricerca degli interessi dei lavoratori o anche da interferenze politiche. Perché, comunque la si pensi, è chiaro che la trattativa a questo punto ha assunto un significato politico che rischia di prescindere dalle buste paga dei lavoratori.

C'è anche un'altra cosa che speriamo di fare nei prossimi giorni. Come qualcuno saprà, di recente le riunioni sindacali sono state investite da una clamorosa e inedita ventata di trasparenza. I resoconti delle sedute stilati dall'Aran sono stati pubblicati su internet, e addirittura l'incontro del 14 ottobre è stato filmato dalle telecamere e diffuso dalla Fp-Cgil (chi vuole divertirsi lo trova qui). Ebbene, siamo molto curiosi di vedere come sono andate le cose nella lunga e confusa giornata di trattative che si è svolta ieri, prima all'Aran e poi con Brunetta nella sede della Funzione pubblica.

martedì 21 ottobre 2008

I falsi Brunetta (e quello vero)

Sta ottenendo un grande successo l'imitazione di Brunetta che ha fatto Crozza su La7. In effetti merita.
Mi pare invece meno divertente l'imitazione radiofonica di un certo Sergio Sironi su R101.
Infine, non è un'imitazione, ma pura realtà, il Brunetta intervistato a Matrix che parla del mancato Nobel.

domenica 19 ottobre 2008

Fulvio Ferrazzano, segretario dello Snaprecom

Il segretario dello Snaprecom Fulvio Ferrazzano ha inviato un commento al mio post sulla Presidenza del Consiglio. Nel suo testo mi dedica alcune gentilezze sulle quali non vorrei soffermarmi troppo. Vorrei invece rispondere ad alcune affermazioni di merito: lo farò nelle prossime ore aggiungendo un mio commento in coda al suo.

Brunetta fa audience

Ancora una volta mi trovo a scrivere di Renato Brunetta, e confesso di non poterne più. Non passa giornata senza che ci si trovi a riportare una dichiarazione del ministro, una notizia che riguarda il ministro, una polemica innescata dal ministro. Abbiamo alle spalle appena cinque mesi di governo, e sembra passata un'eternità.

Tuttavia devo personalmente ringraziare il professor Brunetta. Da quando c'è lui, questo blog ha aumentato il numero di lettori. Su Google vanno fortissimo le ricerche con le parole "Brunetta", "assenteismo", "dipendenti pubblici".
Il pubblico impiego è diventato un argomento che tira, e tutti i giornali se ne sono accorti. Soprattutto i siti internet, dove l'interesse riscosso da una notizia è immediatamente misurabile con il conteggio dei clic.

A questo proposito è molto interessante una visita al sito web del Messaggero. L'edizione on line del quotidiano mostra tutti i giorni la classifica dei dieci articoli più letti del giorno, e gli articoli su Brunetta o sugli statali saltano sempre ai primi posti. Inoltre il sito presenta la classifica dei più letti della settimana. Se la scorriamo oggi, vediamo che nella settimana appena trascorsa fra i dieci articoli di maggior successo ce ne sono cinque dedicati al pubblico impiego.

Quando qualcuno gli ha rimproverato di andare troppo in televisione, Brunetta ha risposto: "Faccio audience, mi invitano". Premesso che gli inviti si possono sempre rifiutare, bisogna riconoscere che ha detto una cosa vera.

Ma siccome a PUBBLICO DOMINIO dell'audience gliene importa poco, nei prossimi giorni cercheremo di non nominare il ministro Brunetta. Ci proveremo, ma sarà dura. Di questi tempi, chiedere a un dipendente pubblico di non pensare a Brunetta è come chiedere a un eschimese di non pensare al freddo.

Le voci che girano su Brunetta, su Bonanni, sui tagli alla produttività e sulla stampa

Pur preferendo raccontare le notizie sicure e verificabili, ogni tanto vale la pena di soffermarsi anche sulle voci.

Per esempio, gira voce che presto il governo potrebbe fare qualche concessione economica ai dipendenti pubblici. Non sui contratti nazionali, bensì sui fondi per i premi di produttività. I tagli previsti dalla manovra potrebbero essere parzialmente reintegrati, forse con un emendamento alla Finanziaria da presentare nei prossimi giorni in Parlamento.

