Ricevo tante email da dipendenti pubblici che protestano perché il loro contratto nazionale non è stato ancora rinnovato. "I nostri stipendi sono fermi, voi giornalisti dovete dirlo!" Hanno ragione, non è possibile che nel 2008 si debbano ancora aspettare gli aumenti del 2006-2007.
C'è però un aspetto che non viene mai sottolineato. Molti di coloro che si lamentano lavorano in un piccolo comparto: la Presidenza del Consiglio, i conservatori, le Camere di commercio. Al che, sorge spontanea la domanda: ma non vi conveniva stare in un comparto più grande?
I dipendenti della Presidenza, per esempio, se non si fossero separati dagli altri ministeriali avrebbero avuto già da tempo i loro aumenti con tutti gli arretrati. Hanno preferito andarsene per conto loro, sperando di ottenere così un trattamento economico di favore. Qualche vantaggio forse lo avranno pure, ma per adesso si vedono soprattutto i danni.
Un discorso simile si può fare per le agenzie fiscali, il cui contratto in questi giorni si è impantanato all'Aran. Oppure per i conservatori e le accademie, che sarebbero in procinto di incassare i loro aumenti se non fossero scorporati dal contratto della scuola.
Per rivalutare gli stipendi di tutti dipendenti pubblici bisogna scrivere, firmare e far approvare ben 33 accordi nazionali: i comparti sono 11, più 8 aree dirigenziali, più i 7 enti ex articolo 70 (Enea, Enac, Asi, Cassa depositi e prestiti, Unioncamere, Cnel, Coni), ciascuno diviso fra impiegati e dirigenti.
Si arriva addirittura al paradosso di un contratto nazionale che riguarda appena 8 persone, tanti sono i dirigenti del Cnel.
Fra le semplificazioni burocratiche di cui tanto si parla, forse varrebbe la pena di semplificare anche il sistema dei contratti. I primi a guadagnarci sarebbero i lavoratori pubblici.
giovedì 7 febbraio 2008
Un contratto non si nega a nessuno
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