venerdì 15 agosto 2008

Buon Ferragosto

Anche PUBBLICO DOMINIO va in vacanza. Appuntamento a settembre per il prossimo post.

Non date a Brunetta quel che è di Moretti

L'avevamo detto nell'ultimo post: Renato Brunetta è l'unico santo che fa guarire pure quelli che non ha curato. L'altra volta si raccontava dei dipendenti delle Poste, che non sono dipendenti pubblici ma che nell'immaginario collettivo (e in quello giornalistico) fanno tutt'uno con i ministeriali o gli impiegati comunali. Adesso assistiamo all'altro classico equivoco: i lavoratori delle Ferrovie scambiati per statali. La società Trenitalia becca un suo dipendente mentre sta timbrando al posto di sette colleghi assenti, e li licenzia tutti e otto? Ovviamente anche questo viene catalogato come "Effetto Brunetta".
Eppure la società in questione è una spa su cui il ministro della Pubblica amministrazione non ha alcun potere... Non fa niente, non perdiamoci in sottogliezze, è l'Effetto Brunetta punto e basta.

Si obietterà: Brunetta ha comunque il merito di aver contribuito a cambiare il clima nel paese, di aver imposto un problema all'attenzione dell'opinione pubblica, di aver costretto tutti a essere più seri. Verissimo, e questo probabilmente spiega la diminuzione delle assenze per malattia nel pubblico impiego. Ma con le Ferrovie non c'entra niente.
Soprattutto perché le Ferrovie avevano cominciato ad essere più severe verso i loro dipendenti infedeli da molto prima che arrivasse il nuovo ministro. Perlomeno da quando sulla poltrona di amministratore delegato siede Mauro Moretti.
Martedì scorso un interessante articolo del Messaggero spiegava che gli otto licenziamenti dell'altro giorno sono solo gli ultimi di una lunga serie. In dodici mesi Moretti ha già mandato a casa 35 dipendenti, per motivi in fondo neanche tanto gravi, e ha cominciato quando il governo Berlusconi non era neppure all'orizzonte.
Arrivando alla guida del gruppo, il dirigente ha deciso di affermare il massimo rigore etico in un'azienda che in passato non si è sempre distinta per disciplina ed efficienza.

Ricordo a chi se lo fosse dimenticato che Moretti è un ex sindacalista della Cgil, e che a nominarlo è stato il governo Prodi. In televisione si vede poco, quasi nessun italiano sa della sua esistenza. Perciò se le Ferrovie licenziano, la gente pensa che sia stato Brunetta.

lunedì 11 agosto 2008

Dipendenti pubblici e dipendenti delle Poste non sono la stessa cosa

Venerdì scorso è uscita sul Messaggero un'intervista al segretario della Cisl Funzione pubblica Rino Tarelli.
Il tema è il solito: le assenze per malattia.

Secondo Tarelli, in questo momento il sindacato - più ancora che protestare - deve informare: l'opinione pubblica non sa che cosa accade davvero nelle amministrazioni, e forse anche per questo i dipendenti pubblici sono così impopolari. Forse anche per questo (uso qui una frase di Tarelli che non sono riuscito a far entrare nel testo dell'intervista) "oggi in Italia chiunque insulti i dipendenti pubblici raccoglie applausi".

Il sindacalista della Cisl sente il bisogno di una "operazione verità". E fa un esempio di disinformazione molto diffusa: "Oggi la gente telefona alla radio per inveire contro i dipendenti pubblici, poi scopri che sono arrabbiati perché sono stati maltrattati all’ufficio postale. Quanti italiani sanno che le Poste non fanno più parte della pubblica amministrazione?"