Sempre secondo certe voci, il parziale ripensamento del governo sarebbe il frutto delle pressioni che la Cisl sta facendo sul ministro Sacconi. Ma anche il Giulio Tremonti pare che abbia aperto un canale di dialogo con i sindacati.

Le voci dicono che i sindacati stanno puntando su questi ministri per aggirare l'ostacolo Brunetta. In particolare sempra che i rapporti fra Brunetta e Raffaele Bonanni siano molto peggiorati. Dopo tante aperture di credito e tante dichiarazioni concilianti, il segretario della Cisl negli ultimi tempi ha assunto un atteggiamento molto più energico nei confronti del ministro (questa non è una voce, è un fatto). Qualcuno dice che Bonanni si sia reso conto di non poter sostenere la linea del dialogo e della trattativa di fronte ai suoi iscritti del pubblico impiego, i quali sono sempre più scontenti per le misure del governo in materia di personale. Qualcun altro pensa invece che il vero motivo di divisione siano i tagli alle deleghe sindacali (che per un sindacato significano soldi e forza lavoro) voluti dal ministro. Qualcun altro ancora pensa che Bonanni abbia deciso di tenere duro da una parte (il pubblico impiego) per poter mollare da un'altra (la trattativa sulla riforma dei contratti nazionali, dove la Cisl è su posizioni ormai distanti dalla Cgil); in altre parole, Bonanni avrebbe scelto di andare allo scontro con Brunetta e allo stesso tempo di andare all'accordo con Sacconi.

Un'altra voce che gira, è che la carta stampata dopo tanti elogi potrebbe diventare improvvisamente critica nei confronti del ministro Brunetta.

Saranno vere queste voci? Non lo so, sono voci, e io non sono in grado di confermarle né di smentirle. Ma sono sicuro che per saperne di più basterà avere qualche giorno o qualche settimana di pazienza.

martedì 14 ottobre 2008

La canna da pesca di Brunetta: il badge fa da esca e i giornalisti abboccano

I giornalisti sono come pesci che abboccano all'amo. Ma a differenza dei pesci, quando si trovano un amo infilzato nella gola godono come pazzi.
Ieri il ministro Brunetta ha lanciato la sua lenza a Palazzo Chigi, all'ingresso principale della Presidenza del Consiglio. Ha invitato la stampa per celebrare la solenne inaugurazione dei tornelli, si è messo in posa davanti ai fotografi esibendo agli obiettivi il suo badge, ha fatto il segno della vittoria con la mano, ha annunciato l'apertura di "una nuova stagione" per il pubblico impiego italiano.

La grande maggioranza dei lettori/telespettatori italiani avrà pensato: "Finalmente anche negli uffici pubblici si mettono i varchi elettronici, finalmente si controlleranno le entrate e le uscite degli statali, finalmente quei fannulloni la smetteranno di andare a fare la spesa invece di lavorare". Qualcuno avrebbe dovuto spiegare che in realtà i tornelli esistono da tanti anni in quasi tutta la pubblica amministrazione italiana. Che Palazzo Chigi era semmai una (ingiustificabile) eccezione, e che questa novità presentata in pompa magna dal ministro interessa solo qualche centinaio di persone, più qualche altro centinaio che lavora nelle altre sedi della Presidenza sparse per Roma. Mentre per gli altri centinaia di migliaia di statali il badge esiste già da una vita.
Sarebbe stato anche il caso di spiegare che l'attivazione dei tornelli non basta a garantire un reale controllo delle presenze, come hanno testimoniato in passato le tante inchieste televisive sugli impiegati che arrivano, "strisciano" per finta e poi se ne vanno a parcheggiare l'auto o per andare a passeggio.
Infine, sarebbe stato giusto forse ricordare che il nuovo sistema di varchi elettronici installato alla Presidenza è anche il frutto del lavoro lasciato in eredità dal governo Prodi.

Tutte queste cose sarebbe stato bene raccontare, per spiegare correttamente agli italiani quello che succede. Ma i giornalisti se ne sono dimenticati. In compenso sono andati nei bar intorno a Palazzo Chigi per chiedere ai baristi se si attendono un calo d'affari. I baristi ovviamente hanno risposto: "Non cambierà niente".

