martedì 30 dicembre 2008

Un "autorevole giornalista" ringrazia sentitamente la Flp

I lettori di PUBBLICO DOMINIO mi perdoneranno se utilizzo questo post per un ringraziamento personale. Voglio infatti esprimere la mia sincera riconoscenza al sindacato autonomo Flp, che in un suo documento pubblico mi ha definito "autorevole giornalista" e ha citato i contenuti di un mio articolo come se fossero una prova definitiva e incontestabile, distribuento in allegato copia del mio scritto. Essendo abituato a ricevere dai sindacati, in particolare da quelli autonomi, quasi solo critiche e talvolta anche insulti, per una volta mi sono sentito molto lusingato.

Per contraccambiare, voglio offrire un consiglio sincero e niente affatto ironico ai generosi esponenti della Flp: non è mai prudente dare troppa importanza alle cose che scrivono i giornalisti, che siano autorevoli o no. Io per primo, pur facendo sforzi infiniti per verificare fatti e notizie prima di pubblicarli, penso che sia meglio non fidarsi troppo di quello che scrivo nei miei articoli. I giornali servono a ricevere le prime informazioni, non a certificare le ultime verità.

Inoltre inviterei i gentilissimi compilatori di quel documento a confrontare le loro opinioni con quelle di altri membri della loro stessa Federazione. Per esempio con la Flp del Tesoro, ai quali ho dedicato qualche riga a proposito del Cral al ministero dell'Economia. Sbaglierò, ma ho il sospetto che da quelle parti non mi considerino altrettanto autorevole.

Gli aumenti per gli enti pubblici non economici (cioè Inps, Inpdap, Inail)

Ecco la tabella con gli aumenti previsti dal nuovo contratto 2008-2009 per gli enti pubblici non economici, volgarmente detti parastato, insomma Inps, Inail, Inpdap, Aci e qualche altro ente più piccolo. (Per ingrandire l'immagine bisogna cliccarci sopra).

L'intesa preliminare è stata firmata il 22 dicembre, quindi ci vorrà ancora un mesetto abbondante prima che il contratto entri in vigore. Tuttavia, secondo la norma di legge fatta approvare da Brunetta, gli aumenti del 2009 dovrebbero essere pagati comunque nelle buste paga di gennaio, a prescindere dall'esistenza o meno di un contratto nazionale.

Sulle sorti di questo contratto peraltro grava l'incognita di un ricorso legale annunciato dalla Cgil. Ma di questo parleremo in un prossimo post.

Ma che novità: un altro spoils system

Poteva il nuovo governo di centrodestra fare a meno del suo spoils system? Certo che no. In tutte le amministrazioni statali sono in corso le grandi manovre per confermare o sostituire i dirigenti di prima e seconda fascia. Molti riusciranno a conservare il loro posto, qualcuno sarà spostato a un nuovo incarico, qualcun altro sarà gentilmente invitato ad andare in pensione (come consentito da una norma del decreto finanziario di Tremonti).
All'argomento è dedicato un articolo uscito sul Messaggero prima di Natale.

Lo spoils system del 2009 si distinguerà dalle sue edizioni precedenti per un aspetto. Diversamente dal passato, questa volta non dovrebbero esserci grandi proteste né polemiche politiche. I sindacati non faranno rumore, visto che il rimpasto dei dirigenti è l'effetto di una norma contrattuale che essi stessi hanno firmato qualche anno fa, in tempi non sospetti. Quella norma, cioè, che prevede l'azzeramento di tutti gli incarichi dirigenziali ogni volta che si fa una riorganizzazione degli uffici. Quanto ai partiti d'opposizione in Parlamento, sembrano ancora meno intenzionati a sollevare il caso. Anche perché il Pd e Di Pietro hanno a loro volta fatto i loro giri di poltrone durante le precedenti legislature.

giovedì 11 dicembre 2008

All'Agenzia del Territorio si mangia e si canta aspettando il Natale

Gabriella Alemanno, nuova direttrice dell'Agenzia del Territorio (nonché sorella del più famoso sindaco Gianni), si sta preparando al Natale nel migliore dei modi. Ieri sera ha invitato tutti i rappresentanti sindacali a una cena nel Chiostro del Bramante. Stasera invece a Villa Madama la tavola è imbandita per i dirigenti dell'Agenzia. Giovedì prossimo l'appuntamento è in chiesa, nella Basilica di Santa Prassede, per una messa alla quale è invitato a partecipare tutto il personale. Stando a quanto si racconta, la funzione prevederà l'intervento di un coro composto da dipendenti dell'Agenzia, e pare che in questi giorni nei locali di Largo Leopardi si siano svolte le prove del complesso vocale.

Purtroppo non tutti si sono fatti coinvolgere dai sentimenti di amore e concordia che dovrebbero prevalere in questi giorni natalizi. Quei miscredenti della Cgil anzi ne hanno approfittato per lanciare un attacco alla direttrice e - tanto per cambiare - al ministro Brunetta. La Fp-Cgil ha diffuso il comunicato che pubblichiamo di seguito.
(Anche qualche dipendente, o forse qualche dirigente, si è lamentato per i cori negli orari d'ufficio, tanto è vero che l'amministrazione si è poi convinta a trasferire le prove in chiesa).

"A proposito di assenze: comunicato stampa della Funzione Pubblica CGIL Nazionale
Apprendiamo che il 18 dicembre alle ore 10.00 presso la Basilica di S. Prassede, il Direttore dell'Agenzia del Territorio, alla fine della celebrazione liturgica, formulerà gli auguri di Natale al personale.

Noi rispettiamo le scelte religiose di tutti, siano esse quelle dei cattolici, che sappiamo prevalenti nel nostro Paese, sia quelle di tutti gli altri credo, ma anche le scelte dei non credenti.

Proprio per questo ci pare discutibile l'iniziativa in questione che, è bene ricordarlo, si svolge in orario di lavoro.

Inoltre una domanda sorge spontanea: quale tipo di trattenuta verrà fatta a chi parteciperà alla Messa e agli auguri?

In tempi di furia anti-assenteismo, che rimettono in discussione, per fare solo esempi, i permessi per donare il sangue o che tagliano i salari se ci si assenta per visite mediche, una risposta ci è dovuta."

giovedì 4 dicembre 2008

Il contratto delle Agenzie fiscali: ecco gli aumenti 2008-2009

Qui sotto c'è la tabella con tutti gli aumenti previsti dal nuovo contratto delle Agenzie fiscali 2008-2009: l'aumento tabellare e dell'indennità di amministrazione del 2009, gli arretrati del 2008.
Un mese fa, tutti i giornali hanno dato ampio risalto al nuovo contratto dei ministeri. Invece del contratto delle Agenzie, firmato il 24 novembre, non ha scritto una riga nessuno. Perché? Non si sa, così gira l'informazione, è la stampa bellezza.
(Per ingrandire la tabella bisogna cliccarci sopra).

martedì 2 dicembre 2008

I massaggi alla cioccolata del ministero dell'Economia

Vi interessa un massaggio alla cioccolata? Un linfodrenaggio? Un "French manicure"? Al ministero del Tesoro, in via XX settembre, c'è un estetista che propone prezzi speciali.
Sul Messaggero.it leggete le ultime novità sull'ormai leggendario Cral del Mef (Ministero Economia e Finanza).

venerdì 28 novembre 2008

Presidenza del Consiglio, 600 € di indennità (ma non di aumento)

Novità in arrivo per le buste paga della Presidenza del Consiglio. Nel nuovo contratto nazionale (che dovrebbe essere firmato entro il mese di dicembre) sarà prevista una "indennità di specificità organizzativa", che ammonterà mediamente a 600 euro lordi mensili. Per saperne di più si può leggere l'articolo pubblicato dal Messaggero.it (lo trovate in fondo a questo post).

La notizia è stata riportata anche da alcuni quotidiani. "Il manifesto" le ha dedicato addirittura la prima pagina, con il titolo "Brunetta card". Sotto al titolo si legge: "Dal ministro anti-fannulloni 600 € mensili d'aumento per la casta dei suoi dirigenti... A tutti gli altri dipendenti pubblici solo 70 euro".
Per amore della verità, bisogna precisare che:

- I 600 euro dell'indennità non possono essere in alcun modo accostati ai 70 euro di aumento previsti per i ministeriali. I dipendenti della Presidenza avranno un aumento analogo a quello di tutti gli altri dipendenti pubblici (cioè il 3,2% per un biennio). L'indennità invece è una nuova voce della busta paga che assorbirà altre voci già esistenti. In altre parole, non farà aumentare la retribuzione media del personale della Presidenza.

- Quello che cambierà con questo contratto nazionale è che sarà stabilizzata in busta paga una somma forfettaria uguale per tutti (fatte salve le differenze di area e fascia economica), usando soldi che in precedenza venivano distribuiti secondo criteri meritocratici (almeno in teoria). Insomma si distribuiscono "a pioggia" risorse che prima erano destinate alla produttività.

- E' sbagliato dire, come fa "Il manifesto", che Brunetta ha introdotto un'indennità "per la casta dei suoi dirigenti". Innanzitutto perché il contratto non riguarda i dirigenti, bensì impiegati e funzionari. Poi perché soltanto una piccola quota del personale di Presidenza lavora con Brunetta alla Funzione pubblica. In realtà, più che Brunetta sono interessati agli esiti di questo contratto Silvio Berlusconi e il segretario generale di Palazzo Chigi Mauro Masi.

* * *
Questo è l'articolo pubblicato il 25 novembre sul Messaggero.it


Presidenza del Consiglio, per i dipendenti
orario di 38 ore e 600 euro di indennità


di Pietro Piovani
ROMA (26 novembre) – Un'indennità mensile che in media ammonterebbe a oltre 600 euro, ma che per i funzionari più alti in grado può arrivare anche a 900 euro. È la ricompensa che dovrebbero ricevere i
2.500 dipendenti della Presidenza del Consiglio, in cambio di un allungamento dell'orario di lavoro settimanale: 38 ore, anziché 36 come per gli altri ministeriali. Così ha disposto il governo nella sua direttiva per il rinnovo dei contratti nazionali. Il cambiamento dunque dovrebbe avvenire quando sarà
firmato il nuovo contratto, cosa che dovrebbe avvenire nel giro di qualche settimana.

In realtà, per i lavoratori di Palazzo Chigi e delle altre sedi presidenziali non si tratterebbe di una novità assoluta. Già da qualche anno il 90 per cento del personale ha adottato volontariamente un orario prolungato di 39 ore e quaranta minuti, ottenendo in cambio una consistente indennità. Si potrebbe
dunque dire che il nuovo contratto comporterà una riduzione dell'orario, se non fosse che fra il vecchio e il
nuovo regime si segnala una differenza sostanziale: oggi la settimana di 39 e passa ore è solo un'eventualità, nel senso che il dirigente «può chiedere» all'impiegato di lavorare un po' di più ma può anche non chiederlo; domani invece le 38 ore diventeranno un obbligo da rispettare tutte le settimane. Per il dipendente resta comunque la possibilità di non aderire al nuovo orario, rinunciando all'indennità.

Le risorse con cui si pagano i 600 euro medi sono grosso modo le stesse con cui fino a qualche anno fa venivano pagati gli straordinari. In passato infatti i dipendenti della Presidenza erano gli unici a poter contare su una rilevante voce aggiuntiva in busta paga legata alle ore lavorate in più. Il passaggio dal sistema degli straordinari a quello dell'indennità fissa forfettaria arriva quasi in coincidenza con l'installazione dei tornelli per controllare le presenza. Anche per questo la Cgil (che alla Presidenza è esclusa dalle trattative, non avendo un sufficiente numero di iscritti e di voti) commenta la notizia con
sarcasmo: «Al “personale caro” può essere riconosciuta una sorta di indennità-tornello», commenta il segretario della Fp-Cgil Carlo Podda. «Mi chiedo se non debba essere estesa a tutti gli altri lavoratori». Alle dichiarazioni della Cgil ha replicato il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, ricordando che questa indennità non farà aumentare la retribuzione complessiva media dei dipendenti della Presidenza, visto che utilizzerà risorse già esistenti per altre voci della busta paga.

