martedì 9 settembre 2008

Che cosa sta cambiando veramente

Il governo si è insediato da quattro mesi, e una delle questioni su cui si è dato più da fare è stata certamente la pubblica amministrazione, anzi il personale della pubblica amministrazione. Il paese si è fatto l'idea che negli uffici pubblici stia avvenendo una mezza rivoluzione. Ma è un'impressione sbagliata.
Tracciando un bilancio in estrema sintesi, si può dire che i veri cambiamenti in atto sono due.

Il primo: si stanno accentrando poteri e competenze sul Dipartimento Funzione pubblica.
Grazie all'iper-attivismo di Brunetta, il suo dicastero sta svolgendo compiti ai quali fino a ieri neanche si avvicinava. Raccoglie dati sulle assenze del personale pubblico, elabora tabelle e grafici sull'andamento del costo del lavoro, insomma fa concorrenza alla Ragioneria generale dello Stato. Si occupa direttamente dei rinnovi contrattuali, sostituendosi all'Aran, di cui peraltro il ministro ha già ventilato la chiusura. Come se non bastasse, ora la Funzione pubblica si è attribuita anche il potere di decidere quali amministrazioni sono efficienti e quali no; addirittura promette di assegnare premi economici ai più bravi, anche se non si è capito bene come potrà farlo.
Il ministro della Funzione pubblica in questo modo si trasforma in un grande capo del personale per 3 milioni e passa di dipendenti pubblici. Non si limita a dettare le regole generali, ma entra nel merito del lavoro dei singoli. C'è da chiedersi però che cosa resterà di tutto questo il giorno in cui non ci sarà più Brunetta (prima o poi diventerà presidente del Consiglio, o segretario generale dell'Onu, o magari vincerà quel famoso premio Nobel al quale momentaneamente ha dovuto rinunciare).

Il secondo cambiamento: si sta riducendo la spesa per il personale.
E questo invece è un cambiamento permanente. Ho davanti una tabella del ministero del Tesoro: grazie agli effetti del decreto 112 (la manovra di Tremonti) nel 2009 lo Stato risparmierà 828 milioni di euro, e nel 2011 il risparmio annuo arriverà a un miliardo e 873 milioni. A queste cifre si arriva soprattutto con il taglio dei premi di produttività e con la riduzione degli organici (meno assunzioni, niente stabilizzazione dei precari). Inoltre si potrebbe aggiungere che per i nuovi contratti nazionali il governo ha deciso di riconoscere aumenti di stipendio molto inferiori all'inflazione, inaugurando una stagione di moderazione salariale fino a oggi del tutto sconosciuta nel pubblico impiego. Il risparmio reale quindi è ancora maggiore, a occhio e croce si può stimare in almeno due miliardi e mezzo l'anno.


Ora, io non voglio dire qui che il governo stia facendo male a fare economia sul personale. Se fossi un dipendente pubblico ovviamente mi incavolerei come un furetto, ma essendo un lavoratore privato che paga le tasse non posso non vedere i lati positivi dell'operazione. Dico però che le cose vanno raccontate per quello che sono, e se un governo sta compiendo una grande operazione di taglio alla spesa i cittadini devono saperlo.

La riduzione dei costi nella pubblica amministrazione è un tema che nessun governo può più evadere. Direi anzi che è una strada obbligata, in un paese dove il debito pubblico è altissimo, la pressione fiscale pure e dove si è scelto (secondo me erroneamente) di mantenere ancora per qualche anno un oneroso sistema pensionistico.
Non è una questione di destra o di sinistra, tanto è vero che durante la precedente legislatura il ministro Padoa-Schioppa sperava di fare cose molto simili a quelle che sta facendo ora Tremonti.
Ma proprio perché stiamo assistendo a un intervento così importante, direi addirittura epocale, non capisco il motivo per cui non se ne debba parlare. E ci si perda invece in dettagli come il grembiulino nelle scuole elementari. O come una trattenuta sulla busta paga dei malati che, per molti dipendenti pubblici, esisteva già da anni.

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