Appunto. Sembra sempre che cambi chissà che cosa, invece non cambia niente. Su questo tema segnalo un articolo messo in rete da ilmessaggero.it

sabato 11 ottobre 2008

Sempre a proposito di Presidenza: e il contratto?

Quelle venti righe sui tornelli a Palazzo Chigi pubblicate dal Messaggero di ieri non hanno provocato la reazione solo dello Snaprecom (di cui al precedente post). Anche un altro sindacato autonomo si è rivolto a me, in questo caso inviandomi una lettera (fra l'altro molto educata). Il sindacato è la Flp, la lettera è quella che riporto di seguito:

Gentile dr. Piovani,
ho letto il suo articolo pubblicato sul Messaggero di oggi 10 ottobre, pag. 51 relativo ai tornelli a Palazzo Chigi.
Nello stesso si afferma che lo Snaprecom ha fatto una lotta contro i tornelli in PCM. Sicuramente lo Snaprecom è il primo sindacato della PCM (è presente solo in PCM), chi scrive è segretario Nazionale della FLP - Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche, federazione maggiormente rappresentativa in vari comparti, compresa la PCM dove è il secondo sindacato autonomo con una percentuale di rappresentatività superiore a CGIL e UIL.
Ma precisazioni a parte in allegato troverà delle note con le quali abbiamo dichiarato lo stato di agitazione del personale della PCM e il successivo ricorso allo sciopero poiché non viene rinnovato ai lavoratori della PCM il contratto di lavoro da 35 MESI, INFATTI I LAVORATORI DELLA PRESIDENZA SONO GLI UNICI DIPENDENTI PUBBLICI A NON AVER AVUTO IL RINNOVO DEL CONTRATTO - GLI UNICI.
Credo che anche questa notizia meriti pubblicità.
con viva cordialità
Lauro Crispino


Il signor Crispino ha ragione. Il mancato rinnovo del contratto alla Presidenza del Consiglio è un fatto che meriterebbe maggiore pubblicità. Mi permetto però di aggiungere una considerazione personale. Come già scrissi in un vecchio post, se i dipendenti della Presidenza del Consiglio si trovano in questa situazione, dipende anche dal fatto che hanno voluto separarsi dal contratto dei ministeri. Se non ci fosse stata la scissione, oggi avrebbero il loro contratto rinnovato come tutti i loro colleghi ministeriali. Invece hanno scelto di mettersi in proprio, convinti che così avrebbero ricevuto chissà quale trattamento privilegiato. La loro ambizione è quella di far riconoscere alla Presidenza lo status di "organo costituzionale", e ottenere così stipendi in linea con quelli dei vicini di casa di Montecitorio.

Ambizione legittima? Può darsi. Per adesso però l'unico risultato raggiunto è stato quello di non vedere neanche uno straccio di aumento a tre anni dalla scadenza del contratto.
Un tempo si diceva: "L'unione fa la forza". Nella Bibbia c'è scritto che "due sono meglio di uno, perché se uno cade l'altro lo aiuta a rialzarsi". Oggi l'unità sindacale non è più di moda, e si tende a pensare che sia più facile difendere i propri interessi isolandosi in un comparto-nicchia, organizzandosi in sindacati autonomi, o magari affidandosi soltanto alle trattative individuali lavoratore-dirigente.
Ma io domando: sono più forti i 2 mila dipendenti della Presidenza, o un milione e 200 mila lavoratori della Scuola? E la voce di uno Snaprecom o di un Sipre riuscirà mai a farsi sentire come quella di Cgil, Cisl e Uil, con i loro milioni di iscritti?

Palazzo Chigi, i tornelli, e i comunicati della Snaprecom

Da lunedì alla Presidenza del Consiglio saranno messi in funzione i tornelli e gli strumenti per la registrazione elettronica degli ingressi. La novità era stata decisa e avviata dal governo Prodi poco prima di lasciare Palazzo Chigi, ora il governo Berlusconi la porta a compimento.
Sulla notizia ho scritto un articolo sul Messaggero di ieri. Oggi però ho ricevuto una telefonata dal segretario dello Snaprecom, il sindacato più rappresentativo alla Presidenza. (Non ne riporto il nome non per cattiveria, ma perché non me lo ricordo: non ho fatto in tempo ad appuntarmelo, e non posso chiederlo all'interessato perché non mi ha voluto lasciare il numero di telefono).