Va detto che la cifra finale dell'indennità non è ancora stata concordata con precisione. Dovranno discuterne l'Aran (in rappresentanza del governo) e i sindacati. È probabile che al tavolo della trattativa l'Aran provi a utilizzare solo una parte delle risorse disponibili per premiare l'allungamento dell'orario, proponendo di destinare i soldi restanti per incentivare la produttività. Oltre all'indennità il nuovo contratto prevederà il normale aumento di stipendio, con una rivalutazione pari al 3,2% rispetto al salario attuale.

domenica 23 novembre 2008

Per Abatecola, il Mef salva troppe poltrone da dirigente

Prendendo spunto dalla circolare della Ragioneria di cui ho parlato nel post precedente, Roberto Abatecola ha inviato a PUBBLICO DOMINIO un intervento sulla riorganizzazione del ministero dell'Economia.
Abatecola può ormai essere considerato un opinionista assiduo di questo blog. Per chi non conoscesse la sua biografia, può essere utile leggere un vecchio post di gennaio (si trova qui).

Ecco dunque la nuova lettera del dottor Abatecola.

Caro Piovani, ho letto il suo interessante articolo sul Messaggero del 19.11 “uffici pubblici, sarà un 2009 di tagli”. In particolare nel capitolo sul Personale, lei fa riferimento alla circolare della ragioneria generale che ricorda gli obblighi previsti dalle legge: riduzione del numero dei dirigenti, spostamento del personale dai compiti logistico strumentali ai compiti più legati alla missione dell’amministrazione ecc.
Peccato che in mattinata avevo letto il D.M. del Ministero dell’economia e delle finanze predisposto in attuazione del DPR 43/2008 concernente la riorganizzazione del Ministero, e sono rimasto colpito dal numero di uffici che sono adibiti alla gestione del personale. Premesso che si tratta della gestione di circa 10000 dipendenti centrali e periferici, vediamo brevemente quanti uffici , ovviamente diretti da personale dirigente di prima e seconda fascia, si dedicano a tale attività:
- Primo dipartimento (direzione generale del tesoro): pag. 3 ufficio di raccordo con il dipartimento dell’amministrazione generale
- Secondo dipartimento (ragioneria generale) Pag. 17 sempre ufficio di raccordo con il dipartimento affari generali.
- Terzo dipartimento (dipartimento politiche fiscali) pag. 54 ha più uffici che si occupano sempre di gestione risorse umane
Veniamo al quarto dipartimento ossia al dipartimento affari generale e del personale diretto da un Capo Dipartimento e da 5 dirigenti generali di prima fascia :
A pagina 69 leggiamo che ci sono 4 uffici alle dirette dipendenze del capo dipartimento, nonchè ben 7 dirigenti con l’incarico di consulenza, studio e ricerca. Inoltre a pagina 75 è descritta l’organizzazione di una direzione centrale per le politiche del personale (diretta da un dirigente generale) con ben 7 uffici diretti da dirigenti di seconda fascia.
Infine a pagina 76 è prevista un’altra direzione generale per i servizi al personale , sempre diretta da un dirigente generale) con altri 11 uffici diretti da dirigenti di seconda fascia
Tralasciando che in ogni dipartimento è previsto un ufficio per il controllo di gestione dipartimentale, sintetizzando possiamo dire che per la gestione delle risorse umane del MEF, circa 10.000 dipendenti) sono previsti:
1 capo dipartimento
5 dirigenti generali di prima fascia
34 dirigenti di seconda fascia

Facendo il confronto con l’Inpdap che gestisce circa 6500 dipendenti con un dirigente generale e 3 dirigenti di seconda fascia, non mi sembra che il MEF sia il miglio esempio di riorganizzazione ai fini dello snellimento degli organici.
Ovviamente sarebbe ancora più interessante leggere la delicatissime e numerosissime competenze degli altri uffici ma questo richiederebbe una competenza specifica sugli argomenti che solo gli addetti ai lavori possono comprendere. Io qualche risata l’ho fatta. Per chiudere penso che questo era il momento giusto per procedere ad un vero snellimento dell’organizzazione riducendo il numero di uffici e quindi di dirigenti, considerata la possibilità di usufruire delle agevolazioni previste dalla legge 133( legge Brunetta) per favorire i pensionamenti anticipati dei dirigenti con 40 anni di servizio e per coloro per i quali mancano 5 anni per il diritto alla pensione. Cordiali saluti.

Roberto Abatecola

Per la Ragioneria, il taglio agli stipendi resta in vigore

Mercoledì scorso sul Messaggero ho riferito di una circolare diffusa dalla Ragioneria generale dello Stato. La circolare ribadisce le misure di risparmio sulle spese delle amministrazioni, sia le spese di funzionamento sia quelle per il personale.

Il testo non contiene grandi novità, si limita a ribadire quanto già è stato scritto nel decreto finanziario di Tremonti e nella precedente Finanziaria di Padoa-Schioppa. C'è però un capitoletto intitolato "Contrattazione integrativa" che non è passato inosservato. La Ragioneria ha voluto ribadire che, in base alla normativa vigente, i fondi di amministrazione (i famosi FUA) sono decurtati. Nella circolare non si fa alcun accenno all'accordo che il governo ha sottoscritto con Cisl, Uil e Confsal. Cioè quel documento con cui il governo si è impegnato a recuperare i soldi tagliati.

Naturalmente, questo non significa che i soldi non saranno recuperati. L'impegno è stato firmato dal sottosegretario Gianni Letta e da due ministri, si suppone che a Palazzo Chigi ci sia tutta l'intenzione di onorarlo. La circolare però testimonia come al ministero dell'Economia il problema non si consideri affatto risolto. Il ministro Tremonti non ha voluto mettere il suo nome sull'accordo con i sindacati, e per il Tesoro la questione delle risorse è ancora tutta da discutere.

giovedì 20 novembre 2008

L'agenzia per la meritocrazia, che 8 milioni si porta via

Lo sapevate che nel disegno di legge Brunetta è prevista fra l'altro l'istituzione di una agenzia per il merito nella pubblica amministrazione, più o meno come quella che aveva proposto tempo fa il professor Pietro Ichino? E lo sapevate che questa agenzia, secondo il testo in discussione al Senato, dovrebbe costare 8 milioni l'anno? E lo sapevate che di questi soldi una buona fetta, almeno un milione e mezzo se non di più, è destinata a retribuire i cinque esperti che daranno vita all'agenzia, pari a una media di almeno 300 mila euro a cranio? Sapevatelo!
Ecco l'articolo pubblicato sul Messaggero.

Ancora sul contratto e sulle "fasce"

Sono stato rimproverato da alcuni sindacalisti per l'ultimo post che ho scritto. Io dicevo che nessuno, né nei sindacati né al Dipartimento Funzione pubblica, aveva saputo spiegarmi che cosa volevano dire quelle sigle che si leggono nelle tabelle del nuovo contratto dei ministeri (II F 3, III F 1, eccetera). "Se lo chiedevi a me, te lo spiegavo", mi ha detto qualcuno dopo aver letto il post. Evidentemente mi sono rivolto ai sindacalisti sbagliati, comunque non avevo alcuna intenzione di fare polemica: anche nei sindacati, come in qualunque altra organizzazione, ognuno ha il suo ruolo e i suoi compiti, c'è chi si occupa dell'impostazione "politica" (in senso buono) e chi si concentra su numeri e tabelle.

Mi è stato anche rimproverata una piccola imprecisione linguistica. Ho usato il termine "fasce" in modo sbagliato. Non è vero che le fasce corrispondono alle vecchie "aree". Le aree continuano a chiamarsi aree: prima erano "area A", "area B" e "area "C", adesso "area 1", "area 2" e "area 3". Le fasce invece sono le posizioni economiche all'interno di ciascuna area.

martedì 18 novembre 2008

Ministeri, ecco gli aumenti del contratto 2008-2009 (con le nuove qualifiche)

Questa è la tabella con tutti gli aumenti del 2009 e l'una tantum degli arretrati 2008. Per ingrandirla bisogna cliccarci sopra.


Nel nuovo contratto nazionale dei ministeri si trovano in allegato, come in tutti i contratti, le tabelle con gli aumenti e con le nuove retribuzioni annue.
Quando ho letto per la prima volta le tabelle mi è saltata agli occhi una cosa che non capivo. Nel contratto 2008-2009 non si trovano più le qualifiche che tutti conosciamo, B2, B3, C1 e così via. Da questo biennio i livelli professionali e retributivi sono espressi con una classificazione completamente nuova: si va dalla posizione più bassa I F 1 a quella più alta III F 7. E che roba è?

Ho rivolto la domanda a molte persone: sindacalisti, alti dirigenti del Dipartimento Funzione pubblica. Nessuno ha saputo rispondermi. Per capirci qualche cosa ho dovuto rivolgermi all'Aran. Così ho scoperto che con questo contratto si è deciso di adottare un nuovo ordinamento, articolato come quello vecchio ma con due differenze. La prima è una differenza solo nominale: quelle che prima si chiamavano "aree" (area A, area B, area C) d'ora in poi si chiameranno fasce (I F sta per prima fascia). La seconda novità invece è sostanziale: all'interno di ciascuna fascia si istituiscono una o due posizioni economiche in più.

Che cosa cambia concretamente per i dipendenti? Provo a spiegare quello che credo di aver capito io (anche se all'Aran non me l'hanno detta proprio così).
Prima un dipendente di area B, una volta arrivato alla posizione economica più alta (B3-S) non poteva sperare più in un avanzamento. Per salire doveva essere ammesso all'area C, e per fare il salto di area bisogna aspettare che venga bandito un concorso. Adesso invece quel dipendente, divenuto II F 4, avrà davanti a sé altri due possibili gradini economici da scalare con discreta facilità.

Dunque nella nuova classificazione ci sono cinque caselle vuote, cioè momentaneamente prive di personale: una nella prima fascia, due nella seconda e due nella terza. Dovrebbero riempirsi nei prossimi anni.

All'Aran mi hanno spiegato che fra "area" e "fascia" ci sarebbe anche una differenza normativa, ma qui ho paura di essermi proprio perso. Non voglio neanche provare a ripetere quello che ho sentito: mi fermo qui.

P. S. In verità le posizioni economiche divise in fasce non sono una novità di questo contratto. Erano state introdotte dal contratto precedente, biennio 2006-2007, ma non erano ancora state utilizzate nelle tabelle degli aumenti, se non per il contratto delle Agenzie fiscali. In effetti i dipendenti conoscono già da tempo la loro nuova posizione economica, perché possono leggerla sulla busta paga.

giovedì 13 novembre 2008

Firmato il contratto dei ministeri: i soldi vanno tutti sul salario fisso

Ieri sera è stato firmato il contratto nazionale dei ministeri. Rispetto al pre-accordo di Palazzo Chigi c'è una novità: l'aumento di 70 euro andrà tutto sul salario tabellare. In altre parole i soldi vengono distribuiti, come si suol dire, "a pioggia". Per i premi di produttività in questo contratto non ci saranno aumenti, le risorse dei fondi di amministrazione restano quelle di prima.

E' un risultato che Cisl e Uil possono vantarsi di aver ottenuto al tavolo delle trattative con l'Aran. Per quanto riguarda invece la controparte, cioè il governo, va sottolineato come in questo primo anno di legislatura si sia deciso di destinare tutte le risorse disponibili allo stipendio fisso. Al salario da distribuire con criteri meritocratici si è riservata qualche attenzione solo come possibile fonte di risparmio: i fondi di amministrazione per il governo andavano tagliati, e se alla fine si salveranno sarà solo per l'insistenza dei sindacati.

Il ministro Brunetta ha motivato queste scelte con la scarsa fiducia che il governo ripone negli attuali meccanismi di distribuzione del salario variabile. In altre parole, i soldi che ci sono vengono spesi male, non servono a premiare realmente il merito, quindi per adesso si possono ridurre. Se ne potrà riparlare in seguito, quando saranno riformati i criteri di misurazione della produttività.
Certo è che per adesso di riforme concrete non se ne vedono. E l'accordo sui ministeri firmato ieri non sembra proprio quel "contratto innovativo" che il ministro aveva promesso poco tempo fa (come documenta questo lancio dell'agenzia Adnkronos). E se proprio si tratta di innovare Brunetta ha scelto di seguire un'altra strada: il disegno di legge delega in discussione al Senato, e soprattutto i successivi decreti delegati. Le nuove regole per il personale pubblico verranno introdotte dal governo per via legislativa. Senza dover discutere con i sindacati.

E' arrivato il nuovo "Conto annuale".

