Per un mese in Italia quasi non si è parlato d'altro che di dipendenti pubblici e delle riforme che il governo avrebbe avviato. Adesso che finalmente le leggi ci sono, non ne parla più nessuno. Finito il tempo delle interviste dovrebbe cominciare quello della lettura dei testi, ma si sa che agli italiani piace poco leggere.
Non si parla affatto, ad esempio, degli aspetti economici. Il decreto di Tremonti ha stanziato le risorse per il rinnovo dei contratti nazionali. La cifra prevista dovrebbe bastare a garantire una rivalutazione del 3,2%, pari a un aumento medio di 70-80 euro lordi al mese.
Tanti o pochi? Io non lo so, però so che quando l'anno scorso i contratti portarono 100 euro a testa in busta paga tanti dipendenti pubblici definirono quell'aumento "una miseria" o peggio ancora "un'elemosina".
Il bello è che questa volta, mentre con una mano si concedono un po' di soldi per il salario fisso, con l'altra si levano soldi dal salario accessorio. Il decreto interviene pesantemente sui fondi di amministrazione. Nel 2009 per lo Stato centrale i premi di produttività sono quasi azzerati.
Il danno economico per i dipendenti sarà rilevante. Qualche esempio. Al ministero dell'Economia ci rimetteranno circa 5 mila e 300 euro. All'Inps 5 mila euro. Alla Farnesina 2 mila e 200 euro. Al ministero dell'Ambiente mille e 400 euro. E al ministero della Salute addirittura 9 mila e 500 euro a testa.
Questo nel 2009. A partire dal 2010 invece il taglio dei fondi sarà più contenuto, ma non indolore. Mille e 100 euro in meno per il ministero dell'Economia, quasi 2 mila per quello della Salute, circa 900 euro per le agenzie fiscali.
Quelle citate sono le amministrazioni più ricche, dove si può disporre di più fondi, e quindi la perdita è più alta. Ma anche nelle amministrazioni povere il sacrificio sul salario accessorio equivale più o meno al beneficio sul salario fisso.
Si potrebbe dire che questa è una operazione di livellamento salariale (verso il basso): grazie al decreto, ci saranno meno differenze di stipendio fra dipendenti pubblici. Aumenti contrattuali modesti ma uguali per tutti, mentre si comprime la parte variabile della busta paga, destinata a premiare i più bravi.
Subito dopo le elezioni il governo Berlusconi si è presentato con un proposito chiaro: ridurre il peso dei contratti nazionali, e aumentare quello dei contratti integrativi. I soldi per i lavoratori dipendenti devono venire dai premi e dagli incentivi aziendali, non dallo stipendio fisso. Al momento il programma viene attuato soltanto per i dipendenti privati. Nel settore pubblico si fa l'esatto contrario: i pubblici sono stati esclusi dagli sconti fiscali sugli straordinari e sui premi di produttività, e adesso subiscono anche una decurtazione secca dei premi.
Dietro a questa scelta c'è la convinzione che nel settore pubblico fino a oggi si siano spesi troppi soldi per incentivare la produttività. E che questi soldi siano stati sprecati, perché distribuiti in modo poco efficace. Il problema è che ci rimetteranno anche quelle amministrazioni dove i soldi dei contratti integrativi sono stati utilizzati in modo serio. E ce ne sono. Magari poche, ma ce ne sono.
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