Nell'articolo ho raccontato come in passato lo Snaprecom avesse contestato duramente la decisione di riattivare i controlli sulle presenze. A quella protesta avevo anche dedicato un altro articolo sul Messaggero del 4 maggio scorso, riferendomi in particolare a un volantino distribuito da quel sindacato.

Ora però lo Snaprecom contesta i miei resoconti, accusandomi di aver travisato il significato del loro documento. A quanto pare, loro non erano affatto contrari all'utilizzo dei tornelli. Sono andato a rileggermi il volantino. In tutta onestà, non mi sembra di aver capito male: in quella pagina ho ritrovato un lungo e pesante atto d'accusa contro il comportamento dell'allora segretario generale Carlo Malinconico. Il testo si concludeva con una sorta di richiamo alla battaglia: "Cari colleghi, nel caso in specie, invitarvi alla semplice meditazione forse non basta: bisogna fare qualcosa di più…"

Ma ovviamente potrei sbagliarmi. Se qualcuno fosse interessato a capire chi ha ragione può andarsi a leggere il comunicato originale dello Snaprecom. Inoltre resto a disposizione dei sindacalisti della Presidenza per raccogliere le loro critiche e le loro osservazioni. Per i motivi che ho già spiegato, non posso chiamarli io. Sono costretto ad attendere una nuova telefonata. Ma può andare benissimo anche un'email.

martedì 7 ottobre 2008

Per la produttività soltanto 7 euro lordi al mese. Forse anche meno

A gennaio il governo vuole mettere già gli aumenti nelle buste paga dei dipendenti pubblici, anche se non ci sarà ancora un contratto firmato. Per farlo utilizzerà i soldi già stanziati dalla Finanziaria, o meglio il 90% delle risorse disponibili.
La notizia è già abbondantemente nota, ma vi siete mai chiesti perché il 90%?
Il motivo è semplice. Questo anticipo di aumento finirà interamente nel salario tabellare, cioè la quota fissa dello stipendio. Se si fosse usato il 100% delle risorse, non ci sarebbe stato più neanche un euro da destinare al salario variabile, cioè alla produttività. (A meno che il governo non decidesse di aggiungere altri soldi al suo stanziamento, cosa che finora Tremonti e Brunetta hanno sempre escluso).

Se così stanno le cose, si può concludere che il governo intende destinare alla produttività il restante 10% di risorse. Cioè circa 7euro lordi a testa.

Di tutto questo parla un articolo del Messaggero pubblicato lunedì scorso. Qui però vorrei aggiungere qualche chiarimento e qualche osservazione supplementare.

1) Qualche lettore ha pensato che i 7 euro di cui sopra fossero al giorno o all'ora. Non è possibile - hanno detto - che si pensi a una cifra così bassa. Ovviamente non è così, si tratta di una somma lorda mensile.

2) Va però precisato che questi soldi non sono l'intero premio di produttività concesso ai dipendenti, bensì sono l'aumento previsto dall'anno prossimo per rivalutare i premi già esistenti. Inoltre si tratta di un aumento medio, e nel caso del salario variabile le medie aritmetiche sono una pura astrazione: trattandosi di soldi che per definizione non vanno distribuiti a tutti nella stessa misura, ci sarà chi prenderà zero e chi invece avrà otto o nove o quattordici euro o anche di più(parliamo sempre di aumenti).

3) Per valutare correttamente quello che succederà l'anno prossimo ai premi di produttività, bisogna ricordare che a fianco di questa rivalutazione di 7 euro, la manovra finanziaria del governo ha previsto una forte decurtazione dei fondi per i contratti integrativi. Il saldo fra le due operazioni sarà decisamente negativo. In altre parole, il salario di produttività l'anno prossimo sarà fortemente ridotto rispetto a quest'anno.

4) E' vero che - come ricorda spesso il ministro Brunetta - la manovra ipotizza una successiva integrazione delle risorse, attingendo in particolare ai risparmi di gestione. Ma sull'entità di questa ipotetica integrazione si possono nutrire molti dubbi: con l'aria che tira, di risparmi sulle spese di funzionamento se ne prevedono ben pochi.