In effetti, bastava scorrere un po' i giornali dello stesso venerdì per capire al volo quanto sia diffuso l'equivoco. Da una parte si trovava un servizio sui fannulloni ripresi con una telecamera e messi alla berlina su Youtube, il tutto messo in relazione con il solito "effetto Brunetta". Entrambi i casi raccontati nell'articolo si riferivano in realtà a dipendenti di Poste Italiane: un impiegato dell'ufficio postale filmato mentre dorme sul luogo di lavoro; un portalettere che fa una deviazione dal suo tragitto per portare a casa la spesa (pensa un po' che fannullone!).
In un altro articolo di giornale si celebrava l'effetto Brunetta a Trieste (e soprattutto l'effetto Procura della Repubblica, che in quella città pare abbia aperto diverse inchieste sugli assenteisti). Ovviamente, qual era il caso di assenteismo che aveva destato più clamore nel capoluogo friulano? Quello di una postina che si dava malata e intanto disputava gare di corsa podistica.

Sarebbe molto interessante fare un'indagine sulle assenze per malattia fra i dipendenti di Poste Italiane. Le Poste sono una società per azioni, quindi non sono state investite in alcun modo dalle recenti misure contro l'assenteismo adottate dal governo. Eppure, vuoi vedere che negli ultimi mesi l'effetto Brunetta si è fatto sentire anche là?
(Se così fosse, se ne potrebbe trarre qualche interessante teoria. Potremmo riparlarne nei prossimi giorni).

venerdì 8 agosto 2008

Gli aumenti inesistenti, ovvero: vi spiego che succede nelle redazioni dei giornali

Titolo in prima pagina sulla Repubblica di mercoledì: "Finanziaria, aumenti in vista per gli statali". Titolo in prima pagina sulla Repubblica di giovedì: "Finanziaria, statali in rivolta sui tagli". Anche gli altri giornali hanno fatto all'incirca la stessa cosa, anche se con meno risalto. Caro statale che leggi ogni giorno il tuo quotidiano, stai tranquillo, non sei impazzito tu: sono impazziti i giornalisti.

Possibile che si dicano due cose opposte a distanza di 24 ore? Sì, è possibile.
La notizia del secondo giorno (cioè i tagli) è giusta. Quella del giorno prima (cioè gli aumenti "in vista") è sbagliata. E lo si poteva capire leggendo, oltre ai titoli, anche gli articoli.
Martedì scorso il ministro Tremonti ha presentato la prima bozza di Finanziaria e - come aveva promesso - ha ricalcato pari pari le cifre già indicate nel suo decreto approvato dal Parlamento proprio martedì. Nel decreto c'erano 2,9 miliardi (di cui 200 milioni di incerta copertura), nella Finanziaria si ritrovano gli stessi 2,9 miliardi. Le risorse sono sempre quelle, stanno scritte lì da due mesi, e con queste risorse i sindacati hanno detto che la trattativa per gli aumenti non può neanche cominciare, tanto più che per un'altra voce dello stipendio (il salario accessorio) il governo ha tagliato i fondi e quindi le buste paga non solo non aumenteranno ma addirittura arretreranno. Dunque non c'è stata nessuna novità, non c'è nessun aumento "in vista".

Lo statale che legge sempre con attenzione il suo quotidiano a questo punto si sarà chiesto: ma perché è stato fatto un titolo così privo di senso, visto che il giornalista autore dell'articolo sapeva benissimo come stavano le cose? Per fare un favore al governo? La risposta andrebbe bene se quell'errore lo avessero fatto solo i giornali filogovernativi; ma perché pure La Repubblica? Provo a spiegarvelo. Non so se ci riuscirò.

In casi come questo, quando tutti i giornali scrivono la stessa cosa e per di più sbagliata, dietro c'è quasi sempre un lancio d'agenzia. In tutte le redazioni italiane i giornalisti vedono scorrere sullo schermo del loro computer i titoli delle agenzie di stampa (Ansa, Agi, Adnkronos, eccetera). Questi titoli determinano l'80 per cento, forse il 90 per cento dell'informazione che poi troviamo sui telegiornali e sui quotidiani.