E' uscito il nuovo "Conto annuale" della Ragioneria generale. Il "Conto annuale" è il censimento più completo e attendibile sulla popolazione dei dipendenti pubblici italiani, l'unico che riesce a registrare i dati provenienti da tutte (o quasi tutte) le amministrazioni italiane.

Il difetto di questa rilevazione è che richiede molto tempo. Le cifre pubblicate oggi sono aggiornate al 31 dicembre del 2007, ed è già un risultato notevole perché in un passato non troppo lontano i dati venivano raccolti ed elaborati non con mesi bensì con anni di ritardo. E' la natura stessa del censimento a richiedere tempi lunghi: ricevere le informazioni da 10 mila diverse amministrazioni, accertarsi che queste informazioni siano omogenee e che le cifre siano raffrontabili, è un lavoro che non si può sbrigare in pochi giorni.

Di recente il Dipartimento Funzione pubblica si è messo in competizione con la Ragioneria. Per iniziativa del ministro Brunetta, ha cominciato a compiere le rilevazioni per proprio conto, in particolare sulle assenze per malattia, ottenendo nel giro di poche settimane dati abbastanza indicativi. Il lavoro della Funzione pubblica è sicuramente interessante. Consente di avere informazioni discretamente attendibili con aggiornamento mensile. Ma bisogna sempre ricordare che fra queste rilevazioni e il "Conto annuale" c'è la stessa differenza che esiste fra un sondaggio (compiuto su un campione statistico) e un censimento (che interpella un'intera popolazione). Ovvero, per fare un paragone ancora più esplicito: i dati di Brunetta sono come i sondaggi pre-elettorali, il "Conto annuale" sono le elezioni.

Detto questo, dal "Conto annuale 2007" è emerso un dato quasi storico: l'anno scorso c'è stato un sensibile calo nel numero dei dipendenti pubblici e nella spesa per il personale. La riduzione di spesa è in parte l'effetto temporaneo di un anno di vuoto contrattuale. La riduzione degli organici invece è un fatto reale, e sarebbe interessante osservare come il governo precedente sia riuscito a snellire (almeno per un anno) il personale pubblico senza creare grosse tensioni né conflitti sindacali.

Chi vuole approfondire l'argomento può leggere l'articolo pubblicato sul Messaggero, corredato anche di una tabella. In questo articolo ho potuto estrarre solo poche cifre di sintesi dalla mole di tabelle e di notizie che il "Conto" può offrire. Di sicuro il rapporto della Ragioneria sarà lo spunto di altre riflessioni nei giorni a venire.

lunedì 10 novembre 2008

In Veneto la Cgil ce l'ha con i "finocchi", la Cisl si offende e minaccia querela

La disputa fra Cgil e Cisl si fa sempre più animosa, e forse ormai non fa neanche più notizia. La Cisl si lamenta per la veemenza verbale che stanno dimostrando i sindacalisti e i militanti della Cgil durante le manifestazioni di questi giorni.
In Veneto, la regione da cui proviene Giovanni Faverin (prossimo segretario generale della Fp Cisl), si è arrivati persino a minacciare azioni legali.

L'episodio che ha scatenato la lite è un video-intervento diffuso dalla Cgil veneta attraverso un blog chiamato Radio 18 (ormai la battaglia sindacale si combatte su internet, almeno nel pubblico impiego). Un esponente locale della Fp-Cgil, tale Giuseppe Franchi, avrebbe pronunciato fra l'altro la seguente frase: "Cisl e Uil hanno fatto i finocchi con i culi dei lavoratori".
L'espressione ha fatto molto arrabbiare il segretario della Fp Cisl Veneto, Daniele Dal Cortile, che ha annunciato querela. La Cgil ha subito inviato una lettera di scuse, e a quanto si capisce l'incidente si può considerare chiuso.

Come sono cambiati i tempi. Appena un anno fa, Bonanni ed Epifani insieme sul palco di Piazza San Giovanni davano del "Pinocchio" al governo Prodi. Oggi invece i sindacati si danno del finocchio l'un l'altro.

Questo Beppe Franchi della Cgil deve essere un tipo particolarmente creativo. Nel già menzionato sito Radio 18 compare anche come attore, in un curioso filmettino di propaganda per le elezioni delle Rsu.


P.S. In un articolo pubblicato sul Messaggero, ho confuso il ruolo di Daniele Dal Cortile definendolo "segretario regionale della Cgil Funzione pubblica". Chiedo scusa qui, non avendo avuto la possibilità di farlo sul giornale. Mi consolo pensando che non sono l'unico a sbagliare. La Cisl nel suo comunicato ufficiale ha sbagliato il nome di Giuseppe Franchi: lo ha chiamato Giovanni. In effetti nella Fp-Cgil esiste un Giovanni Franchi, ma lavora in Toscana e si occupa di polizia penitenziaria.

venerdì 7 novembre 2008

Un sindaco in difesa dei dipendenti pubblici

Una notizia che non ha avuto grande eco sui giornali nazionali.

Laura Puppato, sindaco di Montebelluna (Treviso), ha fatto sapere che rinuncerà a un giorno di paga in segno di solidarietà con i dipendenti pubblici.
"La messa all'indice dei dipendenti pubblici - spiega - mi trova in completo disaccordo". La Puppato difende in particolare i dipendenti degli enti locali. "Questo atteggiamento di generica riprovazione mette sullo stesso piano persone che, con passione, dedizione, competenza e disponibilità, spesso sotto pagate, svolgono meritorio lavoro a favore di collettività diverse".

martedì 4 novembre 2008

Il protocollo Brunetta è un successo per il governo, un affare per i contribuenti, una fregatura per i dipendenti pubblici

E' ora di dare un giudizio sul protocollo d'intesa siglato da governo e sindacati. Quelle tre pagine segnano l'inizio di una nuova epoca per i dipendenti pubblici italiani, e non si può non esprimere una valutazione. Chi scrive su questo blog non fa parte del governo, né di un partito di maggioranza, né di uno di opposizione, né di un sindacato, e non è neppure un dipendente pubblico. Perciò è libero di dire la sua senza essere influenzato da alcun interesse personale.
Analizzerei il testo del protocollo a seconda dei punti di vista.

1. Per i dipendenti pubblici.
Chi lavora in un'amministrazione pubblica non troverà in questo accordo molte ragioni per gioire. Firmandolo i sindacati hanno di fatto rinunciato a un anno di aumenti (nel 2008 ci saranno soltanto gli 8 euro della vacanza contrattuale) e hanno dato il via libera a un contratto nazionale da 70 euro lordi mensili (di cui 60 di aumento di stipendio vero e proprio e 10 da distribuire con i contratti integrativi). Sono cifre che gli stessi sindacati firmatari consideravano fino a pochi giorni fa una miseria. Vi ricordate che cosa si diceva nei posti di lavoro appena qualche mese fa, quando furono firmati i contratti dell'ultimo biennio? Malumori fra i dipendenti, assemblee di fuoco, crisi di coscienza fra i sindacalisti, dirigenti di Cgil-Cisl-Uil contestati, e alle Agenzie fiscali addirittura si andò vicini alla bocciatura del contratto. In alcuni comparti la Confsal (che oggi ha aderito alla proposta di Brunetta) si rifiutò di firmare. All'epoca si trattava di un aumento medio da 101 euro lordi, ma tutti i dipendenti pubblici la consideravano "un'elemosina". Eppure gli stipendi si rivalutavano del 4,5, cioè più dell'inflazione, mentre con l'accordo di Brunetta la rivalutazione sarà del 3,2%, cioè molto meno di quanto crescerà il costo della vita (si veda questa tabella).
La Cisl e la Uil ribattono: sì, ma grazie a questo accordo abbiamo recuperato i soldi che Tremonti aveva tagliato dai fondi di amministrazione. E' vero. Ma è come dire che si è ottenuto il risultato di avere quello che si aveva già. Si è accettata una perdita di potere d'acquisto per non dover subire un danno ancora maggiore. Non mi sembra un grande successo. Senza contare che, siglando la pace con il governo, Cisl e Uil hanno di fatto rinunciato a difendere quei 50-60 mila precari destinati a rimanere disoccupati fra meno di un anno.

2. Per i contribuenti.
Quelli che forse dovrebbero gioire sono gli altri italiani. Coloro che non lavorano per il settore pubblico, e che pagano le tasse. Il contratto da 70 euro, unito alla riduzione degli organici programmato per i prossimi anni, farà risparmiare parecchi soldi allo Stato. Ridurre il costo del personale è una cosa molto negativa per il personale, ma molto positiva per il paese. In questo momento vanno di moda le ricette economiche keynesiane, e tutti consigliano al governo di aumentare la spesa pubblica per sostenere i consumi e favorire la ripresa. Ma per Keynes - che era un genio - la spesa pubblica non era mica tutta uguale: c'è spesa e spesa. Personalmente, rimango dell'idea che lo Stato italiano ha ancora bisogno di ridurre le sue spese correnti (cioè pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici), mentre le poche risorse disponibili andrebbero concentrate sugli investimenti (cioè ferrovie, porti, reti tecnologiche, ricerca scientifica, volendo anche istruzione). Un investimento è una spesa che mi garantirà un reddito maggiore nel futuro. Una spesa corrente è una spesa e basta.
Certo, non tutti i contribuenti sono uguali. Per i lavoratori autonomi, un risparmio sui contratti pubblici è sicuramente un affare. Per i dipendenti delle imprese invece il discorso è più complesso: risparmieranno sulle tasse, ma ci rimetteranno sui loro stipendi, perché il 3,2% di rivalutazione concesso ai pubblici farà da parametro per i contratti nazionali dei privati.

3. Per il governo.
Non c'è dubbio: dalla vertenza sul pubblico impiego chi esce sicuramente vincitore è il governo. Con il protocollo d'intesa si è garantito un biennio di moderazione salariale. Ma soprattutto, è riuscito a spaccare il fronte dei sindacati confederali. E' un successo politico. Isolare la Cgil è stato sin dall'inizio un obiettivo primario del centrodestra, soprattutto di quell'area del centrodestra che fa capo a Sacconi e Brunetta. Con la Cgil e la Cisl che si fanno la guerra, il Partito democratico si trova in forte imbarazzo. Lo si è visto già lo scorso 25 ottobre al Circo Massimo: Walter Veltroni ha potuto sfogarsi sulla scuola (dove i sindacati sono rimasti uniti) ma riguardo al pubblico impiego è dovuto rimanere sul generico, per evitare di scontentare l'una o l'altra confederazione.
Per il governo Berlusconi, un accordo separato senza la Cgil ha un valore politico altissimo. Ecco perché Brunetta ha ottenuto il via libera da Palazzo Chigi, nonostante l'opposizione del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che non voleva concedere neppure quei pochi soldi necessari a raggiungere l'accordo.

Ma dei contrasti fra Tremonti e Brunetta parleremo nei prossimi giorni.

giovedì 30 ottobre 2008

Video-battaglia fra sindacati. E a Piazza del Popolo la Cisl Funzione pubblica non c'è

Cisl e Cgil sono in piena guerra multimediale. Dopo il video di Carlo Podda, di cui abbiamo già parlato, anche il suo ormai rivale Giovanni Faverin (prossimo successore di Rino Tarelli) ha inviato un messaggio alla nazione. Si può vedere, oltre che sul sito della Fps-Cisl, anche su Youtube.
Ma non è finita qui, perché sul sito della Cgil è comparso un nuovo video di Podda, questa volta intitolato "Perché non abbiamo sospeso lo sciopero prima dell'incontro con il governo del 30 ottobre".

L'incontro con il governo è in corso proprio in questo momento. A meno di clamorose sorprese, al termine della riunione la Cisl revocherà lo sciopero. E con ogni probabilità anche la Uil.

Nel frattempo oltre un terzo dei dipendenti pubblici Cisl e Uil, cioè quelli della scuola, scioperano e scendono in piazza. Stamattina c'è stata la manifestazione nazionale a Roma. Nella folla di Piazza del Popolo spiccava l'assenza della Cisl-Funzione pubblica. In compenso c'erano i metalmeccanici. Stranezze che accadono di questi tempi.

domenica 26 ottobre 2008

La guerra è guerra: comincia la competizione fra Cgil e Cisl

Per anni nel pubblico impiego Cgil e Cisl sono andate d'amore e d'accordo. Anche i rispettivi segretari di categoria (Carlo Podda e Rino Tarelli) venivano spesso considerati come una cosa sola, magari anche per la loro somiglianza fisica. All'Aran, al Dipartimento Funzione pubblica, al Tesoro, venivano in genere nominati in coppia: Podda e Tarelli, Tarelli e Podda.

