mercoledì 24 settembre 2008

Il governo abolisce i contratti. E Sacconi abolisce Sacconi

Altro che un semplice passaggio tecnico, altro che una Finanziaria di sole tabelle. La Finanziaria licenziata ieri dal Consiglio dei ministri contiene eccome una novità. E che novità!

Semplificando, si può dire che il governo ha abolito i contratti nazionali del pubblico impiego. O meglio, un contratto si potrà ancora fare, se i sindacati lo vorranno. Ma se i sindacati non vogliono, cioè se non giudicano soddisfacente l'offerta del governo, allora il governo va avanti lo stesso: mette in busta paga i soldi con un atto di legge. Un domani si farà sempre in tempo a formalizzare un contratto, ammesso che i sindacati siano d'accordo, ma nel frattempo gli aumenti si pagano ugualmente usando le poche risorse disponibili, quelle previste unilateralmente dal governo.

Da una parte, i dipendenti pubblici potrebbero essere contenti: l'imminente arrivo di qualche euro in più è pur sempre una buona notizia. Dall'altra hanno ottimi motivi per preoccuparsi. La mossa decisa ieri dal governo è il segno che Brunetta e compagni non hanno alcuna intenzione di riconoscere aumenti maggiori di quanto è stato proposto finora. Ovvero: neanche 9 euro lordi al mese per il 2008, neanche 70 euro lordi al mese a partire dal 2009.

Come sempre, Brunetta ha escogitato una mossa molto astuta. I sindacati si troveranno costretti a scioperare sapendo che l'opinione pubblica scambierà la loro protesta per una difesa dell'assenteismo e dei presunti privilegi; e per di più il governo potrà dire agli italiani: "Vedete, noi gli aumentiamo lo stipendio e loro ci rispondono scioperando".

Ma a parte le mosse tattiche, ieri la Finanziaria ha introdotto un cambiamento radicale, strutturale nel pubblico impiego. D'ora in poi i contratti nazionali diventano un atto pressoché inutile. Se ne può anche fare a meno. Vengono implicitamente aboliti i sindacati, i tavoli di trattativa, l'Aran. Viene cancellato il sistema della contrattazione che ha regolato il mondo del lavoro pubblico negli ultimi quindici anni. Cioè quel sistema che fu introdotto nel '93 da Maurizio Sacconi, allora sottosegretario del Psi nel governo Amato. Il destino vuole che a distruggere il modello Sacconi sia proprio Sacconi, o meglio un governo in cui Sacconi è stato promosso ministro del Lavoro e in cui il responsabile della Funzione pubblica è uno dei politici a lui più vicini.

(In verità, le voci di Palazzo Chigi raccontano che nemmeno Sacconi si sarebbe battuto troppo per questa norma, così come poco entusiasta pare che sia il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Ad assumersene interamente le responsabilità sarebbe stato Renato Brunetta. Ma queste sono voci di corridoio, tutte da verificare e in fondo poco interessanti).

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