Mercoledì scorso alla Luiss (l'università della Confindustria) c'è stato un convegno sulla semplificazione e le riforme della burocrazia. Tutti i relatori concordavano sul fatto che in Italia facciamo troppe legge, e oltretutto non le applichiamo. Gli stessi relatori si complimentavano con il ministro Brunetta per le nuove leggi che sta per presentare.
Fra i tanti interventi più o meno interessanti, mi ha colpito quello di Philippe Bastelica, direttore delle relazioni internazionali dell'Ena (la famosa scuola post-universitaria che forma la migliore classe dirigente francese).
Bastelica ha provato a spiegare perché non solo in Italia, ma in tutto il mondo i politici tendono a fare tante leggi e pochi fatti.
Ha utilizzato un esempio tratto dalle recenti cronache francesi.
Pare che l'opinione pubblica d'Oltralpe fosse molto colpita dall'alto numero di incidenti mortali sulle strade, provocati spesso da automobilisti ubriachi. Per rispondere alla domanda di sicurezza stradale - osserva Bastelica - un governo può prendere due tipi di provvedimenti:
1) può abbassare i limiti di tasso alcolico per chi guida, presentando una nuova legge;
2) può aumentare la sorveglianza, mettere sulle strade più autovelox, più pattuglie, fare più controlli sul tasso alcolico di chi guida; in altre parole, può esercitare il suo potere amministrativo anziché quello legislativo.
E' evidente che la seconda opzione produrrebbe effetti molto più concreti della prima. A che cosa serve fissare nuovi limiti alcolemici, quando poi nessuno controlla se questi limiti vengono rispettati?
Il governo francese invece ha scelto la prima opzione, ovvero ha presentato una nuova legge riducendo la soglia di alcol tollerata per gli automobilisti.
Secondo Bastelica, in tutte le democrazie i governi sono indotti a prediligere la via legislativa perché il tempo della politica è quello dei media, non quello dei fatti. Per migliorare il mondo reale ci vogliono anni, e forse ci vogliono addirittura decenni prima che l'opinione pubblica si renda conto del miglioramento. Per un politico che deve ripresentarsi alle elezioni è allora molto più produttivo un titolo di telegiornale che annuncia un "giro di vite contro gli alcolisti al volante".
Questo lungo discorso mi è servito per rispondere all'interrogativo che avevo posto ieri. Che bisogno c'è di scrivere una nuova norma per introdurre il reato di truffa aggravata a carico degli assenteisti, se quel reato esiste già? Ecco, si potrebbe maliziosamente pensare che norme del genere vengono scritte soprattutto per ottenere un bel titolo sul giornale.
Ma a pensar male si fa peccato e non sempre ci si azzecca. Il ministro Brunetta si è circondato di tecnici seri, e personalmente tendo a credere che gli autori di quella norma fossero spinti soprattutto dall'esigenza di fare chiarezza. E' vero che già oggi i magistrati contestano la truffa aggravata ai dipendenti pubblici che strisciano il badge e scappano, ma si tratta di un'interpretazione del codice penale che alcuni giudici possono anche respingere. Con la legge di Brunetta si fuga ogni dubbio. E allo stesso tempo si esclude la possibilità di riconoscere un altro reato talvolta ipotizzato nelle inchieste, quello di falso in atto pubblico.
Insomma, forse non c'è niente di male se un ministro specifica meglio una legge. Il problema semmai è che i giornali non dovrebbero dedicare i loro titoli di prima pagina a una proposta tutto sommato di secondaria importanza.
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