Adesso, dopo la rottura sindacale che si è consumata nei giorni scorsi, la coppia si è sciolta. Cgil e Cisl hanno preso due strade diverse, la prima ha respinto la proposta del ministro Brunetta, la seconda l'ha accolta, e a questo punto fra le due sigle rischia di aprirsi una competizione durissima, per contendersi voti e tessere. Un primo assaggio di quello che potrebbe accadere lo stiamo avendo sin d'ora, su internet.

Sul sito della Fp-Cgil è stato caricato un video in cui Carlo Podda spiega le ragioni del suo sindacato. Podda parla agli iscritti della Cgil, ma poi si rivolge anche "alle lavoratrici e ai lavoratori non iscritti alla Cgil", ovvero ai militanti di quelle "nostre organizzazioni sorelle, io continuo a chiamarle così, la Cisl e la Uil del pubblico impiego, che hanno voluto aderire a questa intesa per motivi che io non riesco materialmente a comprendere". E poi continua chiedendo a quelli della Cgil, "di fare uno sforzo insieme con tutte le lavoratrici e i lavoratori, anche con quelli iscritti alla Cisl e alla Uil, per dire no a questo accordo. Partecipate alle assemblee, informate i lavoratori: le tv e i mezzi di informazione di massa ufficiali non lo faranno. Partecipate agli scioperi che saranno comunque fatti".
Un messaggio che ricorda vagamente il proclama dell'8 settembre 1943 ("...le forze italiane reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza").

Quando quelli della Cisl hanno visto questo video, si sono arrabbiati parecchio. Non tanto Tarelli, che negli ultimi giorni sembra essersi messo un po' in disparte (ormai si aspetta solo l'ufficializzazione del suo nuovo incarico), quanto il suo imminente successore Faverin. Il quale ha inviato una prima risposta mettendo a sua volta in rete un documento intitolato "La Cisl a testa alta", e anche un volantino con gli slogan "Non ci spaventano le critiche. Non ci spaventano le denigrazioni. Non ci spaventano gli attacchi gratuiti".
E anche in questo caso il pensiero va al Maresciallo Badoglio: il nuovo nemico non viene nominato, ma a buon intenditor...

La guerra è guerra. I lavoratori di altre categorie ci sono abituati. Nei metalmeccanici, per fare un esempio, il conflitto fra Cgil e Cisl è una pratica quotidiana. I dipendenti pubblici però fino a oggi non conoscevano questo genere di asprezze fra "organizzazioni sorelle". Forse d'ora in poi dovranno farci il callo.

A meno che...

A meno che non arrivi qualcuno a salvare l'unità sindacale del pubblico impiego. E questo qualcuno può essere una persona sola: Giulio Tremonti. Ne parleremo nei prossimi giorni.

sabato 25 ottobre 2008

Il ministero precisa: il documento c'è ancora e non è cambiato

L'ufficio stampa del Dipartimento Funzione pubblica mi ha fatto presente che la bozza di protocollo d'intesa proposta ai sindacati è ancora visibile sul sito internet. Come avevamo già scritto nel post precedente, il testo non è più visibile sulla home page (adesso si trova fra le notizie d'archivio). Ma questo - spiega l'ufficio stampa - non dipende da una censura o da un ripensamento, bensì dal naturale scorrere delle notizie, che in genere rimangono nella pagina iniziale del sito soltanto per un giorno.

Inoltre viene confermato che il testo visibile ora sulla home page non è il testo di un nuovo protocollo, ma una sintesi del documento redatta a uso dei giornalisti e dei cittadini interessati.

venerdì 24 ottobre 2008

Cucù, il protocollo del governo non c'è più. Però c'è quello Brunetta

Sono giornate complicate per il ministro Brunetta, per i sindacati, per tutti. Nella concitazione succedono cose strane. Per esempio accade che il Dipartimento della Funzione pubblica prima pubblichi sul suo sito il testo del documento proposto dal governo ai sindacati (quello che noi abbiamo già linkato nel precedente post); poi, durante la giornata di oggi, questo documento sparisca dalla home page dello stesso sito, e ne compaia un altro intitolato "Protocollo del ministro Brunetta". Quale sarà quello buono?

Non è chiaro se questo secondo testo sia una nuova versione del documento, oppure se si tratti di una sua sintesi redatta dall'ufficio stampa. Sta di fatto che in quelle righe si trovano alcune piccole ma sostanziali novità. Per esempio, a proposito dei fondi speciali per gli integrativi (quelli tolti al ministero della Salute, a quello dell'Economia, all'Inps, alle agenzie fiscali, eccetera). Ora si legge che il governo si impegna per un recupero "integrale" delle risorse, cosa che il primo documento non diceva.
Quanto al taglio del 10% per tutti i fondi di amministrazione, si fornisce un'inedita indicazione delle risorse che il governo pensa di recuperare: 220 milioni.

Hanno vinto Brunetta e Sacconi, l'unità sindacale non c'è più. E finisce un'epoca

Ieri è stata una giornata storica. Per la prima volta da quando nel pubblico impiego esiste la contrattazione, Cgil Cisl e Uil hanno preso strade diverse. Di fronte alla nuova proposta del governo, la Cisl ha deciso di dire sì, la Cgil ha scelto di dire no, la Uil ha preferito dire una cosa che ancora non si è capita bene ma che ha occhio e croce, pare, forse, probabilmente sarebbe un ni. L'unità sindacale è finita. I ministri Brunetta e Sacconi hanno conseguito una prima vittoria (la spaccatura del fronte confederale) e forse conseguiranno anche la seconda (la firma dei nuovi contratti nazionali).

In estrema sintesi, i contenuti di questo accordo si possono riassumere così: riguardo ai fondi per la contrattazione integrativa, il governo si impegna a rivedere il taglio fin qui previsto; riguardo ai contratti nazionali, i sindacati (quelli che firmano) danno un sostanziale via libera agli aumenti offerti dal governo, cioè 60 euro lordi sul salario tabellare e 10 euro lordi sul salario variabile. Nei prossimi giorni proveremo a dare una valutazione oggettiva del documento (che intanto potete leggere qui). E cercheremo di capire se le diverse posizioni assunte dai tre sindacati siano motivate solo dalla ricerca degli interessi dei lavoratori o anche da interferenze politiche. Perché, comunque la si pensi, è chiaro che la trattativa a questo punto ha assunto un significato politico che rischia di prescindere dalle buste paga dei lavoratori.

C'è anche un'altra cosa che speriamo di fare nei prossimi giorni. Come qualcuno saprà, di recente le riunioni sindacali sono state investite da una clamorosa e inedita ventata di trasparenza. I resoconti delle sedute stilati dall'Aran sono stati pubblicati su internet, e addirittura l'incontro del 14 ottobre è stato filmato dalle telecamere e diffuso dalla Fp-Cgil (chi vuole divertirsi lo trova qui). Ebbene, siamo molto curiosi di vedere come sono andate le cose nella lunga e confusa giornata di trattative che si è svolta ieri, prima all'Aran e poi con Brunetta nella sede della Funzione pubblica.

martedì 21 ottobre 2008

I falsi Brunetta (e quello vero)

Sta ottenendo un grande successo l'imitazione di Brunetta che ha fatto Crozza su La7. In effetti merita.
Mi pare invece meno divertente l'imitazione radiofonica di un certo Sergio Sironi su R101.
Infine, non è un'imitazione, ma pura realtà, il Brunetta intervistato a Matrix che parla del mancato Nobel.

domenica 19 ottobre 2008

Fulvio Ferrazzano, segretario dello Snaprecom

Il segretario dello Snaprecom Fulvio Ferrazzano ha inviato un commento al mio post sulla Presidenza del Consiglio. Nel suo testo mi dedica alcune gentilezze sulle quali non vorrei soffermarmi troppo. Vorrei invece rispondere ad alcune affermazioni di merito: lo farò nelle prossime ore aggiungendo un mio commento in coda al suo.

Brunetta fa audience

Ancora una volta mi trovo a scrivere di Renato Brunetta, e confesso di non poterne più. Non passa giornata senza che ci si trovi a riportare una dichiarazione del ministro, una notizia che riguarda il ministro, una polemica innescata dal ministro. Abbiamo alle spalle appena cinque mesi di governo, e sembra passata un'eternità.

Tuttavia devo personalmente ringraziare il professor Brunetta. Da quando c'è lui, questo blog ha aumentato il numero di lettori. Su Google vanno fortissimo le ricerche con le parole "Brunetta", "assenteismo", "dipendenti pubblici".
Il pubblico impiego è diventato un argomento che tira, e tutti i giornali se ne sono accorti. Soprattutto i siti internet, dove l'interesse riscosso da una notizia è immediatamente misurabile con il conteggio dei clic.

A questo proposito è molto interessante una visita al sito web del Messaggero. L'edizione on line del quotidiano mostra tutti i giorni la classifica dei dieci articoli più letti del giorno, e gli articoli su Brunetta o sugli statali saltano sempre ai primi posti. Inoltre il sito presenta la classifica dei più letti della settimana. Se la scorriamo oggi, vediamo che nella settimana appena trascorsa fra i dieci articoli di maggior successo ce ne sono cinque dedicati al pubblico impiego.

Quando qualcuno gli ha rimproverato di andare troppo in televisione, Brunetta ha risposto: "Faccio audience, mi invitano". Premesso che gli inviti si possono sempre rifiutare, bisogna riconoscere che ha detto una cosa vera.

Ma siccome a PUBBLICO DOMINIO dell'audience gliene importa poco, nei prossimi giorni cercheremo di non nominare il ministro Brunetta. Ci proveremo, ma sarà dura. Di questi tempi, chiedere a un dipendente pubblico di non pensare a Brunetta è come chiedere a un eschimese di non pensare al freddo.

Le voci che girano su Brunetta, su Bonanni, sui tagli alla produttività e sulla stampa

Pur preferendo raccontare le notizie sicure e verificabili, ogni tanto vale la pena di soffermarsi anche sulle voci.

Per esempio, gira voce che presto il governo potrebbe fare qualche concessione economica ai dipendenti pubblici. Non sui contratti nazionali, bensì sui fondi per i premi di produttività. I tagli previsti dalla manovra potrebbero essere parzialmente reintegrati, forse con un emendamento alla Finanziaria da presentare nei prossimi giorni in Parlamento.

Sempre secondo certe voci, il parziale ripensamento del governo sarebbe il frutto delle pressioni che la Cisl sta facendo sul ministro Sacconi. Ma anche il Giulio Tremonti pare che abbia aperto un canale di dialogo con i sindacati.

Le voci dicono che i sindacati stanno puntando su questi ministri per aggirare l'ostacolo Brunetta. In particolare sempra che i rapporti fra Brunetta e Raffaele Bonanni siano molto peggiorati. Dopo tante aperture di credito e tante dichiarazioni concilianti, il segretario della Cisl negli ultimi tempi ha assunto un atteggiamento molto più energico nei confronti del ministro (questa non è una voce, è un fatto). Qualcuno dice che Bonanni si sia reso conto di non poter sostenere la linea del dialogo e della trattativa di fronte ai suoi iscritti del pubblico impiego, i quali sono sempre più scontenti per le misure del governo in materia di personale. Qualcun altro pensa invece che il vero motivo di divisione siano i tagli alle deleghe sindacali (che per un sindacato significano soldi e forza lavoro) voluti dal ministro. Qualcun altro ancora pensa che Bonanni abbia deciso di tenere duro da una parte (il pubblico impiego) per poter mollare da un'altra (la trattativa sulla riforma dei contratti nazionali, dove la Cisl è su posizioni ormai distanti dalla Cgil); in altre parole, Bonanni avrebbe scelto di andare allo scontro con Brunetta e allo stesso tempo di andare all'accordo con Sacconi.

Un'altra voce che gira, è che la carta stampata dopo tanti elogi potrebbe diventare improvvisamente critica nei confronti del ministro Brunetta.

