sabato 17 maggio 2008

Gli assenteisti in Cassazione

Lunedì scorso il quotidiano La Repubblica ha lanciato un servizio sui dipendenti del Palazzo di Giustizia a Roma che strisciano il badge e se ne vanno via.

A quanto pare, fra i dipendenti del Palazzo in Piazza Cavour è una pratica abbastanza diffusa quella di registrare la presenza senza neanche varcare la soglia, e andare poi a cercare un parcheggio per l'auto (nel migliore dei casi).

Fin qui i fatti, che sono fatti incontestabili, tanto più che a documentarli c'è un video cliccabile sul sito di Repubblica.it.
Dopo di che, ci sono le interpretazioni. Per esempio: la giornalista autrice dell'inchiesta metteva in relazione i tempi lunghi della giustizia italiana con il dilagare dell'assenteismo. La tesi insomma era che le sentenze in Cassazione arrivano con anni di ritardo per colpa dei dipendenti strisciatori di badge.
Su questo punto ha voluto replicare la Cisl della Cassazione. In realtà - scrive il segretario Guido Peparaio - negli ultimi dieci anni "i ricorsi depositati in Cassazione sono raddoppiati, mentre il personale amministrativo è diminuito sistematicamente in forza dei pensionamenti e del mancato turn over".

Complessivamente il video-servizio di Repubblica aveva quello stile che va di moda oggi, quel giornalismo un po' alla Report un po' alla Iene, dove il "taglio" del racconto è tutto. In questo momento il fannullone tira molto, un'analisi un po' più articolata non porterebbe audience.

Quella del fannullone è una fantastica figura retorica, un personaggio mitologico che piace tantissimo agli italiani, perché consente a tutti di autoassolversi. Se in Italia le cose vanno male, la colpa è sempre di qualcun altro: i fannulloni, oppure i politici (la casta!), o magari i "poteri forti" che non si è mai capito chi sono ma ci stanno sempre bene. Funziona tutto, pur di non essere messi di fronte alle proprie responsabilità.

Concludo riportando un passaggio di una lettera che è stata inviata a La Repubblica da Gennaro Martello, dipendente del ministero della Giustizia. Fino a oggi, a quanto ne so, il quotidiano non l'ha ancora pubblicata.


Caro direttore, sono rimasto molto deluso dall’articolo scritto dai suoi giornalisti che, seguendo la moda, si sono gettati su quella “fannullopoli” che sembra essere diventata la Pubblica Amministrazione Italiana. Evidentemente ai suoi ottimi collaboratori non è mai capitato di passare ore ad aspettare che qualche operatore di un call-center (privato) risolvesse un loro problema, che cercassero inutilmente di farsi risarcire un danno da un perito assicurativo, che provassero a capire un estratto conto o peggio a cambiare mutuo! Nessuno di noi, normalmente, pensa che la colpa del disservizio sia dell’operatore del call-center o dell’impiegato bancario: tutti riteniamo (giustamente) che la colpa sia del proprietario dell’azienda o del suo amministratore locale che ha organizzato male il lavoro. Questo ragionamento non trova applicazione nel caso della P.A., qui la colpa di tutte le disfunzioni è sempre solo di quei pochi, ingiustificati, che contravvengono alle regole ma MAI di chi organizza il lavoro o di chi ha consentito che i “fannulloni” entrassero nella P.A. tramite raccomandazioni.

Gennaro Martello

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