Per capire bene come funziona il meccanismo, torniamo al nostro caso. L'altra sera, verso le otto di sera (ora strategica per la chiusura dei quotidiani) esce un titolo dell'Ansa: "Finanziaria, ci sono gli aumenti per gli statali". Un cronista dell'agenzia si era procurato in anteprima il testo presentato da Tremonti; ovviamente in quella bozza ha trovato soltanto cose vecchie, già scritte nel decreto (proprio come aveva promesso Tremonti). A quel punto, non sapendo che titolo fare, o magari non ricordandosi che i 2,9 miliardi erano già abbondantemente previsti, ha intitolato il suo lancio sui presunti aumenti per gli statali. La frittata era fatta.

Una volta uscito il titolo d'agenzia, nelle redazioni dei quotidiani i giornalisti esperti di Finanziaria hanno forse provato a spiegare ai loro caporedattori che quella notizia non aveva senso. Ma nessuno li ha ascoltati. Quando il meccanismo si mette in moto non c'è modo di fermarlo.
Il lavoro dei giornalisti è ormai un grande gioco di ruolo. Tutti leggono le agenzie, e tutti sanno che nelle altre redazioni si stanno leggendo le stesse agenzie. Lo scopo del proprio lavoro non è più quello di capire cosa succede nel mondo e spiegarlo ai lettori, bensì quello di non mancare le notizie che hanno gli altri. La mattina dopo, di fronte ai propri direttori, solo questo conterà: non avere "preso il buco", come si dice nell'approssimativo gergo redazionale.

Un lettore non potrà mai immaginare quanta energia si impieghi per cercare di tappare tutte le falle, tutti i "buchi". Squadre di redattori, capiservizio, capiredattori, vicedirettori, passano la loro vita lavorativa davanti ai siti internet di Repubblica e del Corriere, addirittura davanti al televideo (il televideo!), per cercare di capire come si stanno regolando in quello stesso momento gli altri. Io caporedattore, guardo il Tg1 delle 20, e so che contemporaneamente lo stanno guardando anche tutti gli altri caporedattori italiani, e mi aspetto che loro si faranno influenzare dalle scelte di Riotta, e allora mi faccio influenzare anche io così sto più tranquillo. Il giornalismo diventa una assurda partita a poker, dove lo scopo del gioco è avere in mano tutti le stesse carte.

Caro statale che leggi ogni giorno il tuo quotidiano, ora tu mi chiederai: come ci si può difendere? Cosa bisogna fare per essere realmente informati su quello che succede? Non bisogna più leggere i quotidiani?
No, non credo che sia quella la soluzione. Se sbatto allo spigolo di un mobile mentre la luce è accesa, non miglioro le cose spegnendo la lampada.
L'unico consiglio che posso dare è di leggere sempre con molta circospezione. Prendere con le molle tutto quello che c'è scritto, esercitare il proprio spirito critico, leggere gli articoli fino all'ultima riga, e anche fra una riga e l'altra. Soprattutto non fidarsi mai dei titoli.

domenica 3 agosto 2008

Parliamo di vignette, di siti web e anche un po' di politica

Questa storia delle vignette su Brunetta pubblicate sul sito internet della Funzione pubblica è diventata un caso nazionale. Io l'avevo accennata in un post, e il giorno dopo me la sono ritrovata su Repubblica e Corriere della sera. Dopo di che sono arrivate anche le dichiarazioni di politici e sindacalisti.

Sulle vignette in realtà la Cgil aveva già preso posizione il 30 luglio, con un comunicato firmato Lorenzo Mazzoli. Ma l'iniziativa di scrivere una lettera ai giornali e al Quirinale pare che sia partita dal sindacato autonomo Rdb-Cub. Così almeno sostengono loro stessi sul loro sito, e non c'è motivo per non credergli.

I giornali che ne hanno parlato (in particolare la Repubblica) dicono di aver ricevuto centinaia di lettere contro Brunetta e le sue vignette. La cosa mi sembra strana, perché alla redazione del Messaggero tutte queste lettere non risultano essere arrivate. I casi sono due: o gli altri giornali esagerano, oppure chi aderisce a Rdb non legge il Messaggero (o perlomeno non gli scrive). Ma potrebbero anche essere vere tutte e due le cose.