Saranno vere queste voci? Non lo so, sono voci, e io non sono in grado di confermarle né di smentirle. Ma sono sicuro che per saperne di più basterà avere qualche giorno o qualche settimana di pazienza.

martedì 14 ottobre 2008

La canna da pesca di Brunetta: il badge fa da esca e i giornalisti abboccano

I giornalisti sono come pesci che abboccano all'amo. Ma a differenza dei pesci, quando si trovano un amo infilzato nella gola godono come pazzi.
Ieri il ministro Brunetta ha lanciato la sua lenza a Palazzo Chigi, all'ingresso principale della Presidenza del Consiglio. Ha invitato la stampa per celebrare la solenne inaugurazione dei tornelli, si è messo in posa davanti ai fotografi esibendo agli obiettivi il suo badge, ha fatto il segno della vittoria con la mano, ha annunciato l'apertura di "una nuova stagione" per il pubblico impiego italiano.

La grande maggioranza dei lettori/telespettatori italiani avrà pensato: "Finalmente anche negli uffici pubblici si mettono i varchi elettronici, finalmente si controlleranno le entrate e le uscite degli statali, finalmente quei fannulloni la smetteranno di andare a fare la spesa invece di lavorare". Qualcuno avrebbe dovuto spiegare che in realtà i tornelli esistono da tanti anni in quasi tutta la pubblica amministrazione italiana. Che Palazzo Chigi era semmai una (ingiustificabile) eccezione, e che questa novità presentata in pompa magna dal ministro interessa solo qualche centinaio di persone, più qualche altro centinaio che lavora nelle altre sedi della Presidenza sparse per Roma. Mentre per gli altri centinaia di migliaia di statali il badge esiste già da una vita.
Sarebbe stato anche il caso di spiegare che l'attivazione dei tornelli non basta a garantire un reale controllo delle presenze, come hanno testimoniato in passato le tante inchieste televisive sugli impiegati che arrivano, "strisciano" per finta e poi se ne vanno a parcheggiare l'auto o per andare a passeggio.
Infine, sarebbe stato giusto forse ricordare che il nuovo sistema di varchi elettronici installato alla Presidenza è anche il frutto del lavoro lasciato in eredità dal governo Prodi.

Tutte queste cose sarebbe stato bene raccontare, per spiegare correttamente agli italiani quello che succede. Ma i giornalisti se ne sono dimenticati. In compenso sono andati nei bar intorno a Palazzo Chigi per chiedere ai baristi se si attendono un calo d'affari. I baristi ovviamente hanno risposto: "Non cambierà niente".

Appunto. Sembra sempre che cambi chissà che cosa, invece non cambia niente. Su questo tema segnalo un articolo messo in rete da ilmessaggero.it

sabato 11 ottobre 2008

Sempre a proposito di Presidenza: e il contratto?

Quelle venti righe sui tornelli a Palazzo Chigi pubblicate dal Messaggero di ieri non hanno provocato la reazione solo dello Snaprecom (di cui al precedente post). Anche un altro sindacato autonomo si è rivolto a me, in questo caso inviandomi una lettera (fra l'altro molto educata). Il sindacato è la Flp, la lettera è quella che riporto di seguito:

Gentile dr. Piovani,
ho letto il suo articolo pubblicato sul Messaggero di oggi 10 ottobre, pag. 51 relativo ai tornelli a Palazzo Chigi.
Nello stesso si afferma che lo Snaprecom ha fatto una lotta contro i tornelli in PCM. Sicuramente lo Snaprecom è il primo sindacato della PCM (è presente solo in PCM), chi scrive è segretario Nazionale della FLP - Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche, federazione maggiormente rappresentativa in vari comparti, compresa la PCM dove è il secondo sindacato autonomo con una percentuale di rappresentatività superiore a CGIL e UIL.
Ma precisazioni a parte in allegato troverà delle note con le quali abbiamo dichiarato lo stato di agitazione del personale della PCM e il successivo ricorso allo sciopero poiché non viene rinnovato ai lavoratori della PCM il contratto di lavoro da 35 MESI, INFATTI I LAVORATORI DELLA PRESIDENZA SONO GLI UNICI DIPENDENTI PUBBLICI A NON AVER AVUTO IL RINNOVO DEL CONTRATTO - GLI UNICI.
Credo che anche questa notizia meriti pubblicità.
con viva cordialità
Lauro Crispino


Il signor Crispino ha ragione. Il mancato rinnovo del contratto alla Presidenza del Consiglio è un fatto che meriterebbe maggiore pubblicità. Mi permetto però di aggiungere una considerazione personale. Come già scrissi in un vecchio post, se i dipendenti della Presidenza del Consiglio si trovano in questa situazione, dipende anche dal fatto che hanno voluto separarsi dal contratto dei ministeri. Se non ci fosse stata la scissione, oggi avrebbero il loro contratto rinnovato come tutti i loro colleghi ministeriali. Invece hanno scelto di mettersi in proprio, convinti che così avrebbero ricevuto chissà quale trattamento privilegiato. La loro ambizione è quella di far riconoscere alla Presidenza lo status di "organo costituzionale", e ottenere così stipendi in linea con quelli dei vicini di casa di Montecitorio.

Ambizione legittima? Può darsi. Per adesso però l'unico risultato raggiunto è stato quello di non vedere neanche uno straccio di aumento a tre anni dalla scadenza del contratto.
Un tempo si diceva: "L'unione fa la forza". Nella Bibbia c'è scritto che "due sono meglio di uno, perché se uno cade l'altro lo aiuta a rialzarsi". Oggi l'unità sindacale non è più di moda, e si tende a pensare che sia più facile difendere i propri interessi isolandosi in un comparto-nicchia, organizzandosi in sindacati autonomi, o magari affidandosi soltanto alle trattative individuali lavoratore-dirigente.
Ma io domando: sono più forti i 2 mila dipendenti della Presidenza, o un milione e 200 mila lavoratori della Scuola? E la voce di uno Snaprecom o di un Sipre riuscirà mai a farsi sentire come quella di Cgil, Cisl e Uil, con i loro milioni di iscritti?

Palazzo Chigi, i tornelli, e i comunicati della Snaprecom

Da lunedì alla Presidenza del Consiglio saranno messi in funzione i tornelli e gli strumenti per la registrazione elettronica degli ingressi. La novità era stata decisa e avviata dal governo Prodi poco prima di lasciare Palazzo Chigi, ora il governo Berlusconi la porta a compimento.
Sulla notizia ho scritto un articolo sul Messaggero di ieri. Oggi però ho ricevuto una telefonata dal segretario dello Snaprecom, il sindacato più rappresentativo alla Presidenza. (Non ne riporto il nome non per cattiveria, ma perché non me lo ricordo: non ho fatto in tempo ad appuntarmelo, e non posso chiederlo all'interessato perché non mi ha voluto lasciare il numero di telefono).

Nell'articolo ho raccontato come in passato lo Snaprecom avesse contestato duramente la decisione di riattivare i controlli sulle presenze. A quella protesta avevo anche dedicato un altro articolo sul Messaggero del 4 maggio scorso, riferendomi in particolare a un volantino distribuito da quel sindacato.

Ora però lo Snaprecom contesta i miei resoconti, accusandomi di aver travisato il significato del loro documento. A quanto pare, loro non erano affatto contrari all'utilizzo dei tornelli. Sono andato a rileggermi il volantino. In tutta onestà, non mi sembra di aver capito male: in quella pagina ho ritrovato un lungo e pesante atto d'accusa contro il comportamento dell'allora segretario generale Carlo Malinconico. Il testo si concludeva con una sorta di richiamo alla battaglia: "Cari colleghi, nel caso in specie, invitarvi alla semplice meditazione forse non basta: bisogna fare qualcosa di più…"

Ma ovviamente potrei sbagliarmi. Se qualcuno fosse interessato a capire chi ha ragione può andarsi a leggere il comunicato originale dello Snaprecom. Inoltre resto a disposizione dei sindacalisti della Presidenza per raccogliere le loro critiche e le loro osservazioni. Per i motivi che ho già spiegato, non posso chiamarli io. Sono costretto ad attendere una nuova telefonata. Ma può andare benissimo anche un'email.

martedì 7 ottobre 2008

Per la produttività soltanto 7 euro lordi al mese. Forse anche meno

A gennaio il governo vuole mettere già gli aumenti nelle buste paga dei dipendenti pubblici, anche se non ci sarà ancora un contratto firmato. Per farlo utilizzerà i soldi già stanziati dalla Finanziaria, o meglio il 90% delle risorse disponibili.
La notizia è già abbondantemente nota, ma vi siete mai chiesti perché il 90%?
Il motivo è semplice. Questo anticipo di aumento finirà interamente nel salario tabellare, cioè la quota fissa dello stipendio. Se si fosse usato il 100% delle risorse, non ci sarebbe stato più neanche un euro da destinare al salario variabile, cioè alla produttività. (A meno che il governo non decidesse di aggiungere altri soldi al suo stanziamento, cosa che finora Tremonti e Brunetta hanno sempre escluso).

Se così stanno le cose, si può concludere che il governo intende destinare alla produttività il restante 10% di risorse. Cioè circa 7euro lordi a testa.

Di tutto questo parla un articolo del Messaggero pubblicato lunedì scorso. Qui però vorrei aggiungere qualche chiarimento e qualche osservazione supplementare.

1) Qualche lettore ha pensato che i 7 euro di cui sopra fossero al giorno o all'ora. Non è possibile - hanno detto - che si pensi a una cifra così bassa. Ovviamente non è così, si tratta di una somma lorda mensile.

2) Va però precisato che questi soldi non sono l'intero premio di produttività concesso ai dipendenti, bensì sono l'aumento previsto dall'anno prossimo per rivalutare i premi già esistenti. Inoltre si tratta di un aumento medio, e nel caso del salario variabile le medie aritmetiche sono una pura astrazione: trattandosi di soldi che per definizione non vanno distribuiti a tutti nella stessa misura, ci sarà chi prenderà zero e chi invece avrà otto o nove o quattordici euro o anche di più(parliamo sempre di aumenti).

3) Per valutare correttamente quello che succederà l'anno prossimo ai premi di produttività, bisogna ricordare che a fianco di questa rivalutazione di 7 euro, la manovra finanziaria del governo ha previsto una forte decurtazione dei fondi per i contratti integrativi. Il saldo fra le due operazioni sarà decisamente negativo. In altre parole, il salario di produttività l'anno prossimo sarà fortemente ridotto rispetto a quest'anno.

4) E' vero che - come ricorda spesso il ministro Brunetta - la manovra ipotizza una successiva integrazione delle risorse, attingendo in particolare ai risparmi di gestione. Ma sull'entità di questa ipotetica integrazione si possono nutrire molti dubbi: con l'aria che tira, di risparmi sulle spese di funzionamento se ne prevedono ben pochi.

5) Allo stesso tempo, non è affatto scontato che questi famosi 7 euro di aumento vadano tutti sul salario variabile. Bisogna vedere come andrà la trattativa con i sindacati. L'apertura di una trattativa per i nuovi contratti è ancora lontanissima, ma di una cosa si può essere assolutamente certi: i sindacati non vorranno più mettere neanche un centesimo sui premi di produttività. E' la naturale conseguenza della Finanziaria tremontiana. Il taglio ai fondi di amministrazione lascia una cicatrice indelebile. D'ora in poi i lavoratori non avranno alcuna convenienza ad accettare l'uso delle risorse per finanziare la produttività.

lunedì 6 ottobre 2008

Qualche retroscena a proposito di Domenica In, della Cgil e della Cisl

Sempre a proposito di "Domenica In". Quando i sindacati hanno ricevuto l'invito a partecipare alla trasmissione, si sono posti la domanda che tutti si pongono in questi casi: è meglio andare o non andare? La risposta non è mai facile. Se si sceglie di partecipare, si rischia di farsi coinvolgere in un umiliante alterco dove tutti fanno una brutta figura. Se si sceglie di non partecipare, si rinuncia ad esprimere il proprio punto di vista, e spesso il conduttore si vendica avvisando il pubblico: "noi li abbiamo avvisati, ma loro hanno preferito non presentarsi".
Alcuni scelgono di non andare. Guglielmo Epifani, per esempio, ha sempre detto no a Porta a Porta, come Vespa non manca mai di sottolineare.

Domenica scorsa invece i rappresentanti di categoria di Cgil e Cisl hanno deciso di andare. Ma è stata una decisione sofferta. Prima di dire sì, Carlo Podda ha anche chiesto un parere a un esperto di comunicazione. Il consulente ha spiegato a Podda che "Domenica In" viene visto mediamente da 3-4 milioni di telespettatori, in maggioranza elettori di centrodestra quindi presumibilmente non simpatizzanti della Cgil. Scegliendo di partecipare al programma, Podda avrebbe avuto poco da perdere: avrebbe parlato soprattutto a persone che non aderiscono al suo sindacato, quindi se anche le cose fossero andate male non avrebbe potuto perdere consensi.

