venerdì 27 marzo 2009

Presidenza del Consiglio, per il contratto ci siamo quasi.

Dopo tre anni e mezzo di attesa, la trattativa per il rinnovo del contratto alla Presidenza del Consiglio è quasi in conclusione. La cifra in discussione sarà di 125 euro lordi medi al mese, ma se si aggiunge anche la quota di salario accessorio (i premi di produttività) che viene spostata sul salario fisso tabellare si arriva a ben 425 euro.
Se ne parla con dovizia di particolari in questo articolo sul Messaggero.it.

Se si riuscisse a firmare nel giro di pochi giorni si darebbe una soddisfazione al segretario generale Mauro Masi, che nel giro di pochi giorni se ne andrà per assumere un ben più impegnativo incarico (sta per diventare direttore generale della Rai). Ma le cose si sono un po' complicate. Se la Cisl sembra disposta a chiudere subito, i sindacati autonomi oppongono una maggiore resistenza. Così si racconta in questo secondo articolo.

giovedì 26 marzo 2009

Brunetta fa una cosa buona, ovvero: ogni tristo è bono 'na vorta

Non avendo mai fatto troppi complimenti al ministro Brunetta su questo sito, ci sentiamo autorizzati a segnalare una volta tanto una cosa abbastanza buona fatta in questi giorni. (A Roma c'è un detto che recita: "ogni tristo è bono 'na vorta". Oppure, se preferite, si può usare l'immagine dell'orologio rotto che dice l'ora giusta due volte al giorno).
Stiamo parlando dei cosiddetti emoticons, cioè il voto con le faccette che gli utenti potranno esprimere per far sapere come giudicano il trattamento ricevuto.

Sportelli murati. Ogni italiano ha conosciuto la frustrazione di mettersi in coda allo sportello, trovarsi di fronte un muro invalicabile di inefficienza e scortesia, e infine non sapere a chi rivolgersi per comunicare il proprio malcontento. Mettere a disposizione dei cittadini uno strumento per far sentire la propria voce è sicuramente un passo avanti. Naturalmente bisognerà vedere quanto questo strumento sarà diffuso e se sarà utilizzato in modo efficace. L'idea delle faccette tutto sommato è apprezzabile, semplifica il messaggio e lo rende comprensibile anche per gli utenti meno avveduti.

Tutto da solo. Insomma le intenzioni sembrano buone e l'iniziativa può essere elogiata. Magari si può obiettare qualcosa sul metodo seguito dal ministro. Come al solito, Brunetta ha fatto tutto da solo, senza coinvolgere nessuno. Soprattutto senza coinvolgere i sindacati, che pure avrebbero potuto dare il loro contributo. Fra l'altro, i primi a chiedere che il giudizio dei cittadini venisse preso in considerazione (anche per valutare il personale) sono stati proprio Cgil, Cisl e Uil, parecchio tempo fa. Tanto è vero che nell'ormai dimenticato Memorandum del pubblico impiego siglato dai sindacati e dal governo Prodi si prevedevano "indagini sulla percezione degli utenti".
Brunetta però ha sempre considerato una perdita di tempo ascoltare il parere di chi rappresenta i lavoratori. E su questo ci permettiamo di dire che sbaglia.

Per conoscere qualche dettaglio in più su come funzionano gli emoticons di Brunetta, ecco l'articolo pubblicato sul Messaggero.