5) Allo stesso tempo, non è affatto scontato che questi famosi 7 euro di aumento vadano tutti sul salario variabile. Bisogna vedere come andrà la trattativa con i sindacati. L'apertura di una trattativa per i nuovi contratti è ancora lontanissima, ma di una cosa si può essere assolutamente certi: i sindacati non vorranno più mettere neanche un centesimo sui premi di produttività. E' la naturale conseguenza della Finanziaria tremontiana. Il taglio ai fondi di amministrazione lascia una cicatrice indelebile. D'ora in poi i lavoratori non avranno alcuna convenienza ad accettare l'uso delle risorse per finanziare la produttività.

lunedì 6 ottobre 2008

Qualche retroscena a proposito di Domenica In, della Cgil e della Cisl

Sempre a proposito di "Domenica In". Quando i sindacati hanno ricevuto l'invito a partecipare alla trasmissione, si sono posti la domanda che tutti si pongono in questi casi: è meglio andare o non andare? La risposta non è mai facile. Se si sceglie di partecipare, si rischia di farsi coinvolgere in un umiliante alterco dove tutti fanno una brutta figura. Se si sceglie di non partecipare, si rinuncia ad esprimere il proprio punto di vista, e spesso il conduttore si vendica avvisando il pubblico: "noi li abbiamo avvisati, ma loro hanno preferito non presentarsi".
Alcuni scelgono di non andare. Guglielmo Epifani, per esempio, ha sempre detto no a Porta a Porta, come Vespa non manca mai di sottolineare.

Domenica scorsa invece i rappresentanti di categoria di Cgil e Cisl hanno deciso di andare. Ma è stata una decisione sofferta. Prima di dire sì, Carlo Podda ha anche chiesto un parere a un esperto di comunicazione. Il consulente ha spiegato a Podda che "Domenica In" viene visto mediamente da 3-4 milioni di telespettatori, in maggioranza elettori di centrodestra quindi presumibilmente non simpatizzanti della Cgil. Scegliendo di partecipare al programma, Podda avrebbe avuto poco da perdere: avrebbe parlato soprattutto a persone che non aderiscono al suo sindacato, quindi se anche le cose fossero andate male non avrebbe potuto perdere consensi.

Anche la Cisl ha scelto di accettare l'invito. Ma, a sorpresa, non ha mandato il segretario di categoria Rino Tarelli. E' stato Tarelli stesso a farsi da parte, preferendo lasciare il posto al suo segretario aggiunto Giovanni Faverin.
E' stato quasi un passaggio di testimone. Fra non molto tempo Tarelli lascerà il suo incarico. E il suo successore sarà proprio Faverin.

Così Podda e Faverin sono arrivati negli studi della Rai. Si è accesa la lucetta rossa sulla telecamera e il dibattito è cominciato. E qui i due validi sindacalisti hanno scoperto, con loro grande sorpresa, come funzionano queste discussioni da talk-show-nazional-popolare. Gli spettatori a casa non lo sanno, ma in realtà il programma segue un copione prestabilito. Ci sono degli autori che hanno scritto in precedenza non solo le domande, ma anche le risposte! Alle spalle della telecamera scorre un "gobbo", cioè un cartellone luminoso che suggerisce tutte le battute al conduttore e ai suoi ospiti. (Il sospetto in effetti poteva venire anche al telespettatore che sta a casa: come avrebbe fatto altrimenti Giletti ad azzeccare quasi tutti i nomi dei suoi ospiti?)
Insomma Giletti, la Zanicchi e tutti gli altri l'altro giorno stavano leggendo un copione. Praticamente recitavano. Le risposte dei sindacalisti invece erano realmente improvvisate.

L'ultima cosa curiosa è successa fuori onda, a dibattito finito. Terminata la lite in diretta, Vittorio Sgarbi è stato visto avvicinarsi a Carlo Podda con grande cordialità. Ha provato a scherzare e ha chiesto pure un numero di telefono. Quelli della Cgil saranno anche tanto cattivi, ma un rapporto con il sindacato può sempre fare comodo.