Anche la Cisl ha scelto di accettare l'invito. Ma, a sorpresa, non ha mandato il segretario di categoria Rino Tarelli. E' stato Tarelli stesso a farsi da parte, preferendo lasciare il posto al suo segretario aggiunto Giovanni Faverin.
E' stato quasi un passaggio di testimone. Fra non molto tempo Tarelli lascerà il suo incarico. E il suo successore sarà proprio Faverin.

Così Podda e Faverin sono arrivati negli studi della Rai. Si è accesa la lucetta rossa sulla telecamera e il dibattito è cominciato. E qui i due validi sindacalisti hanno scoperto, con loro grande sorpresa, come funzionano queste discussioni da talk-show-nazional-popolare. Gli spettatori a casa non lo sanno, ma in realtà il programma segue un copione prestabilito. Ci sono degli autori che hanno scritto in precedenza non solo le domande, ma anche le risposte! Alle spalle della telecamera scorre un "gobbo", cioè un cartellone luminoso che suggerisce tutte le battute al conduttore e ai suoi ospiti. (Il sospetto in effetti poteva venire anche al telespettatore che sta a casa: come avrebbe fatto altrimenti Giletti ad azzeccare quasi tutti i nomi dei suoi ospiti?)
Insomma Giletti, la Zanicchi e tutti gli altri l'altro giorno stavano leggendo un copione. Praticamente recitavano. Le risposte dei sindacalisti invece erano realmente improvvisate.

L'ultima cosa curiosa è successa fuori onda, a dibattito finito. Terminata la lite in diretta, Vittorio Sgarbi è stato visto avvicinarsi a Carlo Podda con grande cordialità. Ha provato a scherzare e ha chiesto pure un numero di telefono. Quelli della Cgil saranno anche tanto cattivi, ma un rapporto con il sindacato può sempre fare comodo.

Il pubblico impiego nell'analisi di Alba Parietti e Iva Zanicchi

Questa ci mancava. Ieri chi ha avuto la disgrazia di passare la domenica davanti alla tv si è beccato un angosciante dibattito televisivo sul tema "quei fannulloni dei dipendenti pubblici". I raffinati analisti chiamati ad esaminare il tema erano nientemeno che: Alba Parietti, Iva Zanicchi, Vittorio Sgarbi, Michele Cucuzza e Paolo Villaggio (in quanto Fantozzi). Moderatore Massimo Giletti, che però ha moderato per modo di dire, anzi il più accanito accusatore dei lavoratori pubblici è sembrato proprio lui. Non poteva mancare il ministro Brunetta, che però si è guardato bene dallo scendere nell'arena: ha invece risposto alle incalzanti (sempre si fa per dire) domande di Giletti in un'intervista registrata. In studio c'erano invece due sindacalisti - Carlo Podda della Cgil e Giovanni Faverin della Cisl - chiamati a portare la voce dei dipendenti, ma la loro voce si è potuta sentire poco, coperta dalle urla e dalla furia degli interlocutori.

Il più concitato di tutti era un signore in mezzo al pubblico che in realtà non era uno spettatore né una comparsa: era Klaus Davi, uno che di mestiere non si è mai capito bene cosa faccia ma che comunque gestisce un'agenzia di marketing, vende ricerche di mercato e consulenze d'immagine, partecipa a una settantina di programmi televisivi e scrive pure su una decina di giornali. A Domenica In è un ospite fisso.
Davi, che evidentemente si era preparato e aveva studiato bene la materia, ha ripetuto più volte il seguente argomento: "Il personale pubblico in Italia costa 46 miliardi più che in Germania!" Il dato è privo di fondamento, naturalmente. La spesa per il personale pubblico tedesco supera quella italiana di circa 4 miliardi.
(Semmai Davi avrebbe potuto segnalare che la spesa per il pubblico impiego in rapporto al Pil è molto più bassa in Germania che in Italia; ma sarebbe stato un concetto troppo sofisticato per il pubblico della Domenica pomeriggio).
E' facile immaginare come l'opinionista abbia potuto cadere nell'errore: probabilmente non ha confrontato i costi dell'intera pubblica amministrazione, ma solo quelli dei rispettivi Stati centrali. Se il confronto si fa così, la Germania - che è un paese federale - risulta quasi priva di dipendenti pubblici: il 90% del personale lavora negli enti locali.

Come sempre succede con questi dibattiti da salotto televisivo, alla fine rimane l'eco di un grande frastuono privo di significato. Mezzora di parole che nella testa del telespettatore non lasciano neanche una minima traccia di informazione, soltanto una sensazione di disgusto.

Per il dipendente pubblico che ha assistito alla scena, l'unica consolazione è che prima o poi tutto questo passerà. In Italia tutto passa prima o poi. L'inedita luce mediatica che ha investito il pubblico impiego negli ultimi mesi si smorzerà, e le amministrazioni torneranno ad essere protette dalla solita cappa oscura forse noiosa, forse avvilente, ma sempre meglio di questo pericoloso delirio collettivo.

mercoledì 1 ottobre 2008

Brunetta ci ripensa: torna (per adesso) la stabilizzazione

La norma sui precari presentata da Brunetta è già stata corretta. Personalmente, ero pronto ad accettare scommesse: quell'emendamento presentato dal governo e voluto quasi solo dal ministro della Pubblica amministrazione non avrebbe mai superato le forche caudine del dibattito parlamentare. Avrebbe votato no tutta l'opposizione e sicuramente anche un pezzo di maggioranza.

Per evitare catastrofi, Brunetta ha accettato di emendare l'emendamento. Sarà lui stesso a presentare la nuova formulazione. In un articolo sul Messaggero ho spiegato (più o meno) cosa dirà la nuova norma.

Forse vale la pena di sottolineare che il nuovo emendamento salverà molti dei precari in attesa di stabilizzazione, ma non tutti. Resteranno fuori tutti quelli che non hanno mai superato un concorso pubblico, bensì una selezione di altra natura. E resteranno fuori quelli che, pur avendo tutti i requisiti, non otterranno l'assunzione entro il 2011. A meno che nel frattempo non cambi un'altra volta la legge.

sabato 27 settembre 2008

Un precario si è arrabbiato con me

L'articolo che ho scritto sul Messaggero non è piaciuto a un dipendente precario della Ricerca. Ha scritto una lettera molto risentita, che è stata pubblicata (con mia risposta) sul sito ilMessaggero.it.

Così Brunetta rimanderà a casa (all'incirca) 60 mila dipendenti pubblici

Ne hanno già parlato giornali e telegiornali, ma per chi volesse saperne di più ecco un articolo sulla stabilizzazione dei precari che non c'è più. L'articolo è ottimo, visto che l'ho scritto io.

Non so se il concetto è arrivato chiaro, ma la vera novità dell'emendamento Brunetta è che nel giro di qualche mese decine di migliaia di persone resteranno disoccupate dopo tre, quattro, persino cinque anni di lavoro da precario in un'amministrazione. Saranno mandati a casa, dall'oggi al domani, e dovranno aspettare che venga bandito (chissà quando) un concorso pubblico.

La stabilizzazione voluta dal governo Prodi stava effettivamente aprendo la porta a qualche brutto abuso, soprattutto negli enti locali e nelle asl del Sud, ma almeno tentava di trovare una soluzione a un problema reale. La contro-riforma adottata da questo governo sembra, sinceramente, un po' radicale. Possibile che non si trovi una via di mezzo?

P. S. Io parlo di 60 mila persone, Repubblica ha scritto 50 mila, altri giornali 100 mila. Chi ha ragione? A occhio e croce le cifre giuste dovrebbero essere le mie, oppure quelle di Repubblica, a seconda di come si fanno i conti. I precari che avevano maturato il diritto all'assunzione (secondo le regole della vecchia Finanziaria) erano circa 65 mila, però è vero che alcuni di questi hanno già ottenuto l'assunzione quindi il numero di dipendenti rimasti in sospeso deve essere un po' inferiore. Diciamo fra i 50 e i 60 mila.

giovedì 25 settembre 2008

Che cosa hanno in mente i sindacati?

"Si deve sapere anche che le forme e la durata del conflitto, salvaguardando sempre i diritti fondamentali dei cittadini, potranno presentarsi in modi nuovi e diversi dal passato".
Così ha dichiarato ieri Carlo Podda, segretario della Fp Cgil. Quali saranno le nuove forme di protesta che i sindacati stanno preparando? Lo scopriremo presto.

Per adesso siamo alle vecchie, care manifestazioni in Piazza Montecitorio. Ecco un'immagine dei dipendenti pubblici Cgil, Cisl e Uil lunedì scorso davanti al Parlamento.

Aumenti di stipendio anticipati sì, ma non per tutti

Ieri la Funzione pubblica ha diffuso un comunicato per spiegare meglio il senso della norma sugli aumenti di stipendio "unilaterali" (quelli di cui si parla nel precedente post). Fra gli altri argomenti, nella nota si sottolinea un aspetto che nessuno aveva ancora notato. E' vero che nella Finanziaria si è previsto di distribuire subito ai dipendenti i soldi disponibili (per la precisione il 90% dei soldi disponibili), anche se non si trova un accordo con i sindacati. Ma questo pagamento - segnala il ministro Brunetta - non è un obbligo. E' "una possibilità che l'amministrazione può utilizzare a sua discrezione".

Se ciascuna amministrazione avrà la facoltà di decidere se mettere o non mettere i soldi in busta paga, ne consegue che l'aumento non arriverà necessariamente a tutti. Potrà succedere che, per esempio, il Tesoro decida di rivalutare subito gli stipendi per il personale della scuola, dei ministeri, degli enti di ricerca. Mentre ci potranno essere comuni, asl, istituti previdenziali che sceglieranno di non incrementare gli stipendi, vista la situazione finanziaria in cui si ritrovano tante amministrazioni locali in Italia.

La cifra facoltativa di cui parliamo è di circa 50 euro lordi medi (prendendo a riferimento la retribuzione media dei ministeri). Soldi che si sommerebbero agli 8-9 euro lordi circa che invece dovrebbero arrivare (quelli sono obbligatori per tutti) come "vacanza contrattuale".

Altri dettagli sull'argomento si possono leggere sul Messaggero di oggi.

mercoledì 24 settembre 2008

Il governo abolisce i contratti. E Sacconi abolisce Sacconi

Altro che un semplice passaggio tecnico, altro che una Finanziaria di sole tabelle. La Finanziaria licenziata ieri dal Consiglio dei ministri contiene eccome una novità. E che novità!

Semplificando, si può dire che il governo ha abolito i contratti nazionali del pubblico impiego. O meglio, un contratto si potrà ancora fare, se i sindacati lo vorranno. Ma se i sindacati non vogliono, cioè se non giudicano soddisfacente l'offerta del governo, allora il governo va avanti lo stesso: mette in busta paga i soldi con un atto di legge. Un domani si farà sempre in tempo a formalizzare un contratto, ammesso che i sindacati siano d'accordo, ma nel frattempo gli aumenti si pagano ugualmente usando le poche risorse disponibili, quelle previste unilateralmente dal governo.

Da una parte, i dipendenti pubblici potrebbero essere contenti: l'imminente arrivo di qualche euro in più è pur sempre una buona notizia. Dall'altra hanno ottimi motivi per preoccuparsi. La mossa decisa ieri dal governo è il segno che Brunetta e compagni non hanno alcuna intenzione di riconoscere aumenti maggiori di quanto è stato proposto finora. Ovvero: neanche 9 euro lordi al mese per il 2008, neanche 70 euro lordi al mese a partire dal 2009.

Come sempre, Brunetta ha escogitato una mossa molto astuta. I sindacati si troveranno costretti a scioperare sapendo che l'opinione pubblica scambierà la loro protesta per una difesa dell'assenteismo e dei presunti privilegi; e per di più il governo potrà dire agli italiani: "Vedete, noi gli aumentiamo lo stipendio e loro ci rispondono scioperando".