di PIETRO PIOVANI

ROMA Sono contento: faccetta verde con la bocca piegata all’insù. Sono scontento: faccetta rossa con la bocca all’ingiù. Se poi sono così così, allora faccetta gialla e bocca a metà. Tecnicamente si chiamano emoticons, simboletti un po’ stupidini inventati per comunicare su internet, ma che ora possono rivelarsi utili per dare voce agli utenti dei servizi pubblici. Cioè praticamente a tutti gli italiani.
L’iniziativa si chiama “Mettiamoci la faccia”, e comincia a entrare in funzione in questi giorni. Chiunque si presenti allo sportello di un ufficio pubblico per fare una pratica, chiedere un documento, ottenere un servizio, ha la possibilità di far sapere come è stato trattato. E la stessa possibilità sarà offerta a chi usa i servizi on line o quelli telefonici. Così sarà possibile «monitorare la customer satisfaction», per usare l’astruso linguaggio molto in voga nella pubblica amministrazione. Detto più semplicemente, è un modo per misurare la soddisfazione dei cittadini, ascoltare il loro parere e capire cosa si può migliorare
Come votare. Negli uffici pubblici saranno installati dei “totem”, cioè delle colonnine con lo schermo e i tasti per scegliere la faccetta voluta. Oppure ci sarà uno schermo accanto a ciascuno sportello. Il ministro Renato Brunetta (che ieri ha presentato l’iniziativa alla stampa) assicura che non saranno possibili manipolazioni. Il giudizio potrà essere espresso una volta sola, e soltanto da chi ha appena ricevuto il servizio. Insomma non potrà mettere una faccetta il primo che passa per l’ufficio, e tantomeno potrà farlo un dipendente.
Internet e telefono. Anche quando si fa una pratica su internet si può scegliere un emoticon. Il voto si dà a operazione conclusa. Lo stesso succede per i servizi offerti via telefono: il giudizio viene espresso attraverso la tastiera e in forma anonima, cioè non potrà essere conosciuto dall’operatore con cui si è appena parlato.
Faccetta rossa. Se il giudizio è negativo, all’utente viene chiesto di spiegare il motivo: tempo di attesa troppo lungo, inefficienza dell’impiegato, eccetera.
L’uso dei risultati. I dati raccolti verranno usati dalle amministrazioni, per capire cosa non funziona e come migliorare il servizio. Serviranno poi a individuare gli uffici più efficienti e quelli meno, gli impiegati più meritevoli e quelli meno. «Serviranno anche a premiare i dipendenti», dice Brunetta.
Dove si vota. Nella prima fase sperimentale hanno aderito all’iniziativa alcune amministrazioni fra cui l’Inps (su internet, al telefono e negli sportelli di sette città), l’Enpals, l’Ipost, alcuni uffici postali, sette grandi comuni fra cui Roma e Milano.

martedì 24 marzo 2009

Secondo la Corte di giustizia Ue, sono le donne a discriminare gli uomini

Come già ho accennato in un precedente post, il dibattito sull'età pensionabile delle dipendenti pubbliche è viziato da una lunga serie di equivoci. Fra questi equivoci però ce n'è uno nato per ragioni abbastanza comprensibili: un'informazione è stata, diciamo così, travisata e rovesciata di segno perché appariva contraria a qualsiasi logica.

La Corte di giustizia europea. La necessità di elevare l'età della pensione femminile deriva, come si sa, da una sentenza della Corte di giustizia Ue. I giudici di Lussemburgo hanno decretato che il nostro sistema previdenziale è "discriminatorio". Cioè discrimina i sessi. Leggendo questa notizia, tutti in Italia hanno pensato che la Corte stesse censurando una discriminazione ai danni delle lavoratrici. Invece è l'opposto. La sentenza interviene per proteggere gli uomini: sono i dipendenti pubblici maschi ad essere discriminati.

La commissione di Brunetta. Il testo del pronunciamento europeo in verità non è così esplicito: la sentenza parla soltanto di "un regime discriminatorio contrario all'art. 141 del trattato della Comunità europea". Ma che l'interpretazione giusta sia quella di cui sopra lo si evince da un altro testo: il rapporto della commissione creata dal ministro Brunetta per studiare la parificazione dell'età pensionabile. In questo documento si spiega chiaramente che stiamo parlando di "disparità di trattamento ai danni degli uomini". E si aggiunge addirittura: "allo stato attuale, un dipendente pubblico di sesso maschile potrebbe adire il giudice nazionale per ottenere la concessione della pensione di vecchiaia a 60 anni, invocando la norma che prevede tale facoltà per le donne".