Il pubblico impiego nell'analisi di Alba Parietti e Iva Zanicchi

Questa ci mancava. Ieri chi ha avuto la disgrazia di passare la domenica davanti alla tv si è beccato un angosciante dibattito televisivo sul tema "quei fannulloni dei dipendenti pubblici". I raffinati analisti chiamati ad esaminare il tema erano nientemeno che: Alba Parietti, Iva Zanicchi, Vittorio Sgarbi, Michele Cucuzza e Paolo Villaggio (in quanto Fantozzi). Moderatore Massimo Giletti, che però ha moderato per modo di dire, anzi il più accanito accusatore dei lavoratori pubblici è sembrato proprio lui. Non poteva mancare il ministro Brunetta, che però si è guardato bene dallo scendere nell'arena: ha invece risposto alle incalzanti (sempre si fa per dire) domande di Giletti in un'intervista registrata. In studio c'erano invece due sindacalisti - Carlo Podda della Cgil e Giovanni Faverin della Cisl - chiamati a portare la voce dei dipendenti, ma la loro voce si è potuta sentire poco, coperta dalle urla e dalla furia degli interlocutori.

Il più concitato di tutti era un signore in mezzo al pubblico che in realtà non era uno spettatore né una comparsa: era Klaus Davi, uno che di mestiere non si è mai capito bene cosa faccia ma che comunque gestisce un'agenzia di marketing, vende ricerche di mercato e consulenze d'immagine, partecipa a una settantina di programmi televisivi e scrive pure su una decina di giornali. A Domenica In è un ospite fisso.
Davi, che evidentemente si era preparato e aveva studiato bene la materia, ha ripetuto più volte il seguente argomento: "Il personale pubblico in Italia costa 46 miliardi più che in Germania!" Il dato è privo di fondamento, naturalmente. La spesa per il personale pubblico tedesco supera quella italiana di circa 4 miliardi.
(Semmai Davi avrebbe potuto segnalare che la spesa per il pubblico impiego in rapporto al Pil è molto più bassa in Germania che in Italia; ma sarebbe stato un concetto troppo sofisticato per il pubblico della Domenica pomeriggio).
E' facile immaginare come l'opinionista abbia potuto cadere nell'errore: probabilmente non ha confrontato i costi dell'intera pubblica amministrazione, ma solo quelli dei rispettivi Stati centrali. Se il confronto si fa così, la Germania - che è un paese federale - risulta quasi priva di dipendenti pubblici: il 90% del personale lavora negli enti locali.

Come sempre succede con questi dibattiti da salotto televisivo, alla fine rimane l'eco di un grande frastuono privo di significato. Mezzora di parole che nella testa del telespettatore non lasciano neanche una minima traccia di informazione, soltanto una sensazione di disgusto.

Per il dipendente pubblico che ha assistito alla scena, l'unica consolazione è che prima o poi tutto questo passerà. In Italia tutto passa prima o poi. L'inedita luce mediatica che ha investito il pubblico impiego negli ultimi mesi si smorzerà, e le amministrazioni torneranno ad essere protette dalla solita cappa oscura forse noiosa, forse avvilente, ma sempre meglio di questo pericoloso delirio collettivo.

mercoledì 1 ottobre 2008

Brunetta ci ripensa: torna (per adesso) la stabilizzazione

La norma sui precari presentata da Brunetta è già stata corretta. Personalmente, ero pronto ad accettare scommesse: quell'emendamento presentato dal governo e voluto quasi solo dal ministro della Pubblica amministrazione non avrebbe mai superato le forche caudine del dibattito parlamentare. Avrebbe votato no tutta l'opposizione e sicuramente anche un pezzo di maggioranza.

Per evitare catastrofi, Brunetta ha accettato di emendare l'emendamento. Sarà lui stesso a presentare la nuova formulazione. In un articolo sul Messaggero ho spiegato (più o meno) cosa dirà la nuova norma.

Forse vale la pena di sottolineare che il nuovo emendamento salverà molti dei precari in attesa di stabilizzazione, ma non tutti. Resteranno fuori tutti quelli che non hanno mai superato un concorso pubblico, bensì una selezione di altra natura. E resteranno fuori quelli che, pur avendo tutti i requisiti, non otterranno l'assunzione entro il 2011. A meno che nel frattempo non cambi un'altra volta la legge.