Ma a parte le mosse tattiche, ieri la Finanziaria ha introdotto un cambiamento radicale, strutturale nel pubblico impiego. D'ora in poi i contratti nazionali diventano un atto pressoché inutile. Se ne può anche fare a meno. Vengono implicitamente aboliti i sindacati, i tavoli di trattativa, l'Aran. Viene cancellato il sistema della contrattazione che ha regolato il mondo del lavoro pubblico negli ultimi quindici anni. Cioè quel sistema che fu introdotto nel '93 da Maurizio Sacconi, allora sottosegretario del Psi nel governo Amato. Il destino vuole che a distruggere il modello Sacconi sia proprio Sacconi, o meglio un governo in cui Sacconi è stato promosso ministro del Lavoro e in cui il responsabile della Funzione pubblica è uno dei politici a lui più vicini.

(In verità, le voci di Palazzo Chigi raccontano che nemmeno Sacconi si sarebbe battuto troppo per questa norma, così come poco entusiasta pare che sia il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ad assumersene interamente le responsabilità sarebbe stato Renato Brunetta. Ma queste sono voci di corridoio, tutte da verificare e in fondo poco interessanti).

lunedì 22 settembre 2008

I soldi per i contratti sono pochi, ma perché regalarli a Tremonti?

E' il problema che si ripropone a ogni rinnovo di contratto. Il governo mette pochi soldi in Finanziaria, i dipendenti pubblici chiedono di aumentare lo stanziamento, la trattativa va per le lunghe, e i sindacati si chiedono: che cosa fare nel frattempo? Certo, le risorse previste dalla Finanziaria sono scarsine, ma quel po' che c'è andrebbe intanto portato a casa. Per non regalarlo al ministro del Tesoro.

In passato si è sempre trovata una soluzione. Si è strappato al governo un impegno ad aggiungere altri soldi l'anno successivo, e per l'anno in corso si sono spesi i soldi già stanziati. Questa volta però la situazione è molto più complicata. Il governo attuale non sembra affatto disposto a migliorare la sua offerta, né per quest'anno né per il prossimo né mai. Difficile immaginare un accordo sindacale in due tappe, anzi difficile immaginare un accordo sindacale di qualsiasi natura. Per incassare subito i 2 miliardi e 800 milioni indicati dalla manovra sembra esserci un solo modo: firmare i contratti così come vuole il governo, cioè con un aumento pari alla metà dell'inflazione reale.

In questi giorni il governo e i sindacati confederali sono tutti presi dalla vertenza dell'Alitalia. Ma nelle prossime settimane si dovranno prendere decisioni delicate. Intanto il ministro Renato Brunetta dice: a dicembre metteremo in busta paga 150-170 euro. Lui la chiama "una tantum", in realtà sono i soldi disponibili nel 2008 come "vacanza contrattuale" (li ha lasciati in eredità il governo Prodi). Sarebbero i famosi 8 euro al mese su cui ha spesso ironizzato la Cgil.

Non si può neanche parlare di un aumento, 8 euro al mese sono al massimo una mancia. Ma per metterla in busta paga bisogna comunque siglare un accordo sindacale. Cosa faranno Cgil-Cisl-Uil di fronte a questa mancia? La raccoglieranno, oppure la lasceranno sul tavolo?

lunedì 15 settembre 2008

Quanto ci costano i professori

“Il 97 per cento del bilancio del ministero serve a pagare gli stipendi. A chi giova continuare su questa strada? L'opera irresponsabile di alcuni sindacati e di molti governi compiacenti ha ribaltato la missione della scuola, che è fatta per gli studenti, e non per pagare una cifra spropositata di stipendi”. Così ha dichiarato Mariastella Gelmini, ministra dell'Istruzione, e tanti sono rimasti impressionati: accidenti, il 97 per cento! Che spesa!! Che spreco!!! L'affermazione della Gelmini però si può contestare per almeno due motivi.

Innanzitutto, la cifra indicata dalla ministra non è corretta: la vera percentuale è più bassa. Secondo, perché in realtà negli altri paesi sviluppati si ritrova più o meno lo stesso rapporto fra costo del personale e costo complessivo della scuola.
Per chi volesse entrare nei dettagli, consiglio la lettura del blog Messaggi cifrati, curato dal giornalista-matematico-filosofo Luca Cifoni.

Aggiungo solo una considerazione. A chi si stupisce che oltre il 90% delle spese per la scuola finisca in stipendi per i docenti, mi piacerebbe chiedere: quali altri dovrebbero essere i costi della scuola? Quali materie prime, quali prodotti si dovrebbero acquistare? Guardiamo l'istruzione come se fosse un'attività imprenditoriale: non credo che esistano imprese altrettanto immateriali, altrettanto legate al lavoro delle persone. Il prodotto finale dell'azienda scuola è la conoscenza, e per produrre conoscenza non vedo che cosa altro serva se non le persone.
In effetti, ci sarebbe un'altra spesa da calcolare: quella per i libri. Ma è a carico dei genitori, quindi resta fuori dalle percentuali della Gelmini.

Una volta al Forum PA ho sentito un manager che aveva lavorato in Inghilterra con Richard Branson (uno degli imprenditori di maggior successo del nostro tempo) raccontare: "Branson mi ha insegnato che, quando un'azienda funziona bene, il costo del lavoro aumenta, non diminuisce".

martedì 9 settembre 2008

Che cosa sta cambiando veramente

Il governo si è insediato da quattro mesi, e una delle questioni su cui si è dato più da fare è stata certamente la pubblica amministrazione, anzi il personale della pubblica amministrazione. Il paese si è fatto l'idea che negli uffici pubblici stia avvenendo una mezza rivoluzione. Ma è un'impressione sbagliata.
Tracciando un bilancio in estrema sintesi, si può dire che i veri cambiamenti in atto sono due.

Il primo: si stanno accentrando poteri e competenze sul Dipartimento Funzione pubblica.
Grazie all'iper-attivismo di Brunetta, il suo dicastero sta svolgendo compiti ai quali fino a ieri neanche si avvicinava. Raccoglie dati sulle assenze del personale pubblico, elabora tabelle e grafici sull'andamento del costo del lavoro, insomma fa concorrenza alla Ragioneria generale dello Stato. Si occupa direttamente dei rinnovi contrattuali, sostituendosi all'Aran, di cui peraltro il ministro ha già ventilato la chiusura. Come se non bastasse, ora la Funzione pubblica si è attribuita anche il potere di decidere quali amministrazioni sono efficienti e quali no; addirittura promette di assegnare premi economici ai più bravi, anche se non si è capito bene come potrà farlo.
Il ministro della Funzione pubblica in questo modo si trasforma in un grande capo del personale per 3 milioni e passa di dipendenti pubblici. Non si limita a dettare le regole generali, ma entra nel merito del lavoro dei singoli. C'è da chiedersi però che cosa resterà di tutto questo il giorno in cui non ci sarà più Brunetta (prima o poi diventerà presidente del Consiglio, o segretario generale dell'Onu, o magari vincerà quel famoso premio Nobel al quale momentaneamente ha dovuto rinunciare).

Il secondo cambiamento: si sta riducendo la spesa per il personale.
E questo invece è un cambiamento permanente. Ho davanti una tabella del ministero del Tesoro: grazie agli effetti del decreto 112 (la manovra di Tremonti) nel 2009 lo Stato risparmierà 828 milioni di euro, e nel 2011 il risparmio annuo arriverà a un miliardo e 873 milioni. A queste cifre si arriva soprattutto con il taglio dei premi di produttività e con la riduzione degli organici (meno assunzioni, niente stabilizzazione dei precari). Inoltre si potrebbe aggiungere che per i nuovi contratti nazionali il governo ha deciso di riconoscere aumenti di stipendio molto inferiori all'inflazione, inaugurando una stagione di moderazione salariale fino a oggi del tutto sconosciuta nel pubblico impiego. Il risparmio reale quindi è ancora maggiore, a occhio e croce si può stimare in almeno due miliardi e mezzo l'anno.


Ora, io non voglio dire qui che il governo stia facendo male a fare economia sul personale. Se fossi un dipendente pubblico ovviamente mi incavolerei come un furetto, ma essendo un lavoratore privato che paga le tasse non posso non vedere i lati positivi dell'operazione. Dico però che le cose vanno raccontate per quello che sono, e se un governo sta compiendo una grande operazione di taglio alla spesa i cittadini devono saperlo.

La riduzione dei costi nella pubblica amministrazione è un tema che nessun governo può più evadere. Direi anzi che è una strada obbligata, in un paese dove il debito pubblico è altissimo, la pressione fiscale pure e dove si è scelto (secondo me erroneamente) di mantenere ancora per qualche anno un oneroso sistema pensionistico.
Non è una questione di destra o di sinistra, tanto è vero che durante la precedente legislatura il ministro Padoa-Schioppa sperava di fare cose molto simili a quelle che sta facendo ora Tremonti.
Ma proprio perché stiamo assistendo a un intervento così importante, direi addirittura epocale, non capisco il motivo per cui non se ne debba parlare. E ci si perda invece in dettagli come il grembiulino nelle scuole elementari. O come una trattenuta sulla busta paga dei malati che, per molti dipendenti pubblici, esisteva già da anni.

giovedì 4 settembre 2008

Sono finite le vacanze: Brunetta è tornato in televisione

Come inizio non c'è male. Le vacanze sono finite, e sugli schermi televisivi è tornato il ministro Renato Brunetta. Ha cominciato la mattina alle sette, con "Omnibus", e ha finito all'una di notte con "Matrix". Ha parlato di assenteismo, di contratti nazionali, di premi, dell'Aran, dell'Alitalia, del voto agli immigrati, della Cuccarini, del prezzo del petrolio...
Lo schema delle trasmissioni è sempre lo stesso: si invita il ministro a parlare di quello che sta facendo; gli si mette di fronte un plotone di giornalisti bravi e indipendenti, ma che della materia non sanno assolutamente niente. Questi giornalisti non hanno alcuna intenzione di fare la figura degli zerbini, e all'inizio del programma fanno capire chiaramente che cercheranno di mettere il ministro in difficoltà. Poi però, mano a mano che il dibattito va avanti, i loro argomenti si esauriscono, non hanno gli strumenti per ribattere, Brunetta li mette alle corde e alla fine fanno una faccia che tradisce il pensiero: "Non lo posso dire, ma mi sa che ha ragione lui".
Ripeto, loro non hanno colpa, sono giornalisti bravissimi e preparati, solo che di solito si occupano di altro, mentre la pubblica amministrazione è una materia abbastanza specialistica. Se il ministro gli dice: "Ho fatto una cosa che non aveva fatto mai nessuno: d'ora in poi i risparmi delle amministrazioni verranno redistribuiti fra i dipendenti", non possono sapere che questa grande novità in realtà esiste da dieci anni, dal tempo di Bassanini, e che si applica in tutte le amministrazioni con poche eccezioni.
Oltretutto come interlocutore Brunetta è un osso duro: è un ottimo oratore, ed è uno che conosce davvero la materia di cui si occupa, al contrario di tanti altri ministri di formazione politica o giuridica (infatti ce lo ricorda ogni cinque minuti: "io sono un economista").

Da questi programmi il telespettatore ricava l'impressione che nella pubblica amministrazione stia avvenendo un grande sconvolgimento. E' un'impressione sicuramente esagerata, ma che contiene anche una parte di verità. Ecco, la prossima volta vorrei parlare di quello che sta veramente cambiando.

venerdì 15 agosto 2008

Buon Ferragosto

Anche PUBBLICO DOMINIO va in vacanza. Appuntamento a settembre per il prossimo post.

Non date a Brunetta quel che è di Moretti

L'avevamo detto nell'ultimo post: Renato Brunetta è l'unico santo che fa guarire pure quelli che non ha curato. L'altra volta si raccontava dei dipendenti delle Poste, che non sono dipendenti pubblici ma che nell'immaginario collettivo (e in quello giornalistico) fanno tutt'uno con i ministeriali o gli impiegati comunali. Adesso assistiamo all'altro classico equivoco: i lavoratori delle Ferrovie scambiati per statali. La società Trenitalia becca un suo dipendente mentre sta timbrando al posto di sette colleghi assenti, e li licenzia tutti e otto? Ovviamente anche questo viene catalogato come "Effetto Brunetta".
Eppure la società in questione è una spa su cui il ministro della Pubblica amministrazione non ha alcun potere... Non fa niente, non perdiamoci in sottogliezze, è l'Effetto Brunetta punto e basta.