Quello che non si dice. Se così stanno le cose, allora tutta la discussione in corso sull'età pensionabile parte dalla rimozione di una premessa fondamentale: la riforma che si sta andando a fare ha come obiettivo il peggioramento delle condizioni lavorativo-previdenziali per le dipendenti pubbliche, perché questo di fatto ci chiede l'Europa. Parlare di "equiparazione" e di una riforma per "i diritti delle donne" penalizzate nelle loro prospettive professionali è del tutto fuorviante.
Il che non esclude che una riforma sia effettivamente necessaria. Ma un dibattito fondato sulle premesse sbagliate conduce con ogni probabilità alla soluzione sbagliata.

domenica 8 marzo 2009

Precari e amari

Anche se il decreto per adesso è sfumato, un provvedimento sui precari è sicuramente in arrivo. Il Parlamento dovrebbe approvare la legge nel giro di qualche mese. Se ne parla in questo articolo pubblicato dal Messaggero.
Viene spontaneo chiedersi: se già si sta approvando una legge, che bisogno c'era di fare un decreto? Una possibile spiegazione è la seguente: rispettando i normali iter parlamentari la legge verrebbe approvata in primavera, cioè sotto elezioni. Per evitare la spiacevole coincidenza, qualcuno nel governo potrebbe aver pensato di anticipare i tempi con un provvedimento d'urgenza.

Renato Brunetta, il più amato dagli italiani

Non si può dire che il governo di centrodestra non stia mantenendo le promesse, almeno nel pubblico impiego. Avevano accusato Prodi di concedere aumenti troppo generosi ai dipendenti pubblici, soprattutto con i contratti integrativi? Una volta arrivati al governo hanno concesso aumenti molto limitati sul salario fisso, e addirittura tagliato il salario accessorio. Avevano denunciato l'eccesso di potere di cui godevano Cgil Cisl e Uil? Ora hanno limitato le possibilità d'intervento del sindacato, sottraendo alla contrattazione molti aspetti normativi e salariali, e assumendo quasi tutte le decisioni in modo unilaterale. Avevano contestato la "stabilizzazione" dei precari programmata dal ministro Nicolais? Non solo la stabilizzazione non si farà più, ma una legge in via d'approvazione ordina di mandare a casa tutti i lavoratori atipici in servizio da più di tre anni.

Una poltrona che dà popolarità. Adottando questa politica, il ministro della Pubblica amministrazione è diventato l'esponente più apprezzato del governo, stando a quanto dicono i sondaggi. In verità tutti i suoi predecessori si erano guadagnati una certa popolarità negli anni passati. Chiunque sia passato per la Funzione pubblica è riuscito a farsi un nome, anche figure poco conosciute come Luigi Mazzella o Angelo Piazza hanno ottenuto consensi e spazi su giornali, altri come Sabino Cassese o Franco Bassanini sono diventati vere star, altri come Frattini sono partiti dall'incarico della Funzione pubblica per intraprendere una grande carriera politica.

Il caso Brunetta. Rispetto agli altri però Brunetta si distingue per almeno due motivi.
Primo - i predecessori di Brunetta si sono tutti presentati, chi più chi meno, come difensori del personale pubblico, in particolare quando si trattava di ottenere più soldi per i contratti; Brunetta invece ha interpretato il suo ruolo in modo opposto.
Secondo - se è vero che tutti i ministri della Funzione pubblica hanno goduto di una certa popolarità, è altrettanto vero che la percentuale di consensi ottenuta da Brunetta non ha precedenti per il titolare di un dicastero di secondo piano. E forse il merito va proprio a questo suo piglio da castigatore.

Cosa rende di più. Difendendo i dipendenti pubblici ci si può forse guadagnare la stima di 3 milioni di persone (e non è neanche detto). Invece prendendoli a frustate si ottiene l'applauso sicuro degli altri 57 milioni di italiani. Da un punto di vista elettorale, è evidente quale sia la scelta più conveniente.
Resta da vedere che cosa succederà quando, nel giro di qualche anno, il ministro dovrà cominciare a rispondere dei risultati ottenuti. Di fronte a un ufficio pubblico, un ospedale, un asilo comunale che non funziona, potrà ancora Brunetta cavarsela buttando la croce addosso ai fannulloni?

giovedì 5 marzo 2009

Donne in pensione a 65 anni: un'ingiustizia e un controsenso

Elevare l'età pensionabile per le sole donne è un'ingiustizia, perché già oggi nel pubblico impiego le donne sono costrette ad andare in pensione più tardi degli uomini. Ed è un controsenso, perché nello stesso momento tutte le amministrazioni stanno facendo piani di prepensionamento per i dipendenti più anziani.

Per leggere quello che nessuno dice a proposito di previdenza e dipendenti pubblici, ecco un articolo uscito sul Messaggero.it