Come dicevo già ieri, l'idea di chiamare in causa il capo dello Stato per qualche fumetto poco spiritoso mi sembra decisamente esagerata. Vorrei però cogliere l'occasione per segnalare un'altra questione finora trascurata. Vignette a parte, l'uso che i ministri fanno dei siti istituzionali è sempre corretto? Secondo me no.

E' un vizio tipicamente italiano quello di confondere l'istituzione con la persona che la occupa temporaneamente. Il sito internet di un ministero dovrebbe servire a dare informazioni utili ai cittadini, non a promuovere l'immagine di un ministro. Invece ci siamo abituati a vedere gli spazi web delle amministrazioni trasformati in vetrina per il politico: le fotografie del ministro; le interviste del ministro, sia quelle in video che quelle sui giornali; i convegni a cui ha partecipato il ministro; la rassegna stampa, ma solo con gli articoli che parlano bene, quelli che parlano male si eliminano.

Succedeva già con i governi precedenti, con questo le cose sono persino peggiorate. Chi frequenta il sito del Tesoro avrà notato da qualche settimana a questa parte una clamorosa metamorfosi. Prima era un luogo austero, impersonale, pieno di cifre e di norme legislative. Adesso apri la home page e ti trovi di fronte il busto di Giulio Tremonti scontornato, che ti guarda negli occhi e sembra volerti dire: questa è casa mia. Sotto alla foto, un titolone di giornale dedicato al padrone di casa (se lo aprite adesso, per esempio, trovate una bella "Intervista del ministro Tremonti a Libero: l'Italia riparte con i conti in riga").

Gli addetti alla comunicazione dei ministeri hanno comunque un'attenuante. Viviamo in un'epoca in cui nessuno si preoccupa più di distinguere l'informazione dalla pubblicità. Se non lo fanno i giornalisti, perché dovrebbero farlo i portavoce?

P. S. Ancora a proposito delle vignette su Brunetta, mi pare che nessuno abbia notato la cosa forse più importante: non fanno ridere.

venerdì 1 agosto 2008

La fiaccolata al Colosseo

C'è chi critica questo blog perché non ci sono immagini. E va bene, per una volta metterò un'immagine. E' una foto della fiaccolata che i dipendenti pubblici romani hanno organizzato lunedì scorso sotto al Colosseo.
Vale la pena di inserirla (anche se in ritardo) perché dimostra che alla manifestazione ha partecipato davvero tanta gente.

Il karaoke di Brunetta e le vignette sui dipendenti pubblici

Qualcuno la prende con spirito. Fioriscono le battute sul ministro Brunetta, le vignette, gli slogan più o meno spiritosi. Su Youtube c'è anche un "Brunetta Karaoke" che segnalo a chi ancora non lo conoscesse.

Qualcun altro la prende sul serio. Il signor Gabriele Ferrandino si è molto arrabbiato perché sul sito ufficiale del Dipartimento Funzione pubblica vengono riprese ed evidenziate alcune vignette a suo giudizio offensive per i dipendenti pubblici. Si è talmente arrabbiato, da annunciare addirittura una denuncia al presidente della Repubblica. Sinceramente trovo l'iniziativa un po' esagerata, ma chi vuole approfondire le argomentazioni del signor Ferrandino può trovarle sul sito del Messaggero.it, fra i commenti a un articolo di Luca Cifoni. Articolo di cui peraltro consiglio la lettura.

Ancora sul ministero della Salute

A proposito del precedente post sui fondi di amministrazione.
Mi è stato fatto notare che al ministero della Salute l'indennità di amministrazione rimane molto bassa. E che negli ultimi contratti nazionali l'indennità di quel ministero è stata rivalutata meno del dovuto proprio per compensare il privilegio di avere un integrativo così consistente.
Dunque, se è vero che il fondo dei contratti integrativi è effettivamente più ricco che in altre amministrazioni, un'altra voce della retribuzione resta più povera. Ed è una voce stabile della busta paga, che nessuno può toccare, non un premio integrativo, per definizione incerto.

Obiezione accolta. Anche se le cifre dell'indennità di amministrazione non credo siano confrontabili con quelle dei fondi di amministrazione.