Si obietterà: Brunetta ha comunque il merito di aver contribuito a cambiare il clima nel paese, di aver imposto un problema all'attenzione dell'opinione pubblica, di aver costretto tutti a essere più seri. Verissimo, e questo probabilmente spiega la diminuzione delle assenze per malattia nel pubblico impiego. Ma con le Ferrovie non c'entra niente.
Soprattutto perché le Ferrovie avevano cominciato ad essere più severe verso i loro dipendenti infedeli da molto prima che arrivasse il nuovo ministro. Perlomeno da quando sulla poltrona di amministratore delegato siede Mauro Moretti.
Martedì scorso un interessante articolo del Messaggero spiegava che gli otto licenziamenti dell'altro giorno sono solo gli ultimi di una lunga serie. In dodici mesi Moretti ha già mandato a casa 35 dipendenti, per motivi in fondo neanche tanto gravi, e ha cominciato quando il governo Berlusconi non era neppure all'orizzonte.
Arrivando alla guida del gruppo, il dirigente ha deciso di affermare il massimo rigore etico in un'azienda che in passato non si è sempre distinta per disciplina ed efficienza.

Ricordo a chi se lo fosse dimenticato che Moretti è un ex sindacalista della Cgil, e che a nominarlo è stato il governo Prodi. In televisione si vede poco, quasi nessun italiano sa della sua esistenza. Perciò se le Ferrovie licenziano, la gente pensa che sia stato Brunetta.

lunedì 11 agosto 2008

Dipendenti pubblici e dipendenti delle Poste non sono la stessa cosa

Venerdì scorso è uscita sul Messaggero un'intervista al segretario della Cisl Funzione pubblica Rino Tarelli.
Il tema è il solito: le assenze per malattia.

Secondo Tarelli, in questo momento il sindacato - più ancora che protestare - deve informare: l'opinione pubblica non sa che cosa accade davvero nelle amministrazioni, e forse anche per questo i dipendenti pubblici sono così impopolari. Forse anche per questo (uso qui una frase di Tarelli che non sono riuscito a far entrare nel testo dell'intervista) "oggi in Italia chiunque insulti i dipendenti pubblici raccoglie applausi".

Il sindacalista della Cisl sente il bisogno di una "operazione verità". E fa un esempio di disinformazione molto diffusa: "Oggi la gente telefona alla radio per inveire contro i dipendenti pubblici, poi scopri che sono arrabbiati perché sono stati maltrattati all’ufficio postale. Quanti italiani sanno che le Poste non fanno più parte della pubblica amministrazione?"

In effetti, bastava scorrere un po' i giornali dello stesso venerdì per capire al volo quanto sia diffuso l'equivoco. Da una parte si trovava un servizio sui fannulloni ripresi con una telecamera e messi alla berlina su Youtube, il tutto messo in relazione con il solito "effetto Brunetta". Entrambi i casi raccontati nell'articolo si riferivano in realtà a dipendenti di Poste Italiane: un impiegato dell'ufficio postale filmato mentre dorme sul luogo di lavoro; un portalettere che fa una deviazione dal suo tragitto per portare a casa la spesa (pensa un po' che fannullone!).
In un altro articolo di giornale si celebrava l'effetto Brunetta a Trieste (e soprattutto l'effetto Procura della Repubblica, che in quella città pare abbia aperto diverse inchieste sugli assenteisti). Ovviamente, qual era il caso di assenteismo che aveva destato più clamore nel capoluogo friulano? Quello di una postina che si dava malata e intanto disputava gare di corsa podistica.

Sarebbe molto interessante fare un'indagine sulle assenze per malattia fra i dipendenti di Poste Italiane. Le Poste sono una società per azioni, quindi non sono state investite in alcun modo dalle recenti misure contro l'assenteismo adottate dal governo. Eppure, vuoi vedere che negli ultimi mesi l'effetto Brunetta si è fatto sentire anche là?
(Se così fosse, se ne potrebbe trarre qualche interessante teoria. Potremmo riparlarne nei prossimi giorni).

venerdì 8 agosto 2008

Gli aumenti inesistenti, ovvero: vi spiego che succede nelle redazioni dei giornali

Titolo in prima pagina sulla Repubblica di mercoledì: "Finanziaria, aumenti in vista per gli statali". Titolo in prima pagina sulla Repubblica di giovedì: "Finanziaria, statali in rivolta sui tagli". Anche gli altri giornali hanno fatto all'incirca la stessa cosa, anche se con meno risalto. Caro statale che leggi ogni giorno il tuo quotidiano, stai tranquillo, non sei impazzito tu: sono impazziti i giornalisti.

Possibile che si dicano due cose opposte a distanza di 24 ore? Sì, è possibile.
La notizia del secondo giorno (cioè i tagli) è giusta. Quella del giorno prima (cioè gli aumenti "in vista") è sbagliata. E lo si poteva capire leggendo, oltre ai titoli, anche gli articoli.
Martedì scorso il ministro Tremonti ha presentato la prima bozza di Finanziaria e - come aveva promesso - ha ricalcato pari pari le cifre già indicate nel suo decreto approvato dal Parlamento proprio martedì. Nel decreto c'erano 2,9 miliardi (di cui 200 milioni di incerta copertura), nella Finanziaria si ritrovano gli stessi 2,9 miliardi. Le risorse sono sempre quelle, stanno scritte lì da due mesi, e con queste risorse i sindacati hanno detto che la trattativa per gli aumenti non può neanche cominciare, tanto più che per un'altra voce dello stipendio (il salario accessorio) il governo ha tagliato i fondi e quindi le buste paga non solo non aumenteranno ma addirittura arretreranno. Dunque non c'è stata nessuna novità, non c'è nessun aumento "in vista".

Lo statale che legge sempre con attenzione il suo quotidiano a questo punto si sarà chiesto: ma perché è stato fatto un titolo così privo di senso, visto che il giornalista autore dell'articolo sapeva benissimo come stavano le cose? Per fare un favore al governo? La risposta andrebbe bene se quell'errore lo avessero fatto solo i giornali filogovernativi; ma perché pure La Repubblica? Provo a spiegarvelo. Non so se ci riuscirò.

In casi come questo, quando tutti i giornali scrivono la stessa cosa e per di più sbagliata, dietro c'è quasi sempre un lancio d'agenzia. In tutte le redazioni italiane i giornalisti vedono scorrere sullo schermo del loro computer i titoli delle agenzie di stampa (Ansa, Agi, Adnkronos, eccetera). Questi titoli determinano l'80 per cento, forse il 90 per cento dell'informazione che poi troviamo sui telegiornali e sui quotidiani.

Per capire bene come funziona il meccanismo, torniamo al nostro caso. L'altra sera, verso le otto di sera (ora strategica per la chiusura dei quotidiani) esce un titolo dell'Ansa: "Finanziaria, ci sono gli aumenti per gli statali". Un cronista dell'agenzia si era procurato in anteprima il testo presentato da Tremonti; ovviamente in quella bozza ha trovato soltanto cose vecchie, già scritte nel decreto (proprio come aveva promesso Tremonti). A quel punto, non sapendo che titolo fare, o magari non ricordandosi che i 2,9 miliardi erano già abbondantemente previsti, ha intitolato il suo lancio sui presunti aumenti per gli statali. La frittata era fatta.

Una volta uscito il titolo d'agenzia, nelle redazioni dei quotidiani i giornalisti esperti di Finanziaria hanno forse provato a spiegare ai loro caporedattori che quella notizia non aveva senso. Ma nessuno li ha ascoltati. Quando il meccanismo si mette in moto non c'è modo di fermarlo.
Il lavoro dei giornalisti è ormai un grande gioco di ruolo. Tutti leggono le agenzie, e tutti sanno che nelle altre redazioni si stanno leggendo le stesse agenzie. Lo scopo del proprio lavoro non è più quello di capire cosa succede nel mondo e spiegarlo ai lettori, bensì quello di non mancare le notizie che hanno gli altri. La mattina dopo, di fronte ai propri direttori, solo questo conterà: non avere "preso il buco", come si dice nell'approssimativo gergo redazionale.

Un lettore non potrà mai immaginare quanta energia si impieghi per cercare di tappare tutte le falle, tutti i "buchi". Squadre di redattori, capiservizio, capiredattori, vicedirettori, passano la loro vita lavorativa davanti ai siti internet di Repubblica e del Corriere, addirittura davanti al televideo (il televideo!), per cercare di capire come si stanno regolando in quello stesso momento gli altri. Io caporedattore, guardo il Tg1 delle 20, e so che contemporaneamente lo stanno guardando anche tutti gli altri caporedattori italiani, e mi aspetto che loro si faranno influenzare dalle scelte di Riotta, e allora mi faccio influenzare anche io così sto più tranquillo. Il giornalismo diventa una assurda partita a poker, dove lo scopo del gioco è avere in mano tutti le stesse carte.

Caro statale che leggi ogni giorno il tuo quotidiano, ora tu mi chiederai: come ci si può difendere? Cosa bisogna fare per essere realmente informati su quello che succede? Non bisogna più leggere i quotidiani?
No, non credo che sia quella la soluzione. Se sbatto allo spigolo di un mobile mentre la luce è accesa, non miglioro le cose spegnendo la lampada.
L'unico consiglio che posso dare è di leggere sempre con molta circospezione. Prendere con le molle tutto quello che c'è scritto, esercitare il proprio spirito critico, leggere gli articoli fino all'ultima riga, e anche fra una riga e l'altra. Soprattutto non fidarsi mai dei titoli.

domenica 3 agosto 2008

Parliamo di vignette, di siti web e anche un po' di politica

Questa storia delle vignette su Brunetta pubblicate sul sito internet della Funzione pubblica è diventata un caso nazionale. Io l'avevo accennata in un post, e il giorno dopo me la sono ritrovata su Repubblica e Corriere della sera. Dopo di che sono arrivate anche le dichiarazioni di politici e sindacalisti.

Sulle vignette in realtà la Cgil aveva già preso posizione il 30 luglio, con un comunicato firmato Lorenzo Mazzoli. Ma l'iniziativa di scrivere una lettera ai giornali e al Quirinale pare che sia partita dal sindacato autonomo Rdb-Cub. Così almeno sostengono loro stessi sul loro sito, e non c'è motivo per non credergli.

I giornali che ne hanno parlato (in particolare la Repubblica) dicono di aver ricevuto centinaia di lettere contro Brunetta e le sue vignette. La cosa mi sembra strana, perché alla redazione del Messaggero tutte queste lettere non risultano essere arrivate. I casi sono due: o gli altri giornali esagerano, oppure chi aderisce a Rdb non legge il Messaggero (o perlomeno non gli scrive). Ma potrebbero anche essere vere tutte e due le cose.

Come dicevo già ieri, l'idea di chiamare in causa il capo dello Stato per qualche fumetto poco spiritoso mi sembra decisamente esagerata. Vorrei però cogliere l'occasione per segnalare un'altra questione finora trascurata. Vignette a parte, l'uso che i ministri fanno dei siti istituzionali è sempre corretto? Secondo me no.

E' un vizio tipicamente italiano quello di confondere l'istituzione con la persona che la occupa temporaneamente. Il sito internet di un ministero dovrebbe servire a dare informazioni utili ai cittadini, non a promuovere l'immagine di un ministro. Invece ci siamo abituati a vedere gli spazi web delle amministrazioni trasformati in vetrina per il politico: le fotografie del ministro; le interviste del ministro, sia quelle in video che quelle sui giornali; i convegni a cui ha partecipato il ministro; la rassegna stampa, ma solo con gli articoli che parlano bene, quelli che parlano male si eliminano.

Succedeva già con i governi precedenti, con questo le cose sono persino peggiorate. Chi frequenta il sito del Tesoro avrà notato da qualche settimana a questa parte una clamorosa metamorfosi. Prima era un luogo austero, impersonale, pieno di cifre e di norme legislative. Adesso apri la home page e ti trovi di fronte il busto di Giulio Tremonti scontornato, che ti guarda negli occhi e sembra volerti dire: questa è casa mia. Sotto alla foto, un titolone di giornale dedicato al padrone di casa (se lo aprite adesso, per esempio, trovate una bella "Intervista del ministro Tremonti a Libero: l'Italia riparte con i conti in riga").

Gli addetti alla comunicazione dei ministeri hanno comunque un'attenuante. Viviamo in un'epoca in cui nessuno si preoccupa più di distinguere l'informazione dalla pubblicità. Se non lo fanno i giornalisti, perché dovrebbero farlo i portavoce?

P. S. Ancora a proposito delle vignette su Brunetta, mi pare che nessuno abbia notato la cosa forse più importante: non